Mentre la chiesa di Francia ammette in soli 70 anni lo stupro di 330.000 bambini e si appresta per unanime decisione dei vescovi ad indennizzare le vittime, seguita dal Portogallo, che pochi giorni fa ha annunciato la creazione di una commissione di inchiesta, in Italia tutto tace e papa Francesco, anziché invitare la Conferenza Episcopale italiana ad accelerare la realizzazione di una commissione di inchiesta che riconosca e indennizzi umanamente le vittime, invita i vescovi italiani, per l’ennesima volta a pregare per le vittime, alle quali si continua a negare verità e giustizia.
Tra le varie diocesi italiane, tra vanti e sviolinate di pura auto acclamazione, risponde all’appello anche quella di Savona, che conta nel suo organico ben tre sacerdoti ritenuti responsabili di abusi dalla giustizia civile, un laico e lo stesso vescovo di Savona Dante Lafranconi, riconosciuto responsabile di insabbiamenti a danno di minori, e se pur salvato dalla prescrizione, non lo è stato dalle pesantissime parole del gip di Savona Fiorenza Giorgi.
Diverse decine di vittime prodotte negli anni. Più di una suicida.
Monsignor Caloggero Marino, per il prossimo 21, in occasione della Giornata europea per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale istituita dal Consiglio d’Europa (di cui il Vaticano non fa parte e nemmeno riconosce la Convenzione di Istanbul sulle violenze femminili), invita i suoi sacerdoti ad introdurre la messa con le parole “In questa domenica, celebriamo, assieme a tutta la Chiesa italiana, una Giornata di preghiera per i minori vittime di sfruttamento e di abuso sessuale. Chiediamo la grazia della conversione, ricordando le parole di Gesù: Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite; a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio”.
Il vescovo dimentica però non solo che “la fede, senza le opere è morta” (Gc 2,26), ma che “Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare“ (Matteo 18/6).
Con la presente l’Associazione, a nome degli allora minori rimasti vittima dei sacerdoti savonesi Giorgio Barbacini, Nello Giraudo, Pietro Pinetto non ché del coadiutore parrocchiale Franco Briano, respingono sollecitamente le preghiere di un vescovo e di una comunità cattolica che non ha mai neppure accennato al pentimento, offerto riparazione o qualunque sorta di aiuto o sostegno, mostrandosi ogni volta invece irritata dalle richieste di giustizia delle vittime che con coraggio si sono mostrate.
Vittime che con umiltà e intento riappacificativo si sono presentate a Lei appena insediato a Savona nell’intento di un accordo che come nelle Sue parole, chiudesse finalmente questo triste e deplorevole capitolo savonese e desse la possibilità di voltare pagina e nuova vita ai sopravvissuti.
Umiliante ed indecente la Sua risposta che proponeva a titolo di indennizzo per i sopravvissuti, uno sfottò, consistente l’istituzione di un numero verde gestito dalla stessa diocesi e al quale gli indennizzati non avrebbero neppure potuto trarre un posto di lavoro.
Neppure la commissione diocesana ancora a solo “uso mediatico” sembra non fare grandi progressi, non risulta almeno, che nessuno dei nominativi delle vittime in possesso alla diocesi, sia mai stato avvicinato o contattato per dare seguito alle proclamate funzioni in soccorso e assistenza per le vittime tanto sbandierate ai media.
Una situazione sinceramente in cui la chiesa savonese ha davvero poco da vantarsi a nostro avviso, molto di più per provare la dovuta vergogna dato l’indiscutibile fallimento morale e umano della stessa e dei suoi vescovi.
P.Q.S.
DIFFIDA
rigettando nuovamente qualunque iniziativa folcloristica o di preghiera così chiaramente disonesta nel pentimento, come quella in oggetto per il giorno 21 p.v. e teniamo a sottolineare che non tollereremo l’insistenza di essere citati pretendendo, ad ogni modo di essere espressamente esclusi da qualsivoglia coinvolgimento, anche di preghiera legata all’iniziativa, che non possiamo che recepire unicamente come falsa, strumentale ed a uso improprio non concesso della nostra immagine.
Sarebbe pertanto preferibile che la diocesi, umilmente ed unitamente alle altre sue realtà, istituisse una commissione di inchiesta indipendente che dia un reale e concreto senso di verità e giustizia.
Il presente atto di diffida ha anche il valore di messa in mora.
Il Presidente
Francesco Zanardi
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