Per chi non lo sapesse, Nell’annuale classifica di Reporters sans Frontieres il nostro Paese perde quattro posizioni, scendendo dal 73° posto del 2015 al77° (su un totale di 180 Paesi) del 2016. L’Italia è il fanalino di coda dell’Ue (che è comunque l’area in cui c’è maggiore tutela dei giornalisti), per quanto riguarda la libertà di stampa, superata addirittura da alcuni paesi che ci ostiniamo ancora a definire del “terzo mondo”.
Non vi nascondo che quando Gianni Magazzeni, rispondendo alla domanda, ci invitò ad affidarci ai social network, provai un profondo senso di vergogna.
Ma perché vi parlo della censura della stampa italiana?
Perché la stampa ha un ruolo di fondamentale importanza nella società civile, ed è uno strumento fondamentale per il mantenimento della democrazia, non a caso i giornalisti godono di alcuni privilegi come il segreto delle fonti dalle quali apprendono le notizie. Dove non c’è libertà di stampa, non ci può essere democrazia.
Dopo questa fondamentale premessa torniamo a noi: che fine ha fatto “Il caso italiano”?
Eppure, se leggiamo i giornali italiani, tranne qualche sporadico caso spesso limitato alla cronaca locale, non troviamo quasi nulla sull’Italia, molte notizie invece su ciò che accade all’estero.
Ma perché accuso la stampa italiana?
Perché come in tanti altri contesti, la censura della stampa italiana porta i cittadini a una mancanza di consapevolezza, quindi a sottovalutare la reale entità del fenomeno e, se non se ne parla, il cittadino è indotto a pensare che il problema non esiste.
Infatti, mentre all’estero vediamo i cittadini scendere in piazza, la magistratura che fa indagini, i governi che prendono provvedimenti e si mobilitano nel contrastare il fenomeno, quantificando nelle varie commissioni di inchiesta percentuali che fanno rabbrividire, in Italia non vediamo nulla di tutto ciò.
Sui giornali italiani non leggiamo mai le contestazioni e il disagio delle vittime, quello delle associazioni che le tutelano e, malgrado le indagini che la Rete L’ABUSO documenta in tutta la penisola, nessun giornalista è mai andato a chiedere a papa Francesco per esempio perché, malgrado ne fosse personalmente a conoscenza, ha insabbiato il caso del prete italiano Nicola Corradi e di altri 13 sacerdoti: il Corradi, è oggi agli arresti proprio nella terra natale di Bergoglio, con l’accusa di aver reiterato il crimine.
Nessun giornalista è andato a chiedere a papa Francesco perché il Vaticano continua a fare scena muta al pesantissimo report divulgato nel 2014 dalla Commissione ONU per la tutela del Fanciullo, report al quale la Santa Sede avrebbe dovuto rispondere il primo settembre scorso.
Nessun giornalista è andato a chiedere a papa Francesco perché il tanto acclamato tribunale per punire i vescovi insabbiatori sia svanito nel nulla. Perché, malgrado le promesse fatte al “Popolo di Dio” in questi anni di pontificato, papa Francesco, in totale contrasto con le sue stesse dichiarazioni, non abbia perseguito insabbiatori come il cardinale Crescenzio Sepe o perché, in barba alla documentazione in possesso della Congregazione per la Dottrina della Fede, abbia comunque promosso insabbiatori come monsignor Mario Delpini o Pierantonio Tremolada, entrambi nominati nel luglio 2017, uno niente popò di meno che arcivescovo di Milano, l’altro vescovo di Brescia.
Se noi leggiamo i giornali italiani, la maggior parte, per non dire tutti, ci racconta quotidianamente che il papa fa solo cose belle, quelle brutte sono colpa della curia romana che, a loro dire, metterebbe il bastone tra le ruote al povero Bergoglio, fatto già martire ancor prima di morire.
Nessun giornalista italiano vi ha raccontato le numerose iniziative che ci sono in Italia, per esempio non vi hanno detto che lo scorso 27 novembre, grazie alla sensibilità del deputato M5s Matteo Mantero, la Rete L’ABUSO è finalmente riuscita a depositare la prima interrogazione parlamentare sul fenomeno dei preti pedofili.
Nessun giornalista italiano vi ha detto che sempre la Rete L’ABUSO, lo scorso 19 febbraio, ha diffidato il Governo Italiano per favoreggiamento alla pedofilia.
Nessun giornalista italiano è mai andato a chiede al Governo, per esempio, come intende affrontare la situazione, o il perché malgrado dal 2001 siano state introdotte e ratificate leggi che prevedono per esempio, consultori ASL per le vittime di violenza sessuale, ad oggi questi non siano mai stati realizzati oppure perché, malgrado i fondi stanziati nel 2007 dal Governo per realizzare un database nazionale dei sexual offenders, questo non sia mai stato realizzato.
La pressione della stampa su queste due ultime iniziative (consultori e database) e la loro realizzazione, sarebbe già sufficiente a produrre un dato che quantifichi l’entità dei pedofili, non solo quelli in abito talare, e al tempo stesso quantificherebbe anche quello che, temo, sia un triste primato italiano, il numero delle vittime.
Certo se la stampa italiana avesse fatto seriamente il proprio mestiere/dovere, i cittadini avrebbero un pò più di consapevolezza sul “Caso italiano” o, quantomeno, sarebbe sorto qualche ragionevole dubbio sul fatto che, forse, anche in Italia esiste un problema.
Di Francesco Zanardi
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