I familiari chiedono il pagamento di quanto disposto dal giudice e mai corrisposto dal religioso
(m.pv.) Nessuna apertura. Anzi, da quanto è stato possibile intuire, un vero e proprio muro contro muro cui spetterà al giudice civile di Como attribuire torti e ragioni. È andata in scena ieri mattina la prima udienza della vertenza che vede opposti da una parte i familiari della vittima di don Mauro Sfefanoni (ex parroco di Laglio che abusò di un ragazzo dell’oratorio, vicenda chiusa con la condanna definitiva a otto anni di carcere), dall’altra la Diocesi di Como e la parrocchia. Alla base del contendere il fatto che mai fino ad oggi don Mauro Stefanoni ha versato un solo euro dei 180mila fissati dal giudice come risarcimento del danno alla vittima, e dunque la stessa cifra è stata chiesta in solido a chi aveva “dato lavoro” al prete, ovvero la parrocchia e soprattutto la Diocesi.
Il primo faccia a faccia – avvenuto ieri mattina al quarto piano del palazzo di giustizia – non ha portato alcun frutto. La Diocesi di Como (avvocato Vittorio Rusconi) e la parrocchia di Laglio (avvocati Silvio e Livia Zanetti) hanno ritenuto come non dovuta ogni richiesta della vittima di don Mauro (rappresentata dal legale Nuccia Quattrone). Per la verità in aula era attesa anche la parte dell’ex parroco che tuttavia non si è presentata. L’appuntamento è stato poi fissato a giugno.
«Il comportamento della Diocesi è sempre lo stesso – ha commentato l’avvocato Quattrone – Anche qui, e non solo nel caso di Marco Mangiacasale (l’ex parroco di San Giuliano dimesso dal Papa dallo stato clericale proprio per episodi di violenza su alcune parrocchiane, ndr) esiste una vittima, ma a noi nessuno ha mai chiesto scusa in tutti questi anni nonostante la sentenza sia già definitiva. Ma ormai, purtroppo, conosciamo bene il comportamento della Curia e non ci aspettavamo altro».
La Diocesi viene chiamata in causa in quanto il rapporto tra don Mauro e l’allora vescovo Alessandro Maggiolini, prevedeva una subordinazione gerarchica in cui il vescovo stesso avrebbe dovuto avere compiti di vigilanza sull’operato del proprio prete. Per questo motivo i familiari della vittima chiedono che il risarcimento del danno (mai pagato da don Mauro) venga corrisposto dalla Diocesi e anche dalla parrocchia di Laglio, quest’ultima – in quegli anni – rappresentata in tutti i suoi aspetti proprio da Stefanoni. «Ma la parrocchia non è responsabile né moralmente né giuridicamente per i fatti per i quali il parroco è stato condannato – replica l’avvocato Livia Zanetti – Anzi, i parrocchiani potrebbero ritenersi a loro volta parti lese di questa vicenda».
Sul finire del 2013 aveva fatto scalpore una vicenda simile a Bolzano in cui la Diocesi era stata chiamata dal Tribunale civile a risarcire una vittima di abusi da parte di un prete. Una sentenza storica, che aveva stabilito il principio secondo cui un vescovo è equiparabile a un qualsiasi datore di lavoro e dunque responsabile indirettamente per i danni provocati da un religioso della sua Diocesi. Decisione contro la quale la Curia di Bolzano si è appellata e che, dunque, non è ancora definitiva.
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