C’è una rete di insospettabili nel Lazio. Una rete di pedofili che è nata ed è cresciuta attorno alle scuole dell’hinterland romano e delle province. Che, partendo dalle parrocchie, è riuscita a prendere le comunità giovanili e le case famiglia legate ai presidi religiosi sul territorio. Questa rete sinora ha goduto di protezioni, mostrandosi allo stesso tempo in grado di terrorizzare le sue vittime.
Ne fanno parte individui che potrebbero aver compiuto abusi pesantissimi anche tra le pareti domestiche. Soggetti abili a colpire i più fragili, quei giovanissimi che hanno subito molestie e che con le loro famiglie da oltre un anno spingono per conoscere la verità. Così, con le loro denunce, si sono guadagnati l’attenzione di tre Procure: prima Latina e Tivoli, ora Roma. Anche i pm di piazzale Clodio vogliono fare luce sulla rete, collegando i puntini di un disegno per ora ancora oscuro.
Il tarlo ha iniziato a scavare nella mente degli inquirenti con le inchieste a carico dell’ex dirigente di Azione cattolica, Mirko Campoli a Tivoli, e del diacono Alessandro Frateschi, a Latina. Il primo è stato appena condannato a nove anni di reclusione per abusi su due ragazzini e per il secondo è stato chiesto il rinvio a giudizio.
Alla procura di piazzale Clodio il compito di tirare le fila: al vaglio c’è un’enorme quantità di materiale pedopornografico finito sotto sequestro. Foto, video, chat inquietanti. Tutto il necessario per tentare di ricostruire la rete. Si vocifera di immagini e filmati proibiti. Tra i protagonisti anche preti e personaggi particolarmente in vista, addirittura politici. Indiscrezioni che hanno bisogno di conferme. Quanto già emerso e quanto sta emergendo tra Tivoli e il capoluogo pontino è però sufficiente. Basta a indirizzare le intenzioni della Procura della Capitale. A convincere i pm che questa storia merita di essere approfondita.
Gennaio 2023, il primo allarme a Latina
Era gennaio — la fine di gennaio — quando, venuta a conoscenza di presunti abusi subiti da uno studente del liceo scientifico “Majorana” di Latina, la Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Monica Sansoni, si è interessata per la prima volta a quanto stava accadendo all’interno dell’istituto pontino per poi presentare una denuncia in Procura. La garante aveva ricevuto confidenze su una serie di molestie subite da alcuni ragazzi da parte del prof di religione Alessandro Frateschi ed era stata informata anche di messaggi e foto pornografiche inviate dallo stesso insegnante ai ragazzi tramite i social. Aperta un’inchiesta dall’allora procuratore aggiunto Carlo Lasperanza, i carabinieri raccoglievano le testimonianze delle vittime e sequestravano a casa del prof due cellulari, due computer portatili, tablet e due pennette Usb. Gli elementi per fissare il primo nodo della rete.
I racconti delle vittime
«Si comportava con me come un ragazzo che cerca di approcciare con una ragazza, cercandomi e cercando di attendere il momento in cui stavo da solo, lontano dai miei amici». Così uno dei minori vittima di Fratesi ha aperto il primo squarcio. Poi sono arrivati gli altri. Ecco uno studente ascoltato dai carabinieri: «Guardate, mi ha mandato una sua foto. È disteso sul letto, in mutande, a gambe divaricate…». Eloquenti anche le chat: «Non ti mando le foto di come sto ora solo per decenza». Ancora: «Pure tu nudo sul letto?».
L’inchiesta procede spedita, facendo emergere abusi su tre studenti. E, quelli più pesanti, le violenze su un minore in difficoltà di una casa famiglia di Terracina, la città dove vive l’indagato, e su un giovane figlio di amici stretti. Ragazzini travolti dall’orrore. In alcuni casi costretti a farsi sostenere dalla presenza di uno psicologo. Forzati a vivere tra imbarazzi e paure, che con coraggio e fatica stanno ancora cercando di superare a più di un anno dal trauma.
Perché quello vissuto dagli studenti è stato un incubo.
«Il professore — ha riferito uno di loro agli inquirenti — aveva con me comportamenti che capivo non fossero giusti, ma io lo giustificavo sempre e mi dicevo non è possibile che sta facendo queste cose». Di più: «So che è un esempio estremo, ma è come una donna che viene picchiata dal suo uomo e poi lo giustifica e ci torna insieme. Io mi sono sentito così, sentivo che lui non si comportava bene con me, ma io tornavo a confidarmi con lui e lui tornava a esagerare con me. Poi mi sentivo in colpa, perché volevo parlarne con qualcuno ma temevo quello che sarebbe successo a lui e ai suoi figli». «Avevo paura di incontrarlo nei corridoi, di restare solo con lui», fa mettere a verbale una delle vittime.
Per non parlare dell’incubo vissuto dal minorenne che Frateschi aveva conosciuto tramite la casa famiglia e di quello del figlio di alcuni suoi amici, a cui avrebbe mostrato anche un video porno tra lui e un prete del posto, cercando — si ipotizza — di convincere il minore a compiere atti sessuali facendoli apparire come cose normali. Gli stessi compiuti da un parroco che il ragazzino conosceva bene. Un parroco tra l’altro protagonista nei mesi scorsi di una lettera falsa di autodenuncia, inviata da ignoti alle diverse parrocchie pontine, in cui è stata inserita anche una foto del sacerdote nudo. Un messaggio da parte di chi forse ha partecipato e forse è stato vittima di alcune attenzioni? Forse. Alla fine il figlio degli amici di Frateschi è arrivato a confessare ai carabinieri il timore di essere finito in qualcosa di più grande rispetto a delle semplici, per quanto rivoltanti, molestie: «Ho paura di poter essere ammazzato, perché temo che in questa storia ci siano situazioni strane».
L’identikit del pedofilo
Ma chi è Alessandro Frateschi? Il 50enne ha alle spalle un patteggiamento a due anni di reclusione per bancarotta fraudolenta nel 2006, reato dichiarato estinto sei anni dopo, una denuncia per attività di gestione di rifiuti non autorizzata nel 2013 da parte della polizia provinciale di Siena, una per omessa dichiarazione ed emissione di fatture per operazioni inesistenti come amministratore di una srl nel 2015, e una terza da parte della Guardia di Finanza per bancarotta fraudolenta e accesso abusivo al credito nel 2021.
Frateschi aveva tentato la via del sacerdozio, ma era stato allontanato (dirà per incomprensioni con l’allora rettore) dal seminario di Anagni. Una cacciata che non gli ha mai impedito di gravitare comunque attorno al mondo dell’attivismo cattolico, impegnandosi in parrocchia a Terracina, nelle case famiglia, nell’associazionismo e arrivando poi a ottenere il via libera all’insegnamento della religione. Sposato e con figli, il vescovo Mariano Crociata lo aveva anche nominato diacono.
La scoperta e la denuncia
Il tempo di avviare le prime indagini e Frateschi è finito fuori dal liceo, dove era arrivato su indicazione della Diocesi di Latina. Per lui è arrivata anche la sospensione come diacono da parte del vescovo Crociata, presidente della Commissione delle conferenze episcopali della Comunità Europea. L’indagato ha però continuato a lavorare proprio in Diocesi, per l’Istituto di sostentamento del clero, fino a quando a luglio dell’anno scorso è stato arrestato e messo ai domiciliari. Un’ordinanza a cui ne è poi seguita una seconda nel settembre successivo. Tanto che in Curia hanno deciso anche di consegnare agli inquirenti il computer su cui lavorava il 50enne.
Maggio 2023, la rete prende forma
A maggio dell’anno scorso, questa volta a Tivoli, si apre il secondo fronte. La polizia arresta Mirko Campoli. A 47 anni, haun passato da professore di religione e vicepreside all’istituto tecnico “Fermi”. Il curriculum è lungo: segretario nazionale dell’Azione cattolica ragazzi, presidente diocesano dell’Azione cattolica, direttore dell’ufficio Scuola diocesano e incaricato regionale dell’ufficio Scuola e università dall’ufficio della Cei.
Una maschera dietro alla quale il vero Campoli si è nascosto per anni.
Nel 2019 già i primi dubbi, quando un minore riferì agli psicologi del consultorio familiare Ucipem “Familiaris Consortio” di aver subito abusi da parte del 47enne in un campo estivo. Il commissariato di Tivoli inviò un’informativa alla Procura, ma gli atti finirono ad Ancona e i pm archiviarono, ipotizzando che il minore, riferendo di essere stato abusato mentre era nel dormiveglia, avesse sognato le violenze. Arrivate altre denunce, con le vittime spinte dalle loro fidanzatine a prendere coraggio e farsi avanti con le forze dell’ordine, quattro anni dopo Campoli è stato arrestato e il vescovo gli ha revocato gli incarichi. Il 23 dicembre 2021, tra un’inchiesta e l’altra, intanto il 47enne era però andato a lavorare in una casa famiglia a Roma, che ospita vittime di violenze sessuali. E ora è accusato di aver compiuto abusi anche lì.
La condanna
Il 7 marzo, solo 48 ore fa, l’ex dirigente di Azione cattolica è stato condannato a 9 anni di reclusione dal giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Tivoli, che lo ha ritenuto responsabile di abusi su due minorenni: all’epoca avevano 12 e 16 anni.
Nel primo caso Campoli, a cui i genitori del minore avevano affidato il figlio, avrebbe compiuto abusi sulla vittima per ben quattro anni, fermandosi soltanto quando, esplosa la pandemia, venne disposto il lockdown. Avrebbe commesso violenze a Tivoli, Guidonia e in altri centri religiosi disseminati nel resto d’Italia, «con una frequenza di almeno una volta al mese». Un totale di circa 50 violenze. Gli abusi sarebbero avvenuti anche durante una gita a Gardaland e avrebbero fortemente segnato l’allora minorenne.
Nel secondo caso invece avrebbe abusato di un 16enne durante un campo scuola a Loreto, in provincia di Ancona. Un processo in cui si è costituita anche la Garante, Monica Sansoni, tramite l’avvocato Pasquale Lattari. Al momento della lettura della sentenza in tribunale c’erano anche gli investigatori del commissariato di Tivoli che hanno seguito il caso dall’inizio alle battute finali.
Le due vittime, emozionate, si sono abbracciate e hanno pianto. «Questa non è una fine, ma un inizio», hanno detto allontanandosi dall’aula. «C’è stata giustizia ma non sarà mai abbastanza», ha detto la mamma di uno dei due. «Ci aspettavamo questo risultato come istituzione e siamo soddisfatti», ha aggiunto Monica Sansoni. «Questi ragazzi meritano il plauso di tutta la collettività. Il loro intento non era solo quello di ricevere giustizia, sebbene nessuna condanna e nessun risarcimento potrà mai ripagare il dolore e il danno da loro patito, ma anche di evitare che altri minori potessero subire le stesse gravissime cose», ha sottolineato il loro avvocato, Michele De Stefano.
Le giustificazioni del diacono
Chiusa l’inchiesta bis, il 47enne rischia un secondo processo per abusi sul fratellino di una delle prime due vittime e su un altro minore. È accusato infatti di aver abusato per due anni di un altro 12enne e sempre di violenza sessuale su un bambino di 10 anni ospite di una casa famiglia a Roma, a Boccea, che accoglie soprattutto minori «vittime di fenomeni di maltrattamento, abuso e abbandono». In tutti i casi Campoli è accusato di aver avvicinato i minori mentre erano immersi nel sonno o si trovavano nel dormiveglia e di averli costretti a subire una serie di abusi sessuali. Anche se in aula ha negato in parte e sostenuto che quelle violenze erano dovute a un suo momento di depressione.
Frateschi, prima interrogato dal gip e poi in una memoria inviata agli inquirenti, nega ugualmente di aver compiuto abusi sessuali. Le violenze sul minore conosciuto in casa famiglia? Sapeva di un problema di salute e voleva vedere quale fosse la situazione. Foto oscene agli studenti? «Ho sbagliato nel modo di approcciarmi a questi ragazzi, nel modo in cui stavamo dialogando». E gli abusi sul figlio di amici? Si è sostanzialmente detto lui molestato e non il contrario. «Pur ribadendo di non aver preso io l’iniziativa in nessuno dei due episodi, in ogni caso nell’episodio… non ho saputo opporre un doveroso rifiuto».
E le migliaia di foto e video pornografiche e pedopornografiche trovate sui suoi telefonini, tablet e pc? Ha detto di avere una «tendenza omosessuale» e che sulle chat che frequentava «c’erano scambi di foto continui, soprattutto con gente adulta, ma io poi mettevo tutto in un’unica cartella».
Indizi e minacce, l’inchiesta si allarga
A inquietare gli inquirenti pontini anche le minacce subite da vittime e testimoni. Con uno dei minori che ha riferito di aver subito violenze sessuali a cui ignoti hanno bruciato il citofono di casa e l’auto della garante per l’infanzia danneggiata per ben due volte. Una familiare di una delle vittime sarebbe poi stata avvicinata dallo stesso Frateschi, ancor prima dell’avvio delle indagini, e si sarebbe sentita chiedere di convincere la vittima a non presentare denuncia: «Insisteva per convincermi, dicendomi che avrebbe perso il lavoro, i figli e…». Tanto che il procuratore aggiunto Lasperanza, chiedendo l’arresto del prof e diacono, specificò: «L’indagato si è già dimostrato in grado di ostacolare l’acquisizione dei necessari elementi di riscontro probatorio, contattando testi per indurli a rendere dichiarazioni mendaci o reticenti». Senza contare che la sorella di uno dei minori avvicinata da Frateschi sarebbe stata avvicinata anche dalla moglie di quest’ultimo e «sottoposta a pressione psicologica». La moglie dell’indagato, secondo la Procura di Latina, avrebbe «minacciato il suicidio e l’omicidio dei figli piccoli», a cui l’interlocutrice «era legata», con l’obiettivo di convincere la donna «a intercedere» nei confronti del familiare, «per indurlo a non sporgere denuncia».
Ma di un clima sinistro ha parlato anche il procuratore di Tivoli, Francesco Menditto, al momento dell’arresto di Campoli: «Il clima di omertà ambientale è molto simile a quello mafioso. I genitori non vogliono accettare la violenza che può avere patito il loro figlio e spesso si rivolgono all’autorità religiosa che tende a tenere la vicenda al suo interno». Critiche respinte dalla curia vescovile, anche se dopo il primo allarme nel 2019 Campoli è comunque stato lasciato al suo posto.
La connessione: il caso arriva a Roma
Campoli e Frateschi si conoscevano? Gli inquirenti hanno subito avuto il sospetto, avendo trovato una foto dell’ex dirigente di Azione cattolica sui dispositivi sequestrati al diacono. E gli investigatori sono alla ricerca di altre tracce che possano confermare l’ipotesi. Intanto le indagini ecclesiastiche sarebbero ancora al palo. Sono state annunciate, ma non si conosce il loro esito.
L’attesa è così tutta per quelle della Procura di Roma. Frateschi ha camuffato il volto di diversi minori coinvolti in atti sessuali nei video che gli sono stati sequestrati per renderli irriconoscibili. Lo ha fatto temendo che possano essere riconosciute le vittime? E vi sono davvero anche insospettabili in pose oscene? Gli inquirenti romani stanno cercando di rispondere agli interrogativi. E allo stesso tempo stanno cercando di far luce su eventuali coperture. Tanto che nel capoluogo pontino è stata perquisita anche una parrocchia di un sacerdote che ha incarichi importanti. Indagini su cui occorrerà tutta la pazienza necessaria: l’obiettivo è ricostruire i contatti che chattavano con Frateschi. Ci sarebbero diversi personaggi romani. In quegli scambi si parla anche di abusi su minori, in famiglia. Dialoghi irripetibili. E il sospetto che una possibile rete di pedofilia sia ancora pienamente attiva, nonostante gli arresti e le condanne, è più che mai forte.
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