«È inutile fare i mea culpa istituzionali, dobbiamo concentrarci realmente sulle vittime di pedofilia, altrimenti non faremo altro che continuare a morderci la coda». Nei palazzi del Vaticano non si parla d’altro: si respira rabbia, vergogna, ma si usa anche un tono polemico, come chi deve lottare contro l’immobilismo di troppe persone che sulla questione degli abusi stanno ancora a braccia incrociate.
Dopo l’ennesima bufera sulla Chiesa, questa volta quella tedesca che con una commissione indipendente ha scoperchiato 497 casi di pedofilia nella diocesi di Monaco e Frisinga tra il 1945 e il 2019, tra la residenza di Papa Francesco e i vari uffici preposti della Santa Sede, si studiano i prossimi passi in avanti da fare, per evitare che sul tema «Chiesa e abusi», tutto rimanga ancora fermo per troppo tempo. Le parole d’ordine su cui il Pontefice chiede di concentrarsi sono «vicinanza e tenerezza», soprattutto verso chi è stato abusato. Con una raccomandazione importante: non siano parole da utilizzare soltanto in un sermone, ma che siano messe in pratica davvero, senza indugi. Soprattutto da quei preti che pubblicamente parlano di pedofilia come una piaga ma poi non fanno nulla per combatterla. «A che cosa serve che il Santo Padre continua a invocare questi atteggiamenti teneri e vicini se poi questi non vengono esplicitati in gesti concreti verso chi ha subito abusi?», si interroga un alto prelato vicino a Bergoglio, «Dobbiamo passare a una sorta di «Fase 2», in cui le vittime diventano il centro di tutto e non siano viste soltanto come delle persone da cui scappare e di cui aver paura».
In effetti, dicono in Vaticano, che c’è ancora tanto lavoro da fare, soprattutto perché, anche in Italia, si fatica a seguire il cammino intrapreso da Francia e Germania per tirare finalmente fuori i propri scheletri dell’armadio. La proposta di istituire una commissione indipendente sugli abusi anche per la Chiesa italiana era stata sollevata nel corso dell’Assemblea Generale straordinaria dei vescovi del novembre 2021 ma la maggioranza dei presenti ha espresso parere negativo: niente commissione per il momento, con grande rammarico, raccontano, del presidente del Servizio Nazionale per la Tutela dei Minori, monsignor Lorenzo Ghizzoni. «Forse è successo per una questione di paura o forse perché ancora non siamo pronti, come lo sono i confratelli francesi e tedeschi, ad affrontare un peso così importante», confida adesso a Il Giornale uno dei vescovi che era presente a quella riunione, «è chiaro che dobbiamo scrollarci di dosso ogni possibile tentazione a essere omertosi e scoprire cosa è successo anche in passato; il Papa e soprattutto i fedeli sarebbero felici se lo facessimo».
In effetti Francesco, da diverso tempo, ha chiesto e sta ancora chiedendo che si faccia pulizia, che si dialoghi con le vittime e che si possa lavorare insieme a loro per scoperchiare il marcio che ha colpito la Chiesa.
In occasione della pubblicazione del rapporto sugli abusi in Francia, lo scorso ottobre, il Pontefice aveva usato parole molto chiare, incoraggio e invitando i vescovi e i superiori religiosi a continuare a compiere tutti gli sforzi «affinché drammi simili non si ripetano». E aveva parlato di «prova salutare», invitando i cattolici francesi ad assumersi le proprie responsabilità per garantire che la Chiesa sia una casa sicura per tutti. Per quanto riguarda il rapporto pubblicato ieri in Germania, Papa Francesco, da quanto spiegano in Vaticano, attenderà la prima occasione utile per manifestare vicinanza alle vittime.
Intanto alcune copie del dossier che conta mille pagine ed è suddiviso in tre tomi, sono già state recapitate in Vaticano, anche perché il 94enne Papa emerito Benedetto XVI, Joseph Ratzinger, tirato in causa nel report, possa analizzarlo e fare tutte le valutazioni del caso.
https://www.ilgiornale.it/news/politica/no-dei-vescovi-allindagine-italia-lira-papa-2003820.html
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