Don Giglio Gilioli, 74 anni, fondatore della comunità ‘I discepoli dell’Annunciazione”, soppressa dal Vaticano per irregolarità, e un suo ex collaboratore di 38 anni, tornato da tempo a vita laica, entrambi accusati di abusi sessuali su minore, dovranno aspettare ancora prima di conoscere il loro destino.
La discussione sulla richiesta di rinvio a giudizio presentata dalla procura, infatti, è slittata di nuovo. Il giudice delle udienze preliminari del tribunale di Prato, Francesco Pallini, ha rinviato tutto al 6 ottobre dopo avere però accolto la richiesta della difesa – avvocati Carlotta Taiti e Cristina Menichetti – di non ammettere come parte civile ‘Rete l’abuso’ (“associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero”) perché formalmente costituita dopo i fatti contestati ai religiosi seppure – hanno ribattuto i legali del sodalizio – “espressione di continuità con l’associazione ‘La casa della legalità’ che già esisteva”.
Don Giglio Gilioli e il suo ex collaboratore sono finiti sotto inchiesta lo scorso anno dopo che due fratelli pratesi, entrambi affidati alla comunità dalla loro famiglia, avevano raccontato di aver subito abusi sessuali. In base ai racconti, i sostituti Laura Canovai e Valentini Cosci, avevano iscritto sul registro delle notizie di reato una dozzina tra religiosi, ex religiosi e laici.
L’inchiesta, nel corso dei mesi, ha mostrato segni di cedimento nelle dichiarazioni di uno dei fratelli e così la lista degli indagati si è sgonfiata tanto che solo per don Giglio e per il suo ex collaboratore è stato chiesto il rinvio a giudizio, mentre per gli altri si va verso l’archiviazione.
Hanno invece tenuto i racconti dell’altro fratello, costituito parte civile insieme ai genitori. Racconti che sono stati oggetto di incidente probatorio: il giovane, in quella sede, parlò di carezze e toccamenti con don Giglio Gilioli e di atti sessuali con l’altro imputato.
La difesa dei due religiosi ha chiesto al giudice di integrare gli atti messi a disposizione dalla procura, sottolineando la mancanza di duplicazione, cioè di tutto ciò che riguarda l’altro fratello e che invece potrebbe avere importanza ai fini della discussione sulla richiesta di rinvio a giudizio. L’istanza non è stata accolta.
La comunità religiosa, fondata con lo scopo di accogliere giovani con la vocazione sacerdotale, aveva diverse sedi: la principale a Prato, in via Bologna, e le altre in Garfagnana e in Lunigiana. Nel 2013 la Diocesi di Prato promosse una verifica sulla comunità; lo stesso fece, qualche anno più tardi, la Santa Sede che accertò la scarsa presenza di adesioni e altre irregolarità che sfociarono nella soppressione dell’associazione pubblica di fedeli, cosi come era stata riconosciuta sotto il profilo del Diritto canonico”.
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