Una lettera del segretario di Stato Vaticano, Agostino Casaroli, potrebbe riscrivere il caso della scomparsa di Emanuela Orlandi, ma la famiglia della ragazza prende le distanze.
La missiva chiama in causa uno zio della Orlandi. L’uomo è ormai defunto. “Di questa vicenda si era già occupata la magistratura italiana nei primi anni Ottanta senza arrivare ad alcun esito. Spero che queste non siano le uniche carte, che non sono affatto una novità, che la procura Vaticana ha inviato alla procura di Roma”, spiega l’avvocato Laura Sgrò, difensore di Pietro Orlandi.
L’alto rappresentante della diplomazia di Oltretevere, in base a quanto ricostruito da La7, avrebbe chiesto, a pochi mesi dalla sparizione di Emanuela, a un sacerdote sudamericano, consigliere spirituale e confessore della famiglia Orlandi, se era vero che in passato la sorella maggiore della ragazza, Natalina, gli aveva rivelato di essere stata molestata dallo zio, Mario Meneguzzi, marito di Lucia Orlandi, zia paterna dei 5 ragazzi Orlandi. Meneguzzi, deceduto da tempo, gestiva il bar alla Camera dei Deputati.
Chi indaga sarebbe rimasto molto colpito dal raffronto tra il volto di Mario Meneguzzi e l’identikit tracciato dal vigile e dal poliziotto che riferirono di aver visto, la sera della scomparsa, un uomo che parlava con Emanuela appena uscita dalla scuola di musica vicino al Senato. Sulla “pista familiare” Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, scrive su Facebook nella pagina dedicata alla vicenda: “Oggi ho capito che sono delle carogne. Hanno deciso di scaricare tutto sulla famiglia, senza vergogna, senza vergogna, mi fanno schifo”.
Martedì è annunciata una conferenza stampa all’Associazione stampa estera, a Roma.
TGCOM
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