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Home NEWS e CRONACA LOCALE

IL GATTO E LA VOLPE: CEI E STATO A BRACCETTO NEL “NUOVO” OSSERVATORIO SULLA PEDOFILIA

Rete L'ABUSO by Rete L'ABUSO
6 Maggio 2022
in NEWS e CRONACA LOCALE
Reading Time: 4 mins read
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Ludovica Eugenio – 41069 ROMA-ADISTA. «La nostra partecipazione a questo tavolo per parlare insieme di prevenzione degli abusi è una pagina nuova che si apre nella prospettiva di un cammino consapevole in sinergia, volto a costruire una comunità educante e sicura»: così ha esordito mons. Stefano Russo, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), a un incontro dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pedopornografia minorile, organismo statale istituito presso il Dipartimento per le politiche della famiglia, il 5 maggio; incontro svoltosi alla presenza della ministra per le pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, durante il quale è stato approvato il “nuovo Piano nazionale di prevenzione e contrasto dell’abuso e dello sfruttamento sessuale minorile” e che ha svelato, così, con l’ingresso della Cei in un’istituzione dello Stato, la strategia dei vescovi per fare fronte alla questione improcrastinabile degli abusi nella Chiesa.

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Tutto bene? No. La netta impressione è che la Cei voglia minimizzare la suddetta questione aderendo a una operazione preventiva che non prevede, come prerequisito, una rigorosa indagine sul pregresso: «Alla Chiesa che è in Italia – afferma il segretario Cei – stanno a cuore la sicurezza e la salvaguardia dei piccoli e dei vulnerabili. Ci adoperiamo a ogni livello per una responsabilizzazione attiva, avviando una serie di misure, di prassi e di attività formative, volte a contrastare possibili abusi in ambito ecclesiastico». “Possibili”, quindi non riconosciuti come reali. La Chiesa italiana, insomma, sembra prendere le distanze dalla piaga sistemica che la abita, e non è certamente un buon segnale.

Un ufficio fantasma

L’Osservatorio, istituito nel 2007, non ha mai realizzato la banca dati promessa per il monitoraggio del fenomeno e le azioni di prevenzione e repressione ad esso collegate», ha scritto su Left a dicembre 2021 Federico Tulli. E nemmeno la «relazione tecnico-scientifica annuale a consuntivo delle attività svolte». Dal 2007 al 2021, riferiva Tulli, «l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia ha funzionato di fatto solo pochi mesi nel 2020 e al momento non è possibile sapere quando riprenderà l’attività dato che anche il sito è offline».

Il 5 maggio viene rianimato. Presieduto dal Capo del Dipartimento, Ilaria Antonini, è composto da rappresentanti designati dall’Autorità politica con delega alla famiglia e alle pari opportunità, da rappresentanti delle amministrazioni centrali, delle forze dell’ordine e delle associazioni nazionali operanti nel settore. Partecipano, inoltre, come invitati permanenti, l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e, ora, la Conferenza episcopale italiana.

«La Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia – ha enfatizzato la ministra Bonetti, che ammette il non brillantissimo, fin qui, cammino dell’Osservatorio, riconoscendo di averlo ora «ricostituito» – ricorda a tutto il Paese la responsabilità urgente, per la nostra comunità nazionale, di contrastare crimini odiosi contro l’infanzia, che prosperano nella solitudine, nell’esclusione sociale e nel silenzio delle comunità e dell’opinione pubblica». E parla di «potenziare la prevenzione, investire con ancora più coraggio nell’educazione, garantire il monitoraggio e la condivisione dei dati, mettendo in campo tutte le competenze e gli strumenti necessari per intercettare abusi e violenze sin dai primi segnali e attivare subito percorsi di sostegno per le vittime».

L’Osservatorio, «che ho ricostituito», oggi compie un «passo nuovo nel contrasto alla pedofilia, rafforzando le sinergie tra i diversi livelli istituzionali per riuscire insieme a garantire con concretezza i diritti delle bambine e dei bambini». E vengono illustrati metodi e obiettivi: l’integrazione, tramite il lavoro di 4 gruppi tematici («iniziative di sensibilizzazione e formazione; interventi in favore di vittime e autori; sicurezza nel mondo digitale; sviluppo e condivisione banche dati»), del Piano nazionale per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva predisposto dall’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, avvalendosi per questo della partecipazione di «un gruppo di circa 70 ragazzi e ragazze, provenienti da istituti scolastici, strutture di accoglienza per minori, associazionismo ricreativo e sportivo, che hanno formulato le proprie raccomandazioni sui temi dei gruppi di lavoro».

E le vittime di abusi? Non pervenute. D’altronde, nell’ottobre 2016, a seguito di un’istanza nella quale si chiedeva l’inserimento della Rete di vittime L’Abuso all’interno dell’Osservatorio, l’ufficio rispondeva rigettando la richiesta, spiegando che i posti previsti per le tre associazioni di settore (Telefono Azzurro, Terre des Hommes e Save the Children) erano già tutti occupati. Tranne poi trovare una collocazione a una quarta, la METER onlus di don Fortunato Di Noto, su designazione diretta dell’allora ministra per le Pari Opportunità Maria Elena Boschi, e in deroga allo “statuto”: le associazioni che comparivano sul sito del ministero erano quattro.

Le vittime: «Il salvagente del Governo alla Cei»

Tanti gli “slogan” – prevenzione, protezione, promozione; educazione, equità, empowerment – ma sia nel comunicato stampa della Cei quanto in quello del Ministero è del tutto assente il termine “giustizia”. «Auspichiamo – ha concluso mons. Russo – che questo comune cammino di accompagnamento e formazione non si limiti alla sola supervisione o alla fase iniziale, ma si consolidi come esperienza formativa permanente».

Il tutto è complessivamente indigeribile per le vittime: «Lo Stato annuncia di aver lanciato il salvagente alla Cei per uscire dal problema dei preti pedofili», commenta amaramente Francesco Zanardi, fondatore e presidente della Rete L’Abuso. D’altronde, «le inadempienze dello Stato sono state negli anni contestate a gran voce dai sopravvissuti che, trovando nel governo un costante muro di gomma, in quanto nonostante un’interrogazione parlamentare e la successiva diffida del 19 febbraio 2018, si videro costrette a rivolgersi agli organi sovrastatali come le Nazioni Unite.

Queste condannarono le criticità e raccomandarono all’Italia gli adempimenti da apportare alle norme (punto 21 del testo). Ma l’Italia, che lo scorso febbraio è stata denunciata la seconda volta per inadempienza all’ONU, non ha mai messo mano negli anni a quelle raccomandazioni». Dunque, per Zanardi il governo sta «tradendo ancora una volta i cittadini vittime per salvare la Chiesa»: perché «non compaiono, in un’iniziativa apparentemente rivolta alle vittime, le stesse vittime e le associazioni che le hanno rappresentate in oltre un decennio, una “svista” che già di suo dà chiara l’immagine di mera operazione di facciata».

E compare invece la Conferenza episcopale, l’istituzione che, in tutti gli altri Paesi, «era quella su cui il governo indagava e non colei che dopo decenni di fallimenti in materia che hanno costretto i Governi a un intervento, tutto a un tratto, come sta accadendo in Italia, diventa la “consulente” dello Stato, al quale invece dovrebbe rendere conto».

https://www.adista.it/articolo/67999

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