Padre Carlos Buela è rifugiato in una istituzione religiosa in Italia, secondo quanto ha dato a conoscere giorni fa il quotidiano Diario San Rafael, in base ad una pubblicazione del quotidiano europeo La Repubblica.
Ora, a seguito di questa nuova polemica che coinvolge il fondatore dell’Istituto del Verbo Incarnato, è apparsa una nuova richiesta di condanna ecclesiastica verso Buela dell’ottobre dell’anno scorso da parte di rappresentanti della Santa Sede in Vaticano alla quale risponde proprio Papa Francesco, con data di aprile del 2016.
La richiesta, emessa dalla Curia Romana, indica che “in riferimento a Padre Carlos Buela, fondatore dell’IVE, il Papa Benedetto XVI aveva disposto che non gli fosse permessa nessuna ingerenza nel governo né nello svolgimento nell’Istituto”.
La sentenza ha stabilito: “Si proibisce in modo assoluto al Padre Carlos Buela avere relazione con i membri dell’IVE, ad eccezione di quelli della comunità dove abiterà con il permesso di questo Dicastero (organismo della Curia Romana), e con le religiose Servitrici del Signore e della Vergine di Matará”.
“Non potrà fare dichiarazioni ai mezzi di informazione né apparire in pubblico”, dice la “condanna” e alla fine stabilisce che “non potrà partecipare in nessuna iniziativa o incontro dell’IVE, né personalmente né attraverso altri mezzi di comunicazione”.
Queste tre decisioni sono state “approvate nello specifico” dal Papa Francesco, secondo il documento al quale ha avuto accesso il quotidiano dei sanraffaellini.
Oltre alla decisione del Dicastero, approvata da Francesco, Buela non ha rispettato quanto stabilito nella sua “condanna”, poiché riceveva ogni quindici giorni il supervisore del Verbo Incarnato, Gustavo Nieto, il quale è anche stato sanzionato ecclesiasticamente. Nieto riceveva ordini da parte di Buela su quali azioni intraprendere all’interno dell’Istituto di Las Paredes, San Rafael.
Dall’altra parte, e in una grave attitudine di disobbedienza, Buela ha ricevuto nel suo rifugio dei minori con i quali si è fatto fotografare, quando anche questo era stato proibito da parte delle massime autorità della Chiesa Cattolica, soprattutto nella cornice delle denunce per abusi commessi da Buela durante la sua permanenza al fronte dell’IVE.
Accuse in Italia
Il quotidiano La Repubblica, nel titolo del suo articolo, indica che “l’abusatore di seminaristi, don Carlos si nasconde in una chiesa di Genova”. Nello sviluppo della nota, il mattutino indica che “non ci sarebbe niente di strano se Don Carlos nel 2010 non fosse stato considerato colpevole di abusi sessuali su giovani seminaristi dalla Santa Sede, che gli aveva ritirato l’incarico e lo aveva trasferito all’estero”.
La Repubblica ricorda che Buela sta a 11 mila chilometri dall’Argentina “in un rifugio blindato in Genova, dove risiede in un appartamento del complesso della chiesa San Teodoro”.
L’articolo continua e riporta una dichiarazione di Francesco Zanardi, componente del gruppo Rete L’ABUSO, incaricata di denunciare casi di abusi sessuali nella Chiesa.
“Troviamo quanto meno imbarazzante la situazione. La diocesi del presidente dei vescovi, il cardinale Angelo Bagnasco, accoglie un sacerdote riconosciuto colpevole dal Vaticano”, continua sottolineando “ci domandiamo cosa succederebbe se un giorno la Giustizia argentina decidesse di aprire un’indagine: Buela tornerebbe immediatamente nel suo paese?”.
http://www.diariosanrafael.com.ar/actualidad/78193-la-condena-del-papa-francisco-al-padre-carlos-buela-tras-sus-acciones-en-el-instituto
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