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Home Il punto della Rete L'ABUSO Eventi

Hanno risolto il problema cancellando le vittime e i crimini dei preti dalla storia d’Italia

Rete L'ABUSO by Rete L'ABUSO
2 Ottobre 2021
in Eventi, Il punto della Rete L'ABUSO
Reading Time: 9 mins read
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Si è svolto a Berna, lo scorso settembre, il Simposio Europeo di tre giorni “Verità, Riconoscimento, Risarcimento, Prevenzione” che ha visto presenti i rappresentanti di 17 paesi europei, tra cui l’Italia, rappresentata dalla Rete L’ABUSO.

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Un incontro quasi surreale per l’Italia che, se pur con problematiche del tutto simili agli altri paesi, non solo è l’unica a non aver mai sondato l’entità del fenomeno, ma ne vanta una carenza assoluta e strutturale anche nel contrastarlo, troppo spesso direttamente attribuibile alle pressioni della chiesa in materia che inevitabilmente, si riflettono in qualunque settore.

Molte di queste carenze sono state denunciate più volte dalla Rete L’ABUSO, prima al Governo italiano attraverso diverse istanze (Diffida e Denuncia), nel 2018 tramite una interrogazione parlamentare tutt’ora inevasa, ed infine reportate dalla Rete, insieme ai silenzi del Governo, all’attenzione del Comitato per la tutela dell’infanzia che nel febbraio 2019 ha rilasciato all’Italia le osservazioni conclusive (par. 21) .

Ma il Governo italiano, ad oggi non ha risposto neppure all’ONU.

Notiamo subito la prima differenza in ambito europeo dell’Italia, ovvero l’assenza del Governo, che mentre negli altri paesi lavora attraverso commissioni di inchiesta indipendenti, con le conferenze episcopali locali, in Italia delega totalmente il problema al Vaticano e alla CEI.

Le stesse direttive europee in Italia sono state recepite all’italiana e in modo direi alquanto originale, vanificandone totalmente la natura e l’ utilità. E’ qui che vediamo il perché dell’affermazione che la chiesa in questo ha avuto un grave peso, ed un ruolo attivo, a danno della prevenzione e della tutela dei minori. Naturalmente non solo quelli affidati alle sue cure, ma tutti i minori, anche quelli abusati in contesti estranei al clero, come famiglia, ambienti sportivi  ecc.

Come la Rete L’ABUSO ha fatto notare nel 2019 alle Nazioni Unite attraverso il “Report giustizia sul caso Italia” – integralmente approvato dal Comitato durante le sedute del 23 e 24 gennaio 2019 – nel nostro paese esiste una carenza strutturale che impedisce di fatto persino il normale operato della magistratura, alla quale il Comitato ONU si rivolge così; “il Comitato è preoccupato per i numerosi casi di bambini vittime di abusi sessuali da parte di personale religioso della Chiesa Cattolica nel territorio dello Stato Membro e per il basso numero di indagini criminali e azioni penali da parte della magistratura italiana.” (par. 21)

La Carta di Lanzarote per esempio, introduce in tutela della vittima l’audizione protetta (ovvero in presenza di un tecnico psicologo che la assista durante l’audizione degli inquirenti) utilizzata oramai dai tribunali civili, ma totalmente inapplicata (se pur sul suolo italiano) nei processi canonici o penali canonici, dove la vittima, a sua insaputa, si trova senza alcuna tutela. Problema grave, denunciato al Garante per la protezione dei dati personali, che a oggi non ha mai risposto ai legali dell’Associazione.

Se per esempio prendiamo un’altra norma preventiva, il c.d. Certificato antipedofilia introdotto in Italia nel 2014 e ne vediamo l’applicazione, ci rendiamo immediatamente conto di come la norma sia stata applicata anche qui in modo abominevole dal legislatore.

Il certificato, che a livello europeo viene applicato a tutti coloro che operano con minori, solo nel nostro paese lascia scoperta l’intera fascia del volontariato. Quello che appare immediatamente nell’assurdità dell’applicazione stessa della norma, è che la lacuna, paradossalmente, indica ai predatori il terreno di caccia dove da pregiudicati non serve presentare il certificato, convogliandoli di fatto in una categoria, quella da sempre più a rischio.

La domanda è scontata: perché?

La risposta è tanto semplice quanto banale. I sacerdoti sono inquadrati nella categoria del volontariato e non potendo passare la norma al vaglio dell’approvazione costituzionale con la sola esclusione dei sacerdoti, il Legislatore ha esonerato l’intera categoria e il suo indotto.

Se pur vero che nell’Unione Europea solo l’Italia al momento non ha voluto produrre un dato governativo, è anche vero che l’unica Associazione italiana di sopravvissuti uno lo ha prodotto, ed è persino difficilmente opinabile in quanto decisamente in difetto, perché a differenza di una commissione di inchiesta, la Rete L’ABUSO non ha accesso agli archivi giudiziari e si è limitata per forza alla cronaca degli ultimi soli 16 anni, ottenendo un dato tuttavia spaventoso… (vedi mappa dei casi a lato)

Un dato introvabile persino nelle statistiche percentuali di Telefono Azzurro, che non prende in considerazione la categoria del clero. Quello dell’Osservatorio della Rete L’ABUSO, purtroppo è da definirsi oggi, l’unico dato attendibile sulla pedofilia del clero in Italia.

Membro della Pontificia commissione per la tutela dei minori e presidente del Centre for child protection (Ccp) della Pontificia università gregoriana, padre Hans Zollner, nell’agosto 2018 ha dichiarato all’agenzia dei vescovi Sir, «Troppi sacerdoti, tra il 4 e il 6 per cento nell’arco di 50 anni (negli Usa, ndr), hanno agito contro il Vangelo e contro le leggi. Sarebbe stupido pensare che in altri Paesi come l’Italia non sia accaduto lo stesso».

Una affermazione che non ha avuto alcuna risonanza mediatica in Italia ma sarebbero, secondo le percentuali dichiarate dallo stesso Hans Zollner (4 – 6 %) 750.000 le vittime del clero italiano negli ultimi decenni. (vedi tabella a lato)

Questo è il dato inquietante elaborato dallo statistico irlandese Mark Vincent Healy per la Rete L’ABUSO il quale, sull’assenza italiana del dato governativo, ma sulla base dei risultati delle commissioni di inchiesta effettuate negli altri paesi, ha potuto produrre delle proiezioni attendibili sul dato che in Italia nessuno vuole produrre e che molti censurano affermando che non esista.

Quello della Rete, costantemente monitorato dall’Osservatorio permanente conta ben 157 procedimenti ancora in attesa di giudizio; più 159 casi giudicati in via definitiva; almeno 10 fuggitivi nascosti in Italia; ben 22 strutture sul territorio per curare i preti, nessuna per le loro vittime. Tutto in soli 16 anni.

Criminale affermare che in Italia non vi siano dati e omettere questi, che se pur in difetto, di suo superano abbondantemente persino l’indagine del Team Spotlight dove in 50 anni emergevano solo 70 casi. In Italia, in soli 16 anni, più di 320.

Le soluzioni ci sarebbero e sono davvero banali, basterebbe volerle attuare ma anche qui, a differenza del resto dell’Europa, in Italia non esiste forza politica che voglia farsi carico del problema e soprattutto, che reclami la Sovranità del paese, sottomessa/compromessa al punto tale da essere incapace di recuperare persino gli arretrati dell’ICI.

Per quanto concerne il certificato anti pedofilia, come chiesto nell’interrogazione parlamentare e successivamente dalle Nazioni Unite, basterebbe che questo venisse esteso a tutte le categorie.

Sull’obbligo della denuncia invece, l’avvocato Mario Caligiuri presente al simposio di Berna in rappresentanza della Rete L’ABUSO (Italia), ha esposto altre efficacissime quanto semplici soluzioni come l’estensione dell’obbligo della denuncia che in Italia lascia la facoltà a civili e clero, di non denunciare un abuso su un minore, anche qualora si sia informati.

Carenze gravi e discriminanti, in quanto mentre l’Europa tende a recuperare i reati pregressi e progredire nell’ulteriore innalzamento della prevenzione, in Italia nel 2021, si nega ancora il diritto del minore ad essere tutelato, costringendolo a farlo da se solo una volta raggiunta la consapevolezza e spesso purtroppo, quando oramai il reato si è estinto.

Uno studio realizzato dalla Commissione australiana d’inchiesta pubblicato nel 2017 sugli abusi di matrice clericale, su un campione di 4.445 persone, dimostra che sono passati in media 33 anni prima che le vittime riuscissero a parlare della violenza.

Caligiuri spiega che “la soluzione capirete bene che In pratica la norma ex art. 364 c.p., limitata ai delitti contro la personalità dello Stato, andrebbe solo integrata inserendo per le ragioni enunciate i reati indicati nei 10 articoli così come denominati, riportati in corsivo ed evidenziati in grassetto. Non si determinerebbe alcuna antinomia né con le altre norme del codice penale né conflitto con le disposizioni dell’intero sistema.

Art. 364 c.p. OMESSA DENUNCIA DI REATO DA PARTE DEL CITTADINO

Il cittadino, che avendo avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato (241-313) per il quale la legge stabilisce l’ergastolo, nonché dei delitti di violenza sessuale in danno di minore (artt. 609 bis, 609 ter, 609 octies) di atti sessuali con minorenne (art. 609 quater) quando procedibili d’ufficio, di corruzione di minorenne (art.609 quinquies),di adescamento di minorenni (art.609 undicies), di prostituzione minorile (art. 600 bis), di pornografia minorile e di detenzione di materiale pornografico (art. 600 ter, 600 quater e 600 quater1) non ne fa immediatamente denuncia all’Autorità indicata nell’articolo 361 è punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa da euro 103 a euro 1032.

Nulla di più o di diverso.”

Se pur con l’approvazione di tutti i presenti in sala a Berna, nessun mezzo di informazione purtroppo ha citato la semplice soluzione dell’avvocato. In Italia nessuno ha neppure parlato del Simposio di Berna a seguito del quale consigliere nazionale Pierre-Alain Fridez, presidente della delegazione svizzera a Strasburgo, consegnerà al Consiglio d’Europa una mozione basata sulle relazioni degli esperti intervenuti al Simposio dal titolo “Iniziativa per la giustizia” . Questo perché l’Europa si impegni ancor di più nella prevenzione e il contrasto dei crimini contro i minori. La mozione è per far sì che il CdE stili un rapporto sulla situazione nei diversi Paesi membri della UE, ai quali verranno poi rilasciate specifiche raccomandazioni.

L’Italia oramai è l’unico paese tra i più industrializzati dove le vittime sono costrette dall’inerzia dello Stato a cercare la giustizia da sole in quanto manca nel paese una coscienza civile che le supporti. Un paese dove oramai non hanno più parola, neppure come vittime di un contesto sociale grave e distorto dai mezzi di informazione, che non fanno più inchieste giornalistiche, non chiedono spiegazioni alle parti, soprattutto se a doverle dare è il clero.

Più che mezzi di informazione, agenzie che decidono quali notizie dare e quali invece no, limitandosi a fare copia incolla del comunicato del padrone di turno, evitando minuziosamente qualunque contraddittorio. Ed ecco che il problema sparisce.

In Liguria, la sezione Human Right della Rete L’ABUSO ha condotto nei mesi scorsi un interessante sondaggio per testare sia la consapevolezza del problema dei minori in Italia, sia per testare l’interesse della politica al problema. In occasione delle elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre, abbiamo proposto ai candidati Sindaco di ben 52 comuni liguri l’iniziativa chiamata #PARTIAMODALBASSO. Un semplice protocollo di sicurezza, riguardante l’integrazione del certificato anti pedofilia nelle zone rimaste esenti dall’esibirlo, alle quali spesso, le amministrazioni comunali affidano i minori per ragioni di sport, studio ecc.

Ebbene non c’è stato neppure l’interesse politico di “vendere fumo” in campagna elettorale. Su 52 amministrazioni, solo 6 hanno aderito al protocollo. Le restanti, non hanno neppure voluto sapere di cosa si trattasse.

Nel frattempo, nel più totale silenzio dall’ONU arriva un altro sollecito al Vaticano datato 21 giugno 2021. Mentre il paese diventa nel frattempo meta dei tour operator non più per la fede, ma per la pedofilia e gli insabbiamenti nella chiesa italiana.

Una pandemia nota ovunque tranne in Italia, dove vescovi come Valentino di Cerbo accusano noi sopravvissuti e il nostro BLOG  “La Chiesa viene presentata come un’Associazione a delinquere….“.

Francesco Zanardi

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