Sopravvissuto e non vittima, cosi Valerio Maj, residente in Svizzera da quasi quaranta anni, ci tiene ad esser chiamato.
Strada Regina lo ha incontrato, una lunga e difficile confessione che apre al mondo di chi ha vissuto un abuso da parte di un sacerdote. Con tutto ciò che implica per un ragazzo e per l’uomo che diventerà.
“La mia famiglia era modesta e mio padre era assente per lunghi periodi a causa del suo lavoro all’estero. Aveva un carattere forte e oppressivo. Certamente, a causa della mia natura introversa, timido e già scosso dall’abuso del potere di mio padre, per il mio aggressore, don Mario, è stato il gioco da ragazzi prendermi sotto la sua ala, guadagnare la mia fiducia e abusare sessualmente di un bambino di 13 anni”.
Da qui il racconto diventa emotivamente forte e molto stressante da ricordare. “L’abuso ha avuto luogo nel suo ufficio con le porte vetrate. Altri sacerdoti, che usavano gli uffici accanto, avranno visto. Era una pratica comune o chiudevano un occhio sulle pratiche di don Mario?”
Dopo 40 anni dai fatti, gli abusi riemergono in superficie e causano danni che sono devastanti a livello fisico, affettivo e psicologico. L’abuso condiziona le sue relazioni, la sua personalità, i suoi interessi, i suoi sogni.
Ecco, qualche problema causato dall’abuso: carattere instabile e a volte irascibile, non riusciva a dire di no a nessuno, comportamento autodistruttivo, problemi di ambivalenza, mancanza di fiducia in se stesso, sentirsi niente, inutile e incapace, fingere che tutto va bene anche quando ero sull’orlo del baratro, problemi con l’alcool.
Ma come liberarsi da questa forza devastante? Valerio Maj ci è riuscito, in parte, e la sua testimonianza può essere utile a molti.
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