Si è svolto questa mattina a Civitavecchia il processo nei confronti di don Ivan Leto, all’epoca dei fatti parroco della parrocchia di san Giordano Martire, rinviato a giudizio per diffamazione ai danni del Presidente della Rete L’ABUSO.
Il sacerdote aveva ospitato nel 2015 un prete, don Francesco Rutigliano, condannato dal santo uffizio per abusi sessuali a danno di minori, omettendo la cosa ai fedeli e lasciandolo a contato con minori. Fedeli che tuttavia si accorsero dei precedenti del sacerdote attraverso il sito della Rete L’ABUSO che ne documentava il caso.
Ad aggravare il tutto il fatto che la stessa vittima di don Francesco Rutiliano fuggita dalla Locride dopo gli abusi, si fosse rifatta una vita proprio a Civitavecchia, dove il prete che l’abusò, dopo la sospensione di cinque anni fu reintegrato.
Se pur don Leto dichiarò alla Rete L’ABUSO di non essere a conoscenza dei precedenti del collega, che fu costretto a lasciare la parrocchia, pubblicò falsità diffamanti a suo sostegno contro l’associazione e attraverso il sito della stessa diocesi dove affermava in totale malafede che Francesco Zanardi, presidente della Rete L’ABUSO, per quei fatti fosse stato raggiunto da un avviso di garanzia già notificato e un procedimento da parte del Garante, oltre il fatto che a suo dire, Zanardi non fosse nuovo ad azioni diffamatorie contro il clero. Notizia totalmente falsa.
Tuttavia i provvidenziali ritardi della giustizia italiana, se pur avesse ravvisato la diffamazione aggravata già su base documentale, hanno permesso che il reato si prescrivesse, sia per quanto riguarda il prete, sia per la Diocesi, di fatto responsabile della diffamazione a mezzo stampa.
Questa mattina il colpo di scena in aula, dove il difensore della Rete, l’avvocato Mario Caligiuri, non ha potuto che riscontrare purtroppo l’estinzione del reato a causa dell’intervento dei termini prescrittivi.
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