Don Walter condannato in appello a sei anni e due mesi di reclusione Don Walter, il sacerdote accusato di violenza sessuale su tre prostitute, è stato condannato in appello a 6 anni e due mesi, un anno in meno rispetto alla sentenza di primo grado. I giudici della corte d’appello di Brescia non hanno riconosciuto la violenza su una delle donne. In un altro processo, a Ferrara, il prete era stato condannato a 8 mesi per aver indotto una testimone a ritrattare Don Walter all’uscita del tribunale MANTOVA. Sei anni e due mesi di reclusione: è questa la condanna inflitta stamani a don Walter Mariani dai giudici della seconda sezione della Corte d’appello di Brescia. Rispetto alla precedente sentenza di sette anni mezzo, al sacerdote è stato scontato un anno. Non è stata infatti riconosciuta la violenza sessuale su una delle tre prostitute, ospiti della sua comunità che con le loro accuse lo avevano trascinato in tribunale. Per il procuratore capo Antonino Condorelli la sentenza conferma la validità dell’impianto accusatorio. L’avvocato difensore Sandro Somenzi aveva chiesto l’assoluzione. A fine marzo 2012 don Walter aveva subito una seconda condanna dal tribunale di Ferrara: otto mesi di reclusione per aver indotto una testimone – una ragazza che lo accusava di violenza sessuale – a dire il falso, offrendole 3mila euro per ritrattare di fatto le accuse. Anche contro questa sentenza l’avvocato Somenzi è ricorso in appello a Bologna.
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Don Walter in Cassazione <condannato senza prove> Nuovo ricorso per evitare il carcere dopo la stangata dei sei anni per violenza sessuale. L’avvocato: “In appello non è stato considerato il pronunciamento della Corte” di Giancarlo Oliani Don Walter Mariani al termine di una delle tante udienze del processo Secondo ricorso in Cassazione contro la condanna a sei anni e due mesi di reclusione inflitta a don Walter Mariani dai giudici della seconda sezione della Corte d’Appello di Brescia, per violenza sessuale su due prostitute. È stata presentata dall’avvocato Sandro Somenzi. Il legale del sacerdote, lo ricordiamo, era riuscito con il precedente ricorso alla suprema Corte a far annullare la sentenza della prima sezione della stessa Corte d’appello a sette anni e mezzo. Ora si oppone anche alla seconda. Se dovesse essere respinto per il prete sacerdote si aprirebbero le porte del carcere. Il reato per il quale è stato condannato esclude, infatti, qualsiasi beneficio di legge e non terrebbe conto dei suoi 72 anni. Su cosa si basa il secondo ricorso in Cassazione? Un caso, a dire il vero, piuttosto raro. Facciamo un piccolo passo indietro. La prima sentenza della Corte ha annullato la condanna a sette anni e mezzo perché le prove e le testimonianze raccolte non erano sufficienti. In poche parole non ha importanza che il sacerdote abbia avuto dei rapporti sessuali con le prostitute ma se per ottenerli ha usato la minaccia, in virtù del suo ruolo. «La seconda sezione della Corte d’Appello – chiarisce l’avvocato – ha ribadito le stesse accuse già respinte. Per questo ci siamo di nuovo rivolti alla Cassazione. A questo punto – continua Somenzi – abbiamo una motivazione in più. Oltre alla mancanza di una prova esaustiva sulla colpevolezza di don Walter c’è anche una violazione delle prescrizione da parte della Corte d’appello che ha disatteso la sentenza della Cassazione. Entro l’anno comunque dovremmo avere la risposta definitiva». Le violenze per le quali don Walter rischia di finire in carcere sono avvenute tra il 2004 e il 2006 su due giovani straniere (per una terza, di origine lituana, ieri mattina la Corte d’appello lo ha prosciolto): una russa e una romena ospiti della Casa di Ruth di Curtatone per un programma di recupero di cui era responsabile lo stesso sacerdote. Il processo di primo grado, celebratosi al tribunale di Mantova, si era concluso con la condanna a cinque anni di reclusione. In quell’occasione a confermare le pesanti accuse erano state anche una suora, direttrice della Casa di Ruth, e una psicologa. La Corte d’appello di Brescia aveva ulteriormente inasprito quella pena, portandola, nel gennaio dello scorso anno, a sette anni e mezzo. Poi il ricorso in Cassazione che aveva annullato quella condanna, rinviando gli atti a un’altra sezione della Corte d’appello di Brescia perché dimostrasse, con altre prove, l’esistenza di quel clima di intimidazione alla base delle violenze. Invece c’è stata un’altra condanna. E ora di nuovo la Cassazione.
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