La denuncia della madre di un ragazzino violato: una storia milanese divenuta processo con sentenza di condanna. La giustizia laica c’è stata, non ancora quella ecclesiastica
di Giorgio Gandola
“Chiesa: perché mi fai male?”. La domanda è urticante, contraddittoria, e anticipa dolore. È quella di una mamma che un giorno scopre l’abuso del figlio da parte di un prete; è quella di una cattolica praticante che si rende conto di come la Chiesa tenda a coprire, dissimulare, fuorviare riguardo a questa violenza; è quella di una donna perseverante e tenace nella fede, che ottiene per il suo ragazzo la giustizia laica ma non ancora quella ecclesiastica. Così, quell’interrogativo che diventa un grido davanti al crocifisso, si trasforma in un volume-denuncia in questi giorni sugli scaffali delle librerie e su Amazon.
Se il titolo è chiaro, il sottotitolo è illuminante: “Storia di un abuso e ruolo della Chiesa documentato”. L’autrice è Cristina Balestrini, la madre di Alessandro Battaglia, che nel dicembre 2011 (aveva 15 anni) fu invitato da don Mauro Galli, suo educatore e confessore, a trascorrere una notte nel suo appartamento, anzi, “nel lettone”. Il contesto era una parrocchia di Rozzano, periferia di Milano, pochi giorni prima del Natale. La conseguenza fu un abuso sessuale che si trasformò in un incubo e in un’odissea per la famiglia, fra richieste di giustizia all’arcidiocesi, tentativi di insabbiamento, destabilizzazione psicologica del giovane (giunto sull’orlo del suicidio), fino alla denuncia ai carabinieri. La vicenda, contrappuntata da lettere con risposte evasive ai vescovi e al Vaticano, è finita in tribunale a Milano ed è diventata un processo con una sentenza: condanna in primo grado del prete a sei anni e quattro mesi.
Il libro racconta meticolosamente tutto questo e molto di più. Approfondisce il ruolo della diocesi, sottolinea come l’allora vicario di zona (poi vicario episcopale) decise spontaneamente di non aprire un’indagine previa, di non denunciare quel sacerdote secondo l’iter previsto dal diritto Canonico. Ma semplicemente lo trasferì a Legnano, sempre a contatto con adolescenti, quindi potenzialmente pericoloso. E quel vicario al non era che Mario Delpini, nominato arcivescovo di Milano da papa Francesco quando già la vicenda era stata portata all’attenzione dei suoi uffici Oltretevere.
La narrazione della cronaca, diluita in alcuni anni di articoli, processo compreso, è già di per sé scioccante, dura. Ma la lettura del documentatissimo testo lo è ancora di più e mostra il volto impietoso, quando non addirittura cinico, di un’istituzione che mentre tende mediaticamente a prendere le distanze dai preti pedofili, in realtà ha come obiettivo primario la difesa di sé stessa. Nel libro non mancano le accuse di depistaggio ad alcune firme di prim’ordine, per esempio ad Andrea Tornielli, oggi responsabile della comunicazione vaticana.
La dedica in calce al volume è una toccante Spoon River. “Ad ogni singola vittima di abuso sessuale, ad ogni familiare, a chi non c’è più perché non è riuscito a sopravvivere, a chi dedica la propria vita alle vittime, a chi sceglie di girarsi dall’altra parte, a tanti preti che non si rendono conto del disastro che provocano con il loro silenzio colpevole. Perché il grido silenzioso di chi vive questo dramma possa raggiungere il cuore di tutti”. Un viaggio nel dolore e nella speranza che a uno scrittore professionista sarebbe riuscito monco. Per renderlo completo servivano l’amore e la disperazione di una mamma.
(trascrizione da La Verità del 14 settembre 2019)
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