Mezzo secolo di accuse. Così titolava nel 2002 una scheda pubblicata su “L’Espresso” da Sandro Magister dedicata a Marcial Maciel Degollado fondatore dei Legionari di Cristo, una congrega di livello mondiale potente all’epoca quanto l’Opus Dei: “Le prime accuse di violenza su minori sono del 1948. Sono trasmesse a Roma dai gesuiti di Comillas, in Spagna, dove Maciel aveva mandato i suoi discepoli a studiare. Ma il Vaticano le lascia cadere. Secondo round nel 1956. Questa volta il Vaticano indaga su nuove accuse ancor più pesanti. Maciel è sospeso per due anni dalle sue funzioni ed esiliato da Roma. Ma nel febbraio del 1959 è reintegrato a capo dei legionari. Terzo. Nel 1978 è l’ex presidente dei legionari negli Stati Uniti, Juan Vaca, con un esposto a Giovanni Paolo II, ad accusare Maciel di comportamenti peccaminosi con lui quand’era ragazzo in Messico. Nel 1989 Vaca ripresenta a Roma le sue accuse. Senza risposta. L’ultima tornata inizia nel febbraio del 1997 con la denuncia pubblica, da parte di otto importanti ex Legionari, di abusi sessuali commessi da Maciel a loro danno negli anni Cinquanta e Sessanta in Messico. Nel 1998, il 17 ottobre, due degli otto accusanti, Arturo Jurado Guzman e José Barba Martin, accompagnati dall’avvocato incontrano in Vaticano il sottosegretario della Congregazione per la dottrina della fede, Gianfranco Girotti, e chiedono la formale apertura di un processo canonico contro Maciel. Il 31 luglio del 2000 Martin, incontra di nuovo in Vaticano monsignor Girotti. Ma senza alcun risultato”.
La situazione per Maciel precipita pochi anni dopo. Nel 2004 il promotore di giustizia, monsignor Charles Scicluna, incaricato dalla Santa Sede di indagare, raccoglie le testimonianze di trenta ex seminaristi Legionari che accusavano Maciel di abusi sessuali e psicologici. Nel 2005 Joseph Ratzinger diventa Benedetto XVI. Il 19 maggio 2006 l’ultraottantenne fondatore dei Legionari viene sospeso a divinis per le violenze pedofile e per aver assolto dei pedofili in confessione, ed è «invitato» dalla Congregazione, con l’avallo di Benedetto XVI, a ritirarsi a una vita di preghiera e di penitenza e a rinunciare a ogni ministero pubblico. Ma Benedetto XVI è, come detto, Joseph Ratzinger, cioè la stessa persona che quando era a capo della Congregazione per la dottrina della fede tra il 1981 e il 2005 sapeva delle accuse contro Maciel Degollado e non ha fatto letteralmente nulla contro di lui. Ecco cosa scrivono al termine di un’inchiesta condotta per sei anni i giornalisti statunitensi Jason Berry e Gerald Renner, raccolta nel
libro “I Legionari di Cristo. Abusi di potere nel papato di Giovanni Paolo II” (Fazi ed.): “Sotto il papato di Wojtyla, varie inchieste, avviate dopo le numerose accuse di abusi sessuali a carico di Maciel, vennero insabbiate dal Vaticano. Nel 2004, Giovanni Paolo II arrivò a elogiare pubblicamente Maciel durante una solenne cerimonia. E Ratzinger, allora a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, eluse ogni richiesta di mettere il prete messicano sotto processo, mentre il segretario di Stato Sodano si impegnò strenuamente per difenderlo. L’inchiesta vaticana è brevemente avanzata dopo la morte di Wojtyla per il quale iniziò subito il processo di beatificazione; ma l’annuncio del Segretariato di Stato (20 maggio 2005) che Maciel non avrebbe dovuto affrontare un processo canonico solleva gravi interrogativi sul nuovo papato. Ancora in settembre, otto mesi prima della punizione inflitta da Benedetto XVI, Sodano invita Maciel a Lucca come ospite ufficiale di una prestigiosa conferenza”.
La tesi di Berry e Renner è convincente, osservò il “Boston Globe”: “Maciel ha compiuto abusi sessuali in serie e avrebbe dovuto essere allontanato dalla Chiesa da lungo tempo, ma è rimasto indenne grazie al potere che ha acquisito in Vaticano sotto Giovanni Paolo II”. Morto Wojtyla la Santa Sede, come da prassi consolidata, si affrettò a sminuire le responsabilità del nuovo papa Ratzinger affidando la ricostruzione ufficiale a un comunicato in cui viene valorizzato il suo ruolo di quando era il capo della magistratura vaticana. Nella nota della sala stampa vaticana del 19 maggio 2005 tra le altre cose si legge: “… l’allora prefetto della Congregazione, il cardinale Joseph Ratzinger, ha autorizzato una investigazione delle accuse. Dopo aver sottomesso le risultanze dell’investigazione ad attento studio la Congregazione, sotto la guida del nuovo prefetto, il cardinale William Levada, ha deciso – tenendo conto sia dell’età avanzata del reverendo Maciel che della sua salute cagionevole – di rinunciare ad un processo canonico e di invitare il padre a una vita riservata di preghiera e di penitenza, rinunciando a ogni
ministero pubblico. L’attuale Pontefice – cioè Joseph Ratzinger [sic!] – ha quindi approvato queste decisioni. E la Santa Sede – conclude la nota – indipendentemente dalla persona del fondatore, riconosce con gratitudine il benemerito apostolato dei Legionari di Cristo e dell’associazione Regnum Christi”. Cinque anni dopo, nel 2010, quando non sarà più possibile sviare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale dallo scandalo planetario di cui per decenni scanditi da violenze e abusi su donne, ragazzi e minori, si erano resi responsabili decine di membri della congregazione, Benedetto XVI si decise a commissariare i Legionari di Cristo. Come sempre agisce la Chiesa in questi casi, per le vittime, era ormai troppo tardi.
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