La nuova rilevazione dell’Osservatorio della Rete L’ABUSO, pubblicata il 1° ottobre 2025, consegna una fotografia senza precedenti della violenza sessuale commessa da appartenenti al clero e dal relativo indotto in Italia: 1.250 casi complessivi, di cui 1.106 sacerdoti; 4.625 le vittime note, 4.451 delle quali minorenni.
Solo sui sacerdoti, l’incidenza stimata è del 3,57% (1.106 su 31.000 attivi), mentre il “sommerso” – i casi noti alla Chiesa ma mai denunciati all’autorità giudiziaria – isola 839 episodi su 1.106. Un dato che dialoga con 155 condanne definitive sul totale dei 1.250 casi mappati.
Dentro questo quadro nazionale, l’Emilia-Romagna conta 75 casi e 192 vittime prevalentemente minorenni; 71 sono sacerdoti, poi un catechista e tre laici. Le posizioni penali registrano 53 episodi nel sommerso, con poche denunce attive e 10 condanne definitive. È in questa cornice che la Romagna spicca per numerosità relativa.
Forlì-Cesena: il baricentro romagnolo
La provincia di Forlì-Cesena è la più colpita della Romagna: 10 casi censiti. Il dato, pur numericamente contenuto rispetto ai grandi hub regionali del Nord, pesa nel bilancio romagnolo e segnala catene di eventi spesso rimaste senza un approdo giudiziario. Nel quadro regionale, infatti, oltre due terzi dei procedimenti risultano “sommersi” o privi di esito pubblico, una dinamica che ostacola sia la giustizia sia la prevenzione.
Rimini e Ravenna: numeri vicini, stessa vulnerabilità
A Rimini e Ravenna il report conta 7 casi ciascuna. Anche qui il tratto comune è l’asimmetria tra il danno registrato e l’effettiva risposta giudiziaria: poche denunce formali, scarsi approdi a sentenza e un ricorso alla giustizia canonica che, secondo la rilevazione, non si traduce quasi mai in condanne note. È un pattern che ricalca il disegno regionale – 2 procedimenti canonici avviati, 3 mai avviati e nessuna condanna nota – e che suggerisce l’urgenza di strumenti di tutela più trasparenti, coordinati con l’autorità civile.
Il peso della Romagna nell’Emilia-Romagna
Sommando Forlì-Cesena (10), Rimini (7) e Ravenna (7), la Romagna raggiunge 24 casi, cioè quasi un terzo del totale regionale (75). Considerando che il report attribuisce all’Emilia-Romagna 192 vittime (di cui 185 minorenni), il contributo romagnolo diventa ancor più significativo in rapporto alla densità demografica e alla capillarità delle strutture ecclesiastiche sul territorio.
Cosa dicono i “macro-numeri” nazionali
I dati complessivi – 1.250 casi, 4.625 vittime, 3,57% di incidenza tra i sacerdoti attivi, 839 episodi nel sommerso – descrivono un fenomeno strutturale. Nelle regioni più popolose il volume cresce (la Lombardia guida con 174 casi), ma il tasso di sommerso resta elevato ovunque, segno che la trasparenza interna e l’obbligo di segnalazione non sono ancora prassi consolidate. In assenza di una commissione d’inchiesta statale – strumento adottato in diversi paesi europei – il report evidenzia come le stime italiane possano essere per difetto sul versante delle vittime.
Le falle del sistema: denuncia, prevenzione, risarcimenti
Il documento rimarca che, tra le 4.621-4.625 vittime citate nelle diverse sezioni, solo una risulta risarcita spontaneamente dalla Chiesa; quando arriva un indennizzo, proviene in prevalenza dalla giustizia italiana. Nel frattempo, il sostegno medico-psicologico appare lacunoso, mentre 22 strutture terapeutiche risultano attive per i sacerdoti, nessuna specificamente per i sopravvissuti da abusi. Il divario tra strumenti per gli autori e tutela delle vittime è uno dei punti dolenti messi nero su bianco.
Che cosa significa per la Romagna
Per Forlì-Cesena, Rimini e Ravenna i numeri non sono solo contabilità del passato. La quota di sommerso, il limitato ricorso a percorsi giudiziari e la quasi totale assenza di condanne canoniche note rendono urgente un’azione su tre livelli: obbligo effettivo di segnalazione all’autorità civile; rafforzamento dei servizi di supporto alle vittime; trasparenza degli esiti, inclusa la tracciabilità dei trasferimenti interni. La Romagna, proprio perché esprime una fetta importante del dato regionale, può diventare un laboratorio di pratiche migliori, dalla formazione nelle parrocchie alla collaborazione strutturata con centri antiviolenza e procure.
Un indicatore per misurare il cambiamento
Il confronto fra numero di casi e condanne definitive (10 in Emilia-Romagna su 75) suggerisce un indicatore semplice da monitorare: quota di procedimenti che arrivano a sentenza, tempi medi di definizione e accesso a misure riparative. Portare alla luce il sommerso non è solo questione statistica: significa consentire alle vittime di Romagna – e del Paese – di ottenere giustizia in tempi ragionevoli, e alle comunità di ricostruire fiducia su basi verificabili.
Metodologia – Il report copre l’arco 2000-2025, aggrega casi trattati direttamente dall’associazione e materiale documentale pubblico, con schede regionali e provinciali di dettaglio. I numeri citati nel pezzo provengono dal report alle sezioni “Dato censito dall’Osservatorio”, “Dettaglio integrale delle schede regionali” e “Conclusioni”.
Romagna, la mappa degli abusi nel clero: Forlì-Cesena in testa, seguono Rimini e Ravenna











