Il 19 settembre scorso cinque ex religiose che accusano di abusi Ivanka Hosta e Marko Rupnik hanno rivolto una lettera aperta al papa, diffusa dal nostro sito: un grido di indignazione e di disillusione di fronte al recente, unilaterale incontro del papa con l’attuale direttrice del Centro Aletti, Maria Campatelli – ma non con loro, che pure lo chiedono da anni – e al susseguente comunicato del Vicariato di Roma riguardante la visita canonica allo stesso Centro Aletti, conclusasi con una diagnosi di buona salute della comunità e con l’espressione di dubbi riguardanti la procedura che nel 2020 portò alla scomunica, poi misteriosamente ritirata, di Marko Rupnik.
La lettera al papa delle cinque ex religiose, che si sono esposte firmandosi con nome e cognome, ha fatto il giro del mondo ed è arrivata in Vaticano. La Pontificia Commissione Tutela Minorum, integrata alla sezione disciplinare del Dicastero per la Dottrina della Fede, ha alzato le antenne. Il papa è stato informato.
L’8 ottobre, la stessa Commissione ha contattato le vittime proponendo un incontro, non finalizzato a mettere in discussione le decisioni prese su Rupnik (che, lo ricordiamo, non è stato sottoposto a un secondo processo canonico perché i fatti esaminati erano caduti in prescrizione, ed è stato soltanto “dimesso” (espulso) dalla Compagnia di Gesù per disobbedienza ai provvedimenti disciplinari che gli erano stati comminati) quanto a una revisione procedurale del modo in cui le presunte vittime erano state trattate. L’incontro, al quale ha partecipato una di loro, si è svolto il 21 ottobre.
Il 26 ottobre la diocesi di Capodistria, in Slovenia, ha dato notizia ufficiale dell’incardinazione di Marko Rupnik nel suo clero, insistendo sull’innocenza dell’ex gesuita, in quanto non toccato da alcuna condanna.
Il 28 ottobre la Sala Stampa vaticana ha comunicato che il papa, ascoltata la Pontificia Commissione Tutela Minorum riguardo a «problemi nella gestione del caso di p. (sic) Marko Rupnik e la mancanza di vicinanza alle vittime (sic), ha chiesto al Dicastero per la Dottrina della Fede di esaminare il caso e ha deciso di derogare alla prescrizione per consentire lo svolgimento di un processo». Una decisione inattesa, che sembrerebbe (il condizionale è d’obbligo) ribaltare di 180 gradi la politica vaticana di protezione dell’ex gesuita cui finora si è assistito.
Italychurchtoo accoglie favorevolmente la decisione del papa: la deroga alla prescrizione è certamente la conditio sine qua non per chiarire le responsabilità di Rupnik e per disegnare un debito percorso di giustizia per le vittime.
Ma le parole non bastano.
Pur condividendo il cambio di postura rispetto alla questione,
- ci rattrista e ci pare paradossale che il papa, perché incalzato dal succedersi di eventi peraltro controversi, si renda conto solo ora della «mancanza di vicinanza alle vittime»;
- ci rattrista e ci pare paradossale che «ascoltare con attenzione e compassione coloro che soffrono, soprattutto coloro che si sentono emarginati dalla Chiesa» sia qualcosa che va «imparato dal Sinodo»;
sottolineiamo con forza come, a questo punto, ci si attenda che:
- la decisione del papa, che apre uno spiraglio di speranza per le vittime, sia in tempi brevi trasformata nella realtà di un processo canonico: un impegno non mantenuto sarebbe un altro, ennesimo abuso;
- ciò che riguarda l’istruzione, lo sviluppo e la conclusione del processo sia oggetto di comunicazione alle vittime e al pubblico, nel segno di una effettiva e reale trasparenza che consenta l’accertamento della verità;
- il processo canonico a Rupnik alla cui istruzione il papa si è impegnato non si trasformi in un processo alle vittime: la loro credibilità di donne adulte dovrà essere rispettata e tutelata; dovranno potersi avvalere di avvocati di loro scelta; essere informate debitamente sulle procedure e coinvolte direttamente; in caso contrario, non faranno che rivivere un ulteriore abuso;
- il processo canonico a Rupnik venga condotto in tempi rapidi e preluda a ulteriori procedimenti volti a far emergere le responsabilità di chi, nella catena di comando della gerarchia ecclesiastica, pur sapendo ha coperto e insabbiato;
- nella stessa dimensione di trasparenza, siano rese pubbliche in tempi brevi le conclusioni della visita apostolica alla Comunità Loyola di Ivanka Hosta.
Solo se questi requisiti minimali saranno rispettati si potrà pensare che la Chiesa istituzionale si trovi davvero sulla soglia di un nuovo e più concreto modo di affrontare gli abusi, rendendo verità e giustizia alle vittime e perseguendo i responsabili, senza più protezioni e coperture.
Roma, 30/10/23
Coordinamento Italychurchtoo
Per aderire scrivere a [email protected]
Adesioni in aggiornamento:
Michelangelo Ventura – Noi siamo chiesa
Giuseppina Perrucci – Noi siamo chiesa e socia di Azione Cattolica
Maurizio Portaluri – Manifesto4ottobre
Ludovica Eugenio – Adista
Emanuela Provera – ex numeraria Opus Dei
Fabrizia Raguso – psicologa, ex membro Comunità Loyola
Marzia Benazzi – Laboratorio Reinsurrezione
Cecilia Sgaravatto – Laboratorio Reinsurrezione
Clelia degli Esposti – Laboratorio Reinsurrezione
Doretta Baccarini – Laboratorio Reinsurrezione
Floriana Coppola – Laboratorio Reinsurrezione
Margherita Bani – Laboratorio Reinsurrezione
Paola Cavallari – Laboratorio Reinsurrezione
Paola Lazzarini – Laboratorio Reinsurrezione
Stefania Manganelli – Laboratorio Reinsurrezione
Francesco Zanardi – Rete L’abuso
Maria Armida Nicolaci – biblista
Caso Rupnik: ora i fatti, solo le parole non bastano. Comunicato stampa