Restando in attesa di conoscere le motivazioni della sentenza si può già affermare che questo risultato è importante e soddisfacente perché dimostra che per ottenere verità e giustizia, per le vittime è necessario denunciare, ma alle autorità civili. Senza esitare. Il tentativo della difesa e dei responsabili civili di spostare il focus insinuando dubbi sulla credibilità di Antonio Messina e delle altre prede di don Rugolo è andato in frantumi.
Antonio è stato creduto, prima dalla procura, poi dal Tribunale. A lui va riconosciuto il merito di aver avviato con il coraggio di denunciare una controtendenza in un territorio difficile dove le asimmetrie, generate dal potere e dall’omertà, soppiantano la legge. Antonio con determinazione lo ha fatto sostenuto dalla sua famiglia. Il risultato è come se fosse stato piantato uno scalpello di frassino nel cuore dell’ipocrisia e dell’omertà, nei luoghi che avrebbero dovuto garantire la massima protezione possibile ai ragazzini divenuti preda delle aggressioni di un uomo che dalle prove raccolte è risultato sicuramente problematico e assai pericoloso.
La comunità dei fedeli, le cittadine e i cittadini di Enna, devono prendere atto della verità processuale, che coincide con la verità storica. Il Tribunale di Enna con la sua pronunzia ha disvelato che sotto i paramenti di colori o foggia diversi indossati da don Rugolo in realtà si celava un abusante sessuale che predilige i ragazzini.
Il dato sistemico e diffuso di questo fenomeno, soprattutto nel nostro Paese, deve indurre seriamente l’esecutivo a rendere per questi casi obbligatoria la denuncia: “ erga omnes “
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