CREMA Il procuratore, Roberto di Martino, ha aperto un fascicolo e per sapere che cosa abbia accertato l’autorità ecclesiastica, ha chiamato in causa la Santa Sede. Lo ha fatto con una richiesta di rogatoria al Vaticano attraverso il ministero della Giustizia.
L’indagine su don Inzoli (Il prete in Mercedes), 64 anni, per 15 presidente della Fondazione banco alimentare, onlus assistenziale fondata da don Giussani, qualcuno dice anche confessore di Roberto Formigoni, nasce da due esposti, il primo presentato il 30 giugno scorso in procura da Franco Bordo, deputato di Sel. Un documento di ventotto righe, più tre allegati, con la richiesta finale di accertare se gli elementi emersi «siano meritevoli di approfondimenti investigativi e, qualora dall’esito degli stessi, dovessero emergere ipotesi di reato, che sia esercitata l’azione penale nei confronti di chiunque li abbia commessi o, a qualsiasi titolo, abbia concorso alla loro commissione».
Il secondo invece presentato dalla Rete L’ABUSO il 9 luglio 2014. In questo secondo esposto di tre pagine e ben altre 43 di allegati, la Rete L’ABUSO chiede non solo l’acquisizione del materiale di indagine in possesso dell’autorità ecclesiastica, ma chiede anche che vengano approfondite le eventuali responsabilità omissive da parte dei superiori di Inzoli e della stessa Diocesi di Crema.
Paradossalmente la Rete L’ABUSO fornisce anche un precedente creatosi a Savona che chiama in causa, ironia della sorte, l’attuale vescovo di Cremona, Dante Lafranconi che nel 2012 fu accusato dalla Procura della Repubblica di Savona, di essere stato al corrente delle tendenze pedofile di un suo sacerdote, Nello Giraudo, ma di non aver fatto nulla per impedire che questi continuasse ad abusare dei minori affidati alle cure dello stesso.
Quella di Inzoli è una vicenda dai contorni molto simili a quella savonese. Attendiamo che la procura di Cremona faccia luce su quanto accaduto e soprattutto ci auguriamo che il Vaticano, viste le continue promesse di Papa Francesco accetti di fornire alle autorità italiane la documentazione richiesta tramite rogatoria.
Il portavoce della Rete L’ABUSO
Francesco Zanardi
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