ROMA – Le porte di San Pietro si sono chiuse e il mondo è rimasto con il fiato sospeso nell’attesa di una fumata bianca. All’indomani dell’inizio del conclave del post Francesco, sono tanti gli interrogativi di fedeli e non. Tra i tanti dossier lasciati aperti, c’è quello sulla pedofilia nella Chiesa cattolica su cui poco si è parlato durante il pre conclave. Dossier messo, per l’ennesima volta, sotto i riflettori in Italia dall’associazione Rete L’Abuso che, alla vigilia del processo elettivo più antico del mondo, ha tenuto una conferenza stampa a Roma per dare voce ai sopravvissuti agli abusi del clero e alle loro famiglie.
“Sono la mamma di Eva Sacconago, che ci ha salutati per sempre nel 2011 a causa di quello che le ha fatto vivere l’ex suora Mariangela Faret. Confermata dalla Cassazione la condanna di tre anni e sei mesi per abusi sessuali. Stalking e violenze private andati prescritti”. “Sono il papà di Eva Sacconago. Papa Ratzinger ricevette lettere sull’orribile caso di mia figlia e, durante gli anni del processo, anche papa Francesco ebbe modo di seguire la vicenda su quotidiani e tv ma nessuno ci contattò”.
“Mio figlio è stato molestato da Don Vincenzo Cala Impirotta, il quale, dopo la condanna in primo e in secondo grado e motivazioni confermate in Cassazione, si è salvato grazie alla prescrizione del reato. Il prete non è mai stato ridotto allo stato laicale, noi siamo stati additati come calunniatori. Il vescovo, nonostante dichiarazioni pubbliche di vicinanza alla vittima, ha permesso che si facesse una fiaccolata in favore dello stesso prete”.
“Sono la mamma della vittima di don Mauro Galli. La diocesi ha deciso di difendere il prete mettendo in campo otto avvocati. Unica arma: screditare la vittima. Nel frattempo, nonostante la congregazione per la dottrina della fede avesse tutta la documentazione e le prove che Monsignor Delpini avesse insabbiato tutto, Papa Francesco ha nominato Delpini arcivescovo di Milano”.
“Sono il papà della vittima di Livio Graziano. Nonostante all’epoca fosse ai domiciliari stalkerava mio figlio sui social. Quando mi sono rivolto al vescovo di Aversa, che ha avuto un colloquio con Zuppi, sono stato tacciato di essere un rompi coglioni”.
Queste sono solo alcune delle testimonianze dei familiari delle vittime diffuse martedì scorso dall’associazione dei sopravvissuti italiani. Testimonianze che chiamano in causa la gestione del fenomeno da parte della Chiesa. “Le lamentele delle famiglie – ha spiegato Francesco Zanardi, presidente dell’associazione Rete L’Abuso – vanno a pesare tutte sul Papa, ma ricordiamo che il Papa può fare le leggi solo per lo stato Vaticano”. Puntualizzazione che si riferisce all’emanazione, da parte di Papa Francesco, del Motu Proprio del 2019 in materia di violenze sessuali su minori. Uno degli ultimi articoli del documento, infatti, osserva: “Le presenti norme si applicano senza pregiudizio dei diritti e degli obblighi stabiliti in ogni luogo dalle leggi statali. In Francia, le conferenze episcopali hanno percepito, con il peso delle leggi dello stato, queste linee guida in un certo modo. In Italia no. Abbiamo incontrato diverse volte il presidente della Cei Zuppi, il quale ha detto che lo Stato non impone l’obbligo della denuncia, quindi ‘perché denunciare i preti segnalati presso gli sportelli diocesani?’”
Il mancato allineamento al Motu proprio sulla pedofilia
Per capire il peso, da parte dello Stato italiano, del mancato allineamento al Motu proprio sulla pedofilia, è esemplare il caso di Don Ciro Panigara, sacerdote attualmente indagato a Brescia e già accusato di abusi 15 anni fa. Il religioso, era stato sospeso dalla Chiesa e, dopo presunte cure, è stato rimesso in parrocchia. Nello scorso dicembre, Don Ciro Panigara è stato indagato dalla procura perché ha abusato di altri minori.
“Se ci fosse stato l’obbligo della denuncia – ha aggiunto Zanardi – questo prete avrebbe subito, oltre il processo canonico, anche un processo penale 15 anni fa. Non solo. Se la l’applicazione della carta di Lanzarote in Europa (che prevede anche il certificato di antipedofilia) fosse stata correttamente applicata in Italia senza sollevare tutto l’ambito del volontariato, Don Ciro Panigara sarebbe stato reintegrato come prete ma non a contatto con minori”.
Pedofilia nella Chiesa, la gravità e l’estensione del fenomeno in Italia
Per far comprendere la gravità e l’estensione del fenomeno in Italia, La Rete L’abuso ha presentato il nuovo database che raccoglie tutti i casi censiti dall’associazione. Nel sistema informatico è presente anche l’annuario dei casi italiani che mostra l’andamento degli abusi dal 2000 ad oggi. Solo nel 2025, sono stati registrati dieci casi, “tutti riportati da notizie di cronaca”. L’ultima commissione indipendente di inchiesta in Europa che si è occupata del fenomeno è stata quella francese, che ha contato 3000 preti pedofili che hanno prodotto 330 mila vittime. “In Italia – ha dichiarato Zanardi – non abbiamo mai avuto una commissione indipendente ma dal censimento abbiamo 1.031 sacerdoti pedofili, che sono la punta dell’iceberg, che hanno prodotto 4.262 vittime. Poi abbiamo anche le suore, i catechisti, l’indotto laico, gli scout. In totale, abbiamo censito 1.149 offender che hanno abusato di 4.471 persone. Il dato grave – ha continuato – è che su 31 mila preti italiani sono emersi 1031 offender: un’incidenza del 3,33% che viene fuori spontaneamente da un censimento fatto dall’associazione dei sopravvissuti. Una commissione di inchiesta non so che dato tirerebbe fuori. Il Governo dovrebbe impegnarsi a farla”.
L’ordinamento italiano presenta degli importanti vuoti legislativi
Secondo l’associazione dei sopravvissuti italiani l’ordinamento italiano presenta degli importanti vuoti legislativi che, attualmente, non permettono alla giustizia di affrontare il drammatico fenomeno con strumenti adeguati. “Esistono due binari di giustizia – ha spiegato Zanardi -: quello ecclesiastico e quello umano. In Italia, manca la giustizia dell’uomo, quella di un legittimo Stato”. La Rete l’Abuso, richiede, in particolare, due interventi: l’introduzione dell’obbligo di denuncia per terzi che sono a conoscenza di reati perpetuati nei confronti di minori e l’applicazione della carta di Lanzarote agli ambienti del volontariato. Questa applicazione, consentirebbe, l’estensione del certificato anti pedofilia anche ai soggetti che agiscono non solo all’interno della Chiesa ma anche nelle associazioni sportive.
“Io credo che chi succederà a Francesco – ha sottolineato Eleanna Parasiliti, avvocato dell’associazione che attualmente difende Antonio Messina nel processo contro Don Rugolo – debba assumersi l’obbligo di introdurre misure concrete che consentano la segnalazione all’autorità giudiziaria da parte dei prelati che si rendono responsabili di reati così gravi. L’assenza dell’obbligo di denuncia nel nostro sistema da parte dei sacerdoti e dei vescovi costituisce un grosso buco normativo”.
La Rete l’abuso sulla pedofilia nella Chiesa: “Solo nel 2025 si sono già verificati dieci casi”
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