di Federico Tullli – Silenzio e preghiera. È la pena comminata dalla Chiesa cattolica agli ecclesiastici che violano le sue leggi interne. È il modo in cui di norma la Chiesa «reagisce» pubblicamente alle notizie sui crimini compiuti da ecclesiastici in diverse parti del mondo. Sono le parole usate da papa Francesco per
commentare l’accusa – che gli è stata rivolta dall’ex nunzio vaticano negli Usa, monsignor Carlo Maria Viganò – di aver insabbiato le denunce per abusi su minori e adulti contro l’ex cardinale e arcivescovo emerito di Washington Theodore McCarrick. «Perché la verità è mite, la verità è silenziosa, la verità non è rumorosa» e quindi «il giudizio fatelo voi», disse Bergoglio il 3 settembre 2018 durante la sua omelia a Santa Marta.
Come si combina l’esortazione al silenzio e alla preghiera con i suoi frequenti proclami di «tolleranza zero»? Bisogna considerare innanzitutto che è prassi consolidata in Vaticano intervenire pubblicamente laddove non è più possibile celare e risolvere le situazioni di crisi nelle «segrete stanze». Inoltre, le fragilità di un ecclesiastico, le sue cadute, ancorché sfocino nel comportamento
criminale, per la Chiesa sono pur sempre peccati, e dai peccati Dio salva, e verso i peccatori vanno usati misericordia e perdono, perché «chi tra voi è senza peccato scagli la prima pietra».
Questa doppia morale affonda le sue radici nella confusione che la Chiesa fa tra reato e peccato. L’abuso, per fare un esempio, cioè «l’atto sessuale di un chierico con un minore», è ritenuto un’offesa a Dio, in violazione del sesto comandamento, prima che una violenza efferata contro
una persona. Di conseguenza i responsabili, secondo la visione degli appartenenti al clero, devono risponderne all’Altissimo, nella persona del suo rappresentante in Terra, e non alle leggi della società civile di cui fanno parte.
Oltretevere la chiamano giustizia. Una giustizia, diciamo noi, che piega le esigenze della carità alle convenienze della monarchia papale. E che si fonda sulla convinzione che il più violento dei crimini nei confronti di un bambino o una bambina sia prima di tutto un delitto contro la morale.
E come tale viene trattato: il punto non è tanto evitare che un pedofilo ghermisca la sua preda ma che un prete «con» la sua vittima facciano del «male» a Dio. È questo
che è intollerabile, sta qui la «tolleranza zero» del pontefice tanto esaltato anche dai progressisti in Italia. È pertanto lecito chiedersi, perché tanto odio nei confronti dei bambini?
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