Da quando ci occupiamo di tutela delle persone abusate da membri del clero, ci siamo accorti che molte di loro cadono quasi sistematicamente in errori nei quali, state tranquilli, ci siamo a suo tempo cascati anche noi, ed è proprio con questa esperienza, che abbiamo pensato di fare una sorta di vademecum degli errori più comuni, le cose da non fare per non rischiare di compromettere eventuali procedimenti, sia penali che civili.
Che differenza c’è tra un processo civile e uno canonico?
Per i processi civili (quelli celebrati nei tribunali tradizionali) la pedofilia è un reato e la vittima è la parte lesa, ovvero colei che ha subito il danno. I processi civili prevedono per il colpevole una pena detentiva e il risarcimento del danno causato alla vittima.
Per i processi canonici (quelli celebrati dalla chiesa) la pedofilia è un reato che si basa sul 6° comandamento (non commettere atti impuri), un’offesa a Dio e non un reato contro chi ha subito la violenza. La massima pena prevista nei processi canonici è la riduzione allo stato laicale che, tuttavia, avviene solo nei casi più gravi. Generalmente il sacerdote abusatore non subisce pene superiori ai 5 anni di sospensione, ovvero una dispensa temporanea. Per la vittima non è prevista alcuna forma di indennizzo o di aiuto, anche se in alcuni casi, spesso dietro all’unico interesse: tutelare l’immagine della chiesa e il pedofilo, vengono stipulati accordi tra le parti con indennizzi ridicoli (max 30 mila euro) e l’obbligo della segretezza; pena la restituzione dell’indennizzo.
Come procedere nella denuncia?
Premesso che l’Associazione Rete L’ABUSO offre assistenza legale totalmente gratuita, quindi raccomandiamo di rivolgersi o a noi o a professionisti con esperienza specifica in materia, tuttavia, se decidete di fare da soli, il primo consiglio che vi diamo è quello di NON RIVOLGERSI ALL’AUTORITA’ ECCLESIASTICA ma a quella giudiziaria Carabinieri o Polizia di Stato.
Diamo questa indicazione per due semplici motivi: il primo riconducibile a quanto abbiamo detto poco sopra, ovvero il fatto che la chiesa non solo non offre alcun indennizzo per le spese e le cure di cui necessita la vittima, ma anche per il fatto che senza pensarci, in qualche modo ci si rende complici ossia, non essendo prevista dalla chiesa alcuna pena detentiva per il pedofilo, alcuna denuncia all’autorità giudiziaria e via dicendo, le procedure ecclesiastiche prevedono che, dopo il periodo di penitenza, il sacerdote pedofilo venga rimesso in servizio, dandogli così non solo l’opportunità di essere nuovamente a contatto con minori, ma anche di abusare nuovamente.
Dietro il consiglio di non rivolgersi all’autorità ecclesiastica, è legata anche la prescrizione del reato subito che, per coloro che sono stati abusati prima del 2014, è di 10 anni, dopo il 2014, grazie alla ratifica del Trattato di Lanzarote, è di anni 20. In entrambi i casi, la tendenza della chiesa è quella di far intervenire – con lungaggini fatte ad hoc come per esempio il processo canonico – la prescrizione del reato.
Prescrizione, quando interviene ?
Esistono due prescrizioni differenti, una è quella del rito penale, l’altra del rito civile.
Prescrizione penale.
Come spiegavamo poco sopra, la prescrizione penale, fino al 2014 è di 10 anni, dopo il 2014 di 20 e parte, nel primo caso, dalla data in cui il reato si è consumato, nel secondo invece, dal compimento del 18° anno di età della vittima. Purtroppo spesso la vittima impiega molto tempo nel maturare il trauma e, frequentemente, ci si ritrova prescritti sotto il punto di vista del rito penale, ma non scoraggiatevi, c’è ancora la possibilità del rito civile.
Prescrizione civile.
A differenza di quella penale, la prescrizione civile ha un tempo di intervento (in questi casi) analogo a quella penale. La maturazione della prescrizione civile ha tempi differenti e non inizia a maturare dall’anno in cui il reato è stato commesso o dal 18° anno di età, ma parte dal momento in cui la vittima acquisisce consapevolezza del danno subito.
Qui torna utile il consiglio dato in precedenza, quello di non rivolgersi all’autorità ecclesiastica perché uno dei parametri che dimostra la consapevolezza della vittima, è proprio quello della formale denuncia e della successiva richiesta di risarcimento del danno.
Se vi rivolgete all’autorità ecclesiastica, di persona o ancor peggio scrivendo, fornite loro la prova di aver acquisito la consapevolezza del crimine subito, prova che la chiesa utilizzerà, non solo per far estinguere la vostra prescrizione, ma la porterà all’attenzione del giudice nel procedimento civile e se i termini dalla data di quella comunicazioni (verbale o scritta) sono passati, il giudice archivierà immediatamente la richiesta di risarcimento in sede civile, a quel punto non avrete più alcuna speranza di ottenere giustizia o di essere risarciti.
CHE COSA DICE LA LEGGE?
La legislazione italiana disciplina con diverse disposizioni la violenza sessuale sui minori:
- La legge 66 del 15 febbraio 1996 dispone una serie di articoli contro la violenza sessuale
- La legge 269 del 3 agosto 1998 prevede le norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù
- La legge 154 del 5 aprile 2001 dispone delle misure contro la violenza dei minori nelle relazioni familiari
- La legge 38 del 6 febbraio 2006 punisce gli atti di pedofilia e pedopornografia a mezzo internet
- Il decreto dell’8 gennaio 2007 del Ministero delle Comunicazioni indica i requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio per impedire l’accesso ai siti segnalati dal Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia
- La legge 172 dell’1 ottobre 2012 punisce l’abuso sessuale e lo sfruttamento sui minori
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