La Chiesa polacca che ha dato i natali a San Giovanni Paolo II sta facendo i conti con la piaga degli abusi sessuali e, per la prima volta, le vittime di preti pedofili sono state ospiti di una assemblea plenaria all’interno della conferenza episcopale. Si tratta di un passaggio simbolico importante dopo decenni di scontri sotterranei tra vescovi che avrebbero preferito continuare ad ignorare la questione per salvare il buon nome dell’istituzione ecclesiastica, e altri prelati che invece avrebbero voluto agire diversamente, mossi da sentimenti di giustizia e carità, battendosi per dare ascolto alle vittime e garantire una certa trasparenza. La svolta si è avuta nel maggio scorso quando Papa Francesco ha accettato le dimissioni dell’arcivescovo polacco Andrzej Dzięga, il quale aveva dovuto sostenere l’accusa pubblica di avere insabbiato sistematicamente dei casi.
Il prelato era alla guida di una importante diocesi.
Nel lasciare anzitempo l’incarico, in una lettera, scriveva: «Se le mie debolezze, tra cui la comprensione parziale di circostanze specifiche, e talvolta anche la mia normale stanchezza umana, sono diventate la causa della vostra ansia, mi dispiace». Le accuse erano state sollevate a più riprese da gruppi cattolici e associazioni umanitarie. Negli anni passati l’opinione pubblica, attraverso i media, si era concentrata anche sul ruolo svolto dall’ex potentissimo cardinale Stanislao Dziwisz, ex segretario particolare di Giovanni Paolo II. Un cardinale influente, a suo tempo amico personale di padre Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo (uno dei peggiori criminali che abbia mai avuto la Chiesa). Francesco aveva fatto condurre una inchiesta sulle presunte mancanze gestionali di Dziwisz (anch’egli accusato di aver coperto abusi) ma non era stato riscontrato nulla di grave dal cardinale Bagnasco, inviato a Cracovia per indagare.
VARSAVIA
In questa nuova fase il primate polacco, l’arcivescovo Wojciech Polak, sta lavorando per cercare di ridare credibilità alla Chiesa e il passo compiuto di accogliere le vittime è stato giudicato positivamente durante una conferenza stampa congiunta a Częstochowa martedì. «Sono molto grato che i vescovi siano riusciti intraprendere questo cammino» ha detto Robert Fidura, una delle vittime. «Sembra che ci stiamo muovendo nella stessa direzione e stiamo iniziando a vedere certe cose in modo molto simile».
Un’altra persona coinvolta, Jakub Pankowiak, ha definito storico l’incontro con i vescovi. Lui stesso ha l’impressione che ora sia molto più facile capirsi e camminare insieme. L’arcivescovo Polak ha ammesso, invece, che i vescovi hanno finalmente riconosciuto il grande contributo fornito dalle vittime a far emergere la verità. Agli inizi di quest’anno le vittime avevano rivolto all’episcopato una lunga lettera in cui chiedevano la sospensione di un vescovo – l’ennesimo – accusato di negligenza nel trattare casi di violenze nella sua diocesi. Il tema al centro della discussione era sempre lo stesso: la mancanza di trasparenza, di giustizia verso le vittime, di tutela verso i minori.
La prassi che è sempre stata seguita nella Chiesa, almeno fino ai tempi di Giovanni Paolo II, era di spostare il prete abusatore parrocchia all’altra, cercando cos’ di mantenere sotto controllo lo scandalo per non intaccare l’immagine dell’istituzione. Con il caso orribile avvenuto a Boston, a cavallo del 2000, da cui è stato tratto anche il film intitolato Spotlight, il Vaticano è stato costretto ad avviare una lenta e faticosa revisione sia giuridica che pastorale e amministrativa sugli abusi. In questo cammino ecclesiale ogni nazione mostra una situazione diversa e il quadro complessivo si presenta a macchia di leopardo. Esistono paesi dove i vescovi hanno aperto gli archivi diocesani, fino a 70 anni prima per verificare l’operato svolto, e altri paesi che fanno fatica ad adeguarsi. La Chiesa italiana, per esempio, è ancora in grave ritardo e con un livello di trasparenza sulla gestione degli abusi pari allo zero.
https://www.ilmessaggero.it/vaticano/abusi_chiesa_polacca_vittime_giovanni_paolo_ii_wojtyla-8489812.html
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