“Volevo raccontarvi di quand’ero bambina. Ma è inutile farlo perché a 11 anni un sacerdote della mia parrocchia ha distrutto la mia vita. Da allora io, che adoravo i colori e facevo capriole sui prati spensierata, non sono più esistita. Restano invece incise nei miei occhi, nelle orecchie, nel naso, nel corpo, nell’anima tutte le volte in cui lui bloccava me bambina con una forza sovrumana: io mi anestetizzavo, restavo in apnea, uscivo dal mio corpo, cercavo disperatamente con gli occhi una finestra per guardare fuori, in attesa che tutto finisse”. E’ la testimonianza di una vittima, una donna, che ha scosso i 190 capi della Chiesa riuniti dal Papa in Vaticano per arginare la piaga della pedofilia.
“Da allora, fino ad oggi, – ha raccontato – continuo un durissimo percorso di rielaborazione che non ha scorciatoie, che richiede un’enorme costanza per ricostruire in me identità, dignità e fede. Un percorso che si fa per lo più in solitudine e con l’aiuto di qualche specialista, se possibile. L’abuso crea un danno immediato, ma non solo: più difficile è fare i conti ogni giorno, con quel vissuto che ti invade e si presenta nei momenti più improbabili. Ci dovrai convivere, sempre!”.
“Ho avuto bisogno di 40 anni per trovare la forza della denuncia. Ho vissuto l’iter di denuncia – ha raccontato la donna nella testimonianza messa a disposizione dal Vaticano – con un costo emotivo molto elevato: parlare con sei persone di grande sensibilità, ma solo uomini e per di più sacerdoti è stato difficile. Io credo che una presenza femminile sarebbe un’attenzione necessaria quanto indispensabile per accogliere, ascoltare e accompagnare noi vittime. L’essere creduta e la sentenza, comunque, mi ha donato un dato di realtà: quella parte di me che ha sempre sperato che l’abuso non fosse mai accaduto, si è dovuta arrendere, ma al contempo ha ricevuto una carezza: io ora so che sono altro, oltre l’abuso subito e le cicatrici che porto. La Chiesa può andare fiera della possibilità di procedere in deroga ai tempi di prescrizione, diritto negato dalla giustizia italiana, ma non del fatto di riconoscere come attenuante, per chi abusa, l’entità del tempo trascorso tra i fatti e la denuncia. La vittima non è colpevole del suo silenzio”.
https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2019/02/23/volevo-solo-morire-racconto-choc-una-vittima-prete-pedofilo_19unmGl6mx5yhQftKUiyIP.html
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