di Federico Tullli – In tanti giustamente ci chiedono Cos’è la pedofilia. Chi è il prete pedofilo.
Una premessa fondamentale. “Pedofilia” è un termine improprio giacché di “philos”, di amorevole o amichevole nei confronti del bimbo non c’è nulla. Si tratta infatti di una violenza talmente distruttiva che la psichiatria moderna la definisce un «omicidio psichico», termine coniato dalla psicoterapeuta e ricercatrice Maria Gabriella Gatti. In tal senso la definizione più esaustiva è quella dello psichiatra Massimo Fagioli: «La pedofilia è l’annullamento della realtà umana del bambino».
Per quanto riguarda la pedofilia clericale questa ha dei propri tratti specifici. Tratti che non sono certo quelli descritti da papa Francesco che sin dai primi giorni del suo pontificato mise in chiaro come la pensasse: «La pedofilia nella Chiesa è opera del diavolo è una malattia diabolica… dobbiamo esserne convinti per curarla». Cioè in Vaticano la violenza di un adulto su un bimbo inerme sarebbe qualcosa di astratto, un peccato, non è un crimine contro la persona ma un’offesa a Dio e nei casi più gravi (per la Chiesa), quelli compiuti durante il rito della confessione, un’offesa al sacramento. Anche qui c’è un annullamento o quanto meno una negazione della realtà del bambino. La vittima scompare e il prete va curato perché ha offeso Dio. Si tratta di una visione umanamente inaccettabile.
Chi è dunque il prete pedofilo. Come tutti i pedofili ha delle modalità di comportamento equiparabili a quelle di un serial killer. È una persona gravemente malata di mente ma non di quelle che danno in escandescenza. Il pedofilo è estremamente lucido, razionale, privo di affetti ed emozioni. Sceglie con cura le vittime. Ed ecco il sacerdote che sfrutta la sua autorità e la sua paternità fittizia, si fa chiamare “padre”, per circuire il bimbo più vulnerabile tra quelli della sua parrocchia. Si sostituisce alle sue figure adulte di riferimento, acquista la sua fiducia, lo isola con sotterfugi e poi passa dalla violenza psicologica a quella fisica. Tutto questo, avviene nella lucida consapevolezza di poter agire pressoché indisturbato, grazie alla “copertura” delle proprie istituzioni, e di un credito socialmente riconosciuto molto più alto di qualsiasi altro membro della società.
Questo significa che la vittima durante la sua vita non dovrà combattere solo contro le conseguenze della violenza in sé, ma anche contro tutto ciò che un sacerdote rappresenta ancora oggi – spesso inspiegabilmente- nell’immaginario comune. E dovrà combattere contro l’istituzione religiosa, di cui il pedofilo fa parte, capace di condizionare in maniera profonda sia l’opinione pubblica che la politica con suoi onnipresenti organi di propaganda e informazione al fine di preservare in primis l’immagine pubblica del papa. E poco importa se questo comporti la lesione di un diritto umano fondamentale: la salute psicofisica della persona.
Fonti: Adista, Chiesa e pedofilia, il caso italiano (L’Asino d’oro ed., 2014), www.vatican.va
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