La Conferenza Episcopale Italiana ha posto Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna-Cervia, a capo del gruppo di lavoro per la prevenzione della pedofilia. Ed è anche stato nominato referente italiano nella Commissione pontificia per la Tutela dei minori presieduta dal cardinale Sean O’Malley.
Un segno peggiore i vescovi non potevano darlo. Ghizzoni infatti rappresenta nel modo più compiuto il “vecchio” metodo di gestione della pedofilia.
Quando venne arrestato don Giovanni Desio, l’ex prete condannato a 8 anni e 8 mesi per violenza sessuale e atti sessuali su quattro ragazzini minorenni che frequentavano la sua parrocchia, Ghizzoni era il suo vescovo. Fino al giorno dell’arresto don Desio ha mantenuto tutti i suoi incarichi in curia, dalla direzione del settimanale diocesano alla segreteria dell’ufficio per le comunicazioni sociali. Se non fosse intervenuta la magistratura (e siamo sicuri che il vescovo abbia effettivamente collaborato?) don Desio sarebbe ancora al suo posto, inattaccabile. Possibile che in un anno e mezzo di episcopato non si fosse accorto proprio di nulla? Viene sbandierato il titolo di “psicologo” di Ghizzoni. Uno “psicologo” che non si era accorto di nessuna stranezza del prete, neppure quando don Desio cadeva nel canale ubriaco con il SUV da 35 mila euro, o quando i parrocchiani raccoglievano le firme per farlo allontanare.
Ma il marciume nella diocesi guidata da Ghizzoni non si ferma certo qui. Le vicende legate a Mons. Giansandro Ravagna si sono risolte con la sua recente scomparsa.
Quelle legate all’altra indagine di punta condotta dalla magistratura nei confronti di un altro prete accusato da più parti di pedofilia hanno scatenato più di una richiesta di riduzione allo stato laicale o temporaneo allontanamento di preti della diocesi. Qualcuno forse sarà l’indagato?
Se la nomina di Ghizzoni vuole esportare il modello ravennate al resto d’Italia ci sarà sempre una soluzione per ciascun prete pedofilo italiano: far finta che non esista, sperare che se ne vada da solo, o aspettare che muoia.
Alla faccia della “prevenzione”.
di Redazione
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