Il Tribunale ecclesiastico incaricato dal Dicastero per la Dottrina della Fede per la definizione del giudizio di appello per la causa canonica concernente il sacerdote ambrosiano don Mauro Galli, accusato del delitto di abuso su minore, ha recentemente comunicato all’imputato di essere giunto a sentenza.
Il disposto, in risposta al quesito posto dal Promotore di Giustizia del Dicastero, relativamente alla decisione se riformare o meno la sentenza di primo grado, è nei termini seguenti: «Rispondiamo negativamente in quanto la sentenza di primo grado non è da ritenersi giuridicamente infondata, e quindi che non consta della colpevolezza dell’imputato Rev. Mauro Galli per il delitto di cui è accusato», ritenendo altresì «proporzionato confermare le disposizioni a carattere cautelare (sebbene in parte già giunte a scadenza a motivo del tempo nel frattempo trascorso) stabilite nell’appellata sentenza di primo grado».
Pertanto «passa in giudicato e non è ulteriormente impugnabile con mezzi ordinari» la sentenza del Tribunale Ecclesiastico Regionale Lombardo, del 24 giugno 2019 che, pur stabilendo che non consta della colpevolezza dell’imputato relativamente al delitto di cui è accusato, giudica il sacerdote «responsabile di comportamento non idoneo e gravemente inopportuno nei confronti del minore, atteggiamento che ha creato turbamento al minore stesso, alla sua famiglia e alla Chiesa di Milano» e chiede dunque l’adozione di alcune cautele, di carattere non penale.
Nell’ambito del giudizio dei fatti in sede statale, come riportato più ampiamente in un precedente articolo, il 26 settembre 2023, la sentenza definitiva della Corte d’Appello di Milano, Sezione Seconda Penale, ha accolto il concordato della difesa e del procuratore generale per una riqualificazione del reato attribuito a don Mauro Galli, in quanto «non potendosi ritenere credibile il racconto della persona offesa sul tentativo di penetrazione» il rimando all’art. 609 bis è inteso con riferimento all’ultimo comma dello stesso, concernente i «casi di minore gravità». La pena è stata pertanto ridotta rispetto a quanto previsto dal precedente giudizio d’Appello (annullato dalla Cassazione) a tre anni di reclusione, con detenzione domiciliare e possibilità di svolgere un’attività professionale.
L’Ordinario diocesano, a seguito di quanto disposto in sede statale e in adempimento di quanto stabilito dal Tribunale operante su incarico del Dicastero per la Dottrina della Fede, mentre prende atto che in forza del diritto sono venute meno le misure cautelari sinora vigenti a carico di don Mauro Galli (sospeso dall’esercizio pubblico del ministero dal 7 maggio 2015), ha disposto il prosieguo della limitazione all’esercizio del ministero e delle facoltà di celebrare in pubblico per i prossimi tre anni: il sacerdote pertanto continuerà in questo periodo di tempo a svolgere la sua attività professionale non ecclesiastica e a vivere di essa.
«Si conclude una lunga vicenda umana e giudiziaria che ha segnato pesantemente la vita e le relazioni di persone, di famiglie e di comunità ecclesiali – dichiara il Vicario generale della Diocesi, monsignor Franco Agnesi -. Non si conclude tuttavia il cammino di queste persone, famiglie e comunità. Il male compiuto e sofferto può essere consolato se si apre a riconoscere la sofferenza dell’altra persona e conduce tutti a prendersi cura del bene degli altri e del bene di tutti. E ci conduce tutti ad essere più umili e puri di cuore».
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