In Francia, malgrado i tentativi di censura, è uscita l’opera di Ozon che denuncia la pedofilia e i silenzi della chiesa
“Grâce à Dieu” è il titolo di un film che riprende una frase del cardinale Philippe Barbarin. L’arcivescovo di Lione, e come tale primate delle Gallie, è finito in tribunale con l’accusa di non avere denunciato un prete pedofilo della sua diocesi. Il pubblico ministero ha dissipato i sospetti che pesavano su di lui ed è assai probabile che il verdetto (previsto tra pochi giorni) assolva il prelato, numero uno nella gerarchia della Chiesa francese.Ma quella frase, “Grazie a Dio”, usata dal regista François Ozon come titolo del suo film, è rivelatrice di un atteggiamento che se non sconfina nel reato di omissione rivela il comportamento a lungo seguito dalla Chiesa, o da gran parte dei suoi più autorevoli rappresentanti. Interrogato sul fatto che un suo sacerdote pedofilo l’avesse fatta franca per tanto tempo, il cardinale Barbarin si è lasciato sfuggire che «Grazie a Dio è intervenuta la prescrizione». Come se quest’ultima, prevista dalla giustizia laica, equivalesse anche a un’assoluzione della Chiesa. Ed esentasse dunque quest’ultima dal prendere decisioni per fermare e punire l’azione del prete. Il cardinale ha riconosciuto il lapsus. François Ozon non l’ha perdonato. Il titolo del suo film è come uno schiaffo. Ozon è garbato nella narrazione e nelle immagini. “Grâce à Dieu” è uscito in 307 sale, in tutta la Francia, al momento giusto: mentre a Roma si riuniva l’eccezionale assemblea di vescovi per trattare il problema della gli abusi sessuali su minori. Fino all’ultimo la proiezione del film, che ha ricevuto il Gran Premio della giuria al festival di Berlino, ha rischiato di non essere autorizzata.Bernard Preynat è il prete della diocesi lionese accusato di avere abusato di ragazzi sotto i quindici anni. Lui stesso l’ha riconosciuto. E questo è accaduto per decenni senza che i suoi superiori gli vietassero di occuparsi dei boy scout, in particolare quelli di Sainte-Foy-lès-Lyon, dei quali era l’inamovibile cappellano. I legali del vecchio sacerdote avevano chiesto che nell’attesa del processo, previsto nei prossimi mesi e suscettibile di rinvii, il film non venisse proiettato nelle sale pubbliche per non violare il principio della presunzione d’innocenza. Anche perché l’attore che interpreta il prete pedofilo porta il suo nome e cognome, Bernard Preynat. Come del resto quello che interpreta il cardinale si chiama Barbarin. Il giudice parigino ha respinto la richiesta dei legali perché l’attesa del processo a Bernard Preynat potrebbe prolungarsi, e un ritardo della diffusione infliggerebbe ai produttori gravi danni e non rispetterebbe la libertà d’espressione e di creazione. In quanto all’uso dei nomi del cardinale e del prete tutti riconoscerebbero ugualmente i personaggi sotto finte identità.François Ozon conosceva ben inteso “Spotlight”, l’eccellente film di Tom McCarthy sullo scandalo della pedofilia nel clero del Massachusetts negli anni Ottanta. Ma si è proposto di non seguire la stessa strada. Anche l’idea di un documentario gli è apparsa irrealizzabile, perché le vittime di Bernard Preynat non potevano accettare di raccontare pubblicamente gli abusi subiti decenni fa. Per le loro famiglie, mogli, figli e figlie, sarebbe stato un trauma insopportabile. Dunque François Ozon ha optato per una finzione che in effetti ricalca la realtà, poiché esibisce nomi autentici (soltanto quelli delle vittime non lo sono per rispetto alle famiglie) e molti interrogatori delle vittime e degli accusati sono quelli dei verbali giudiziari.Alexandre, un borghese di mezza età, padre di famiglia, immerso in una lineare attività professionale, scopre per caso la fotografia di padre Bernard Preynat circondato da adolescenti. Quel sacerdote che ha abusato di lui ragazzo non è dunque stato rimosso dal suo compito di educatore, come avevano promesso le autorità ecclesiastiche. Scandalizzato, ma anche turbato, dal vedere quel prete ancora circondato da sue inevitabili giovani prede, Alexandre si rivolge alle autorità della diocesi. Allo stesso cardinale Barbarin. A lui si uniscono François, un impiegato, e Emmanuel, un operaio, e via via tanti altri che da ragazzi hanno subito la stessa sorte. Cercano invano di avere una reazione dalla Chiesa, ma delusi finiscono col rivolgersi alla giustizia. Il film si occupa del dolore delle vittime, ma mette soprattutto in rilievo la volontaria, lunga cecità della gerarchia ecclesiastica. È un atto d’ accusa espresso con educata ma intransigente severità.
http://espresso.repubblica.it/opinioni/dentro-e-fuori/2019/02/27/news/grazie-a-dio-un-film-necessario-1.332092?fbclid=IwAR2li4-t-VgZ-f7oKUVpVi3Ui1A-qaKLnHs0Lu7wwVEGS3MY3q1Wrgo0t4k
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