Perù, 27 aprile 2025 – Dalla metà del 2018, seguiamo da vicino gli abusi sessuali commessi da leader religiosi cattolici in Perù, in seguito al caso Sodalicio, denunciato dai giornalisti Pedro Salinas e Paola Ugaz attraverso la pubblicazione Metà monaci, metà soldati (Planeta, 2015).
Da allora, abbiamo osservato che la reazione della ormai defunta Società di vita apostolica di diritto pontificio, soppressa da papa Francesco, è stata quella di stigmatizzare e screditare i suoi denuncianti. Questo comportamento continua ancora oggi da parte di alcuni dei suoi ex membri, che aspirano a essere reintegrati o rifondati sotto un nome diverso da un futuro papa.
Queste campagne diffamatorie non sono più limitate ai giornalisti, alle vittime o alle istituzioni attiviste, ma sono ora dirette contro le autorità ecclesiastiche che hanno partecipato alle indagini o al processo decisionale precedente alla sua liquidazione.
Ad esempio, negli ultimi anni alcune persone hanno subito attacchi informatici e sono state vittime di sistematiche campagne ostili da parte di persone vicine al Sodalitium, attraverso gli stessi organi di informazione che ora “accusano” il cardinale Robert Prevost. Ciò è ampiamente documentato nel libro Sin noticias de dios (2022) di Pedro Salinas, legato alla nostra associazione.
A questo proposito, non possiamo trattenerci dal denunciare quello che consideriamo parte di un assedio deliberato basato su narrazioni inventate, volte a demonizzare i “nemici” del Sodalicio. Ci dispiace quindi che un’organizzazione che rispettiamo e ammiriamo, la SNAP, fondata da Barbara Blaine, sia inconsapevolmente caduta in un simile gioco.
Il ruolo svolto dal cardinale Prevost nella storia della caduta del Sodalicio è stato cruciale ed è narrato dettagliatamente nell’ultimo libro di Salinas, La verdad nos hizo libres (Dibattito, 2025), dove svela quella che è stata una vendetta contro una delle persone che hanno contribuito attivamente allo scioglimento del Sodalicio, mettendo al centro le vittime.
Nel caso di Padre James Ray, non fu Robert Prevost a consentirgli di risiedere nel convento agostiniano di St. John Stone, a Hyde Park, Chicago. Ad accoglierlo è stato il superiore locale, che tra l’altro aveva molta esperienza nel campo specifico delle persone con problemi psicologici, compresi i casi di abusatori sessuali.
È vero che la comunità non era informata della presenza di Padre Ray, ma egli fu sottoposto a un regime rigido per tutto il tempo (non ebbe mai accesso o contatto con i bambini durante il suo soggiorno lì) e a quel tempo, nel 1999, la pratica stabilita dalla Carta di Dallas del 2002 non era ancora in vigore.
Per quanto riguarda i casi accaduti in Perù, sono stati scoperti innumerevoli volte dai giornalisti che hanno seguito da vicino la vicenda. Si tratta di una vecchia denuncia, risalente alla fine del 2023, che accusava gravemente due sacerdoti predatori nell’arcidiocesi di Chiclayo. È stato dimostrato che la partecipazione di Prevost a questo caso è stata forzata per rovinare la sua immagine. Secondo informazioni comprovate, Prevost ha depositato le denunce nell’aprile 2022 e, in seguito a un’indagine della diocesi, Prevost stesso ha inviato il fascicolo al Dicastero per la Dottrina della Fede il 21 luglio dello stesso anno. Il caso è ancora lì e rimane aperto.
Ciò è dimostrato anche nel libro The Truth Set Us Free, pubblicato di recente. Le “accuse” contro Prevost sono state motivate da terze parti vicine al Sodalitium, e in particolare dall’ex Sodalita espulso dal Papa, Alejandro Bermúdez, oltre, ad esempio, a The Pillar, Infovaticana e, tra gli altri, Damian Thompson. La versione opposta, che si è rivelata quella vera, può essere trovata su media più specializzati, come il portale spagnolo Religión Digital (18/09/24) o il nordamericano Crux (20/09/24), tra molti altri.
Pedro Salinas, peruviano, giornalista e sopravvissuto al Sodalicio.
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