1° REPORT DEI SOPPRAVVISSUTI AGLI ABUSI SESSUALI DEL CLERO ITALIANO
– OSSERVATORIO PERMANENTE DELLA Rete L’ABUSO –
Relatore – Francesco Zanardi
Aggiornato al 1 FEBBRAIO 2023
I DATI
Il presente report è stato prodotto con i dati pervenuti all’Associazione Rete L’ABUSO ed è da considerarsi in difetto alla reale portata del fenomeno; l’arco temporale di riferimento è di circa 13 anni; le segnalazioni contenute nel documento sono raccolte direttamente dalle denunce delle presunte vittime; i dati si riferiscono unicamente a sacerdoti e non comprendono l’indotto (catechisti, educatori, animatori e laici in generale); tutti i casi conteggiati sono riconducibili unicamente ad abusi sessuali a danno di minori.
PREMETTE
Il presente report non ha l’obbiettivo di fornire dei numeri, ma insieme a questi fornire in assenza di dati governativi un quadro di consapevolezza più ampio, spiegando perché il problema endemico dei sacerdoti pedofili, in Italia sia particolarmente allarmante rispetto agli altri paesi, non solo nell’area dell’Unione Europea.
Per fare questo è necessario comprendere la chiave di lettura del “Principio” di “Interesse superiore del minore” dentro il quale stiamo agendo. Allora potremo poi paragonare la situazione italiana a quanto sta accadendo negli altri paesi, senza pregiudizi spesso imposti dalle molteplici opinioni.
INTRODUCE
La Convenzione sui diritti dell’infanzia rappresenta lo strumento normativo internazionale più importante e completo in materia di promozione e tutela dei diritti dell’infanzia. L’Italia la ratificherà il 27 maggio 1991 con la legge n.176 .
“La Convenzione, obbliga gli Stati che l’hanno ratificata a uniformare le norme di diritto interno a quelle della Convenzione e ad attuare tutti i provvedimenti necessari ad assistere i genitori e le istituzioni nell’adempimento dei loro obblighi nei confronti dei minori.
Secondo la definizione della Convenzione sono bambini e adolescenti gli individui di età inferiore ai 18 anni (art. 1), il cui interesse deve essere tenuto in primaria considerazione in ogni circostanza (art. 3).”
Entrando nel merito dei dati che esporremo di seguito quindi, se pur vero che molti casi risultano prescritti relativamente al fatto stesso del reo, tuttavia la Convenzione che l’Italia ha ratificato nel 1991, imponeva allora e impone prioritariamente, “nell’interesse superiore del minore(*)”, che si proceda con tutti gli sforzi possibili accertando la pericolosità sociale del presunto reo e l’entità delle eventuali vittime, provvedendo quando necessario, ad impedire che questo possa commettere altri crimini.
Quindi nel “Principio(*)” non è come spesso pensiamo, che se una persona è prescritta per questi reati venga meno “l’interesse superiore del minore”, casomai deve venire meno la prescrizione che di fatto è ostativa al raggiungimento dell’obbiettivo(*). È qui che lo Stato deve attuare tutti gli sforzi possibili per adeguare per esempio il termine prescrittivo, affinché si possa procedere verso l’obbiettivo(*).
Non come accade, negando il diritto alla giustizia a chi è diventato un sopravvissuto perché in 32 anni lo Stato non ha saputo o voluto adeguarsi a una Convenzione nella quale si impegna!
Ulteriore eccezione di cui non si può non tenere conto sono le peculiarità della patologia stessa, la consapevolezza specifica fornita dalla scienza medica e dalla letteratura in merito. Ad oggi non esiste terapia che garantisca la non pericolosità sociale di chi soffre di questa che non è una malattia, ma una grave devianza della personalità.
Si può tentare di contenere monitorando i soggetti, tuttavia, oltre l’alto tasso di recidività, questi restano comunque privi del controllo sufficiente e vanno intesi come socialmente pericolosi.
In questo senso le Nazioni Unite di Ginevra, nello specifico caso italiano il Comitato per la tutela dell’infanzia, il 28 febbraio 2019, dopo l’esamina quinquennale dell’Italia, entra espressamente nel contesto della pedofilia da parte dei membri del clero cattolico ed il suo indotto nel paese.
Raccomanda allo Stato membro partendo dalla Giustizia, senza nascondere un’evidente squilibrio tra il contesto laico e quello del clero. Nel testo il clero è infatti prevalente oggetto delle “preoccupazioni” del Comitato Garante dell’ONUG di Ginevra.
IN SINTESI
Dal 1991, pur essendosi impegnato nella stipula della Convenzione per i diritti dell’Infanzia, 32 anni dopo nei fatti, lo Stato membro non ha provveduto con sforzi apprezzabili nell’adeguamento(*) dei parametri oltre che richiesti dalla convenzione, basilari per buonsenso, come l’adeguamento della prescrizione, raddoppiata (ma insufficiente rispetto alla maturazione del trauma) solo per merito della ratifica della Convenzione di Lanzarote.
Quanto introdotto successivamente (come il certificato anti pedofilia) reso spesso vano dal Legislatore, quasi ad indicare al predatore la Free Zone.
L’Associazione (Sic.) rileva davvero un basso livello di indagini anche solo preventive(*). Quasi sistematicamente casi dove solo uno dei minori abusati denuncia fatti che l’A.G. poi conferma, se pur ci si trovi alla presenza di più minori, questa non procede con indagini nei confronti delle altre potenziali vittime, anche per un eventuale soccorso. Nella sostanza raramente procede d’ufficio.
Se pur ne approfitti legalmente e ometta sistematicamente la denuncia anche sotto l’aspetto morale all’Autorità civile, la chiesa spesso ha ragione quando afferma di avere fatto il suo. In Italia non ha né il potere legislativo, né quello esecutivo e meno ancora quello giudiziario. Si muove nei vuoti legislativi e nelle inadempienze dello Stato, non certo con la priorità dell’interesse superiore del minore.
Chiedo venia ma non si poteva esporre la forte preoccupazione dell’Associazione nei dati che arrivano dall’Osservatorio permanente, senza prima la chiave di lettura indispensabile per cogliere i numeri che andremmo ad esporre, che ora comprenderete nelle motivazioni e in tutta la loro gravità.
Per dare un’idea più concreta del fenomeno sul territorio abbiamo preferito suddividere i casi in base alle “regioni ecclesiastiche”, ogni una con l’elenco delle Diocesi sul rispettivo territorio (non per forza coinvolte).
Per dare un’idea più concreta del fenomeno sul territorio abbiamo preferito suddividere i casi in base alle “regioni ecclesiastiche”, ogni una con l’elenco delle Diocesi sul rispettivo territorio (non per forza coinvolte).
- L’elenco dei casi è diviso per quelli arrivati al terzo grado di giudizio, quindi con condanna definitiva.
- Quelli denunciati o con procedimento in corso (1° e il 2° grado), compresi quei procedimenti archiviati per l’intervento dei termini prescrittivi, rimasti per forza indiscussi sotto il profilo penale, che come sappiamo non ne prescrive la potenziale pericolosità che prevale nell'interesse superiore del minore..
- L’elenco dei casi acquisiti in 13 anni di presenza sul territorio italiano dall’Associazione, completamente anonimi rispetto ai precedenti in quanto prescritti e le presunte vittime hanno scelto di non procedere sotto il profilo pubblico, tuttavia come detto sopra, potenzialmente pericolosi.
Territorio; Arcidiocesi dell’Aquila, Diocesi di Avezzano, Diocesi di Sulmona-Valva, Arcidiocesi di Chieti-Vasto, Arcidiocesi di Lanciano-Ortona, Arcidiocesi di Pescara-Penne, Diocesi di Teramo-Atri, Arcidiocesi di Campobasso-Boiano, Diocesi di Isernia-Venafro, Diocesi di Termoli-Larino, Diocesi di Trivento,
Condannati 3°; 6
Denunciati; 3
Casi non pubblici; 1
Totale; 10
Territorio; Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, Arcidiocesi di Crotone-Santa Severina, Diocesi di Lamezia Terme, Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, Diocesi di Cassano all’Ionio, Arcidiocesi di Rossano-Cariati, Diocesi di San Marco Argentano-Scalea, Arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova, Diocesi di Locri-Gerace, Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, Eparchia di Lungro,
Condannati 3°; 5
Denunciati; 10
Casi non pubblici; 6
Totale; 21
Territorio; Arcidiocesi di Benevento, Diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia, Diocesi di Avellino, Diocesi di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti, Abbazia territoriale di Montevergine, Arcidiocesi di Sant’Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia, Arcidiocesi di Napoli, Diocesi di Acerra, Diocesi di Alife-Caiazzo,
Diocesi di Aversa, Arcidiocesi di Capua, Diocesi di Caserta, Diocesi di Ischia, Diocesi di Nola, Prelatura territoriale di Pompei, Diocesi di Pozzuoli, Diocesi di Sessa Aurunca, Arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, Diocesi di Teano-Calvi, Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno, Arcidiocesi di Amalfi-Cava de’ Tirreni, Abbazia territoriale della Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni, Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, Diocesi di Teggiano-Policastro, Diocesi di Vallo della Lucania,
Condannati 3°; 15
Denunciati; 14
Casi non pubblici; 5
Totale; 34
Territorio; Arcidiocesi di Bologna, Diocesi di Faenza-Modigliana, Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, Diocesi di Imola, Arcidiocesi di Modena-Nonantola, Diocesi di Carpi, Diocesi di Fidenza, Diocesi di Parma, Diocesi di Piacenza-Bobbio, Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, Arcidiocesi di Ravenna-Cervia, Diocesi di Cesena Sarsina, Diocesi di Forlì-Bertinoro, Diocesi di Rimini, Diocesi di San Marino-Montefeltro,
Condannati 3°; 10
Denunciati; 8
Casi non pubblici; 1
Totale; 19
Territorio; Diocesi di Roma, Sedi suburbicarie, Sede suburbicaria di Albano, Sede suburbicaria di Frascati, Sede suburbicaria di Ostia, Sede suburbicaria di Palestrina, Sede suburbicaria di Porto-Santa Rufina, Sede suburbicaria di Sabina-Poggio Mirteto, Sede suburbicaria di Velletri-Segni, Diocesi immediatamente soggette alla Santa Sede, Diocesi di Anagni-Alatri, Diocesi di Civita Castellana, Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia, Diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, Arcidiocesi di Gaeta, Abbazia territoriale di Santa Maria di Grottaferrata, Diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, Abbazia territoriale di Montecassino, Diocesi di Rieti, Diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, Abbazia territoriale di Subiaco, Diocesi di Tivoli, Diocesi di Viterbo,
Condannati 3°; 15
Denunciati; 10
Casi non pubblici; 5
Totale; 30
Territorio; Arcidiocesi di Ancona-Osimo, Diocesi di Fabriano-Matelica, Diocesi di Jesi, Prelatura territoriale di Loreto, Diocesi di Senigallia, Arcidiocesi di Fermo, Diocesi di Ascoli Piceno, Arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche, Diocesi di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, Diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, Arcidiocesi di Pesaro, Diocesi di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola, Arcidiocesi di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado,
Condannati 3°; 1
Denunciati; 3
Casi non pubblici; 1
Totale; 7
Territorio; Arcidiocesi di Torino, Diocesi di Acqui, Diocesi di Alba, Diocesi di Aosta, Diocesi di Asti, Diocesi di Cuneo, Diocesi di Fossano, Diocesi di Ivrea, Diocesi di Mondovì, Diocesi di Pinerolo, Diocesi di Saluzzo, Diocesi di Susa, Arcidiocesi di Vercelli, Diocesi di Alessandria, Diocesi di Biella, Diocesi di Casale Monferrato, Diocesi di Novara,
Condannati 3°; 15
Denunciati; 11
Casi non pubblici; 12
Totale; 38
Territorio; Arcidiocesi di Bari-Bitonto, Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, Diocesi di Andria, Diocesi di Conversano-Monopoli, Diocesi di Molfetta Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, Arcidiocesi di Foggia-Bovino, Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, Diocesi di Lucera-Troia, Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, Diocesi di San Severo, Arcidiocesi di Lecce, Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni, Diocesi di Nardò-Gallipoli, Arcidiocesi di Otranto, Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, Arcidiocesi di Taranto, Diocesi di Castellaneta, Diocesi di Oria,
Condannati 3°; 9
Denunciati; 9
Casi non pubblici; 7
Totale; 25
Territorio; Arcidiocesi di Cagliari, Diocesi di Iglesias, Diocesi di Lanusei, Diocesi di Nuoro, Arcidiocesi di Oristano, Diocesi di Ales-Terralba, Arcidiocesi di Sassari, Diocesi di Alghero-Bosa, Diocesi di Ozieri, Diocesi di Tempio-Ampurias,
Condannati 3°; 6
Denunciati; 2
Casi non pubblici; 4
Totale; 12
Territorio; Arcidiocesi di Agrigento, Diocesi di Caltanissetta, Diocesi di Piazza Armerina, Arcidiocesi di Catania, Diocesi di Acireale, Diocesi di Caltagirone, Arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, Diocesi di Nicosia, Diocesi di Patti, Arcidiocesi di Palermo, Diocesi di Cefalù, Diocesi di Mazara del Vallo, Arcidiocesi di Monreale, Diocesi di Trapani, Arcidiocesi di Siracusa, Diocesi di Noto, Diocesi di Ragusa, Eparchia di Piana degli Albanesi,
Condannati 3°; 17
Denunciati; 14
Casi non pubblici; 9
Totale; 40
Territorio; Arcidiocesi di Firenze, Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro,, Diocesi di Fiesole, Diocesi di Pistoia, Diocesi di Prato, Diocesi di San Miniato, Arcidiocesi di Pisa, Diocesi di Livorno, Diocesi di Massa Carrara-Pontremoli, Diocesi di Pescia, Diocesi di Volterra, Arcidiocesi di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino, Diocesi di Grosseto, Diocesi di Massa Marittima-Piombino, Diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza, Diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello, Arcidiocesi di Lucca, Abbazia territoriale di Monte Oliveto Maggiore,
Condannati 3°; 8
Denunciati; 12
Casi non pubblici; 6
Totale; 26
Territorio; Patriarcato di Venezia, Diocesi di Adria-Rovigo, Diocesi di Belluno-Feltre, Diocesi di Chioggia, Diocesi di Concordia-Pordenone, Diocesi di Padova, Diocesi di Treviso, Diocesi di Verona, Diocesi di Vicenza, Diocesi di Vittorio Veneto, Arcidiocesi di Gorizia, Diocesi di Trieste, Arcidiocesi di Trento, Diocesi di Bolzano-Bressanone, Arcidiocesi di Udine,
Condannati 3°; 10
Denunciati; 33
Casi non pubblici; 15
Totale; 58
Territorio; Arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve, Diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, Diocesi di Città di Castello, Diocesi di Foligno, Diocesi di Gubbio, Diocesi di Orvieto-Todi, Diocesi di Terni-Narni-Amelia, Arcidiocesi di Spoleto-Norcia,
Condannati 3°; 4
Denunciati; 3
Casi non pubblici; 1
Totale; 8
Comitato per i diritti dell’infanzia – 80° sezione – ITALIA
SFRUTTAMENTO E ABUSO SESSUALE
21- Accoglie favorevolmente il piano nazionale per la prevenzione e la lotta contro gli abusi e lo sfruttamento sessuale dei bambini 2015-2017 e la rivitalizzazione dell’Osservatorio per contrastare la pedofilia e la pornografia infantile,il Comitato è preoccupato per i numerosi casi di bambini vittime di abusi sessuali da parte di personale religioso della Chiesa Cattolica nel territorio dello Stato Membro e per il basso numero di indagini criminali e azioni penali da parte della magistratura italiana. Con riferimento alle sue precedenti raccomandazioni (CRC / C / ITA / CO / 3-4, par. 75) e al commento generale n. 13 (2011) sul diritto del bambino alla libertà e contro tutte le forme di violenza nei suoi confronti e prendendo atto dell’Obiettivo 16.2 per lo Sviluppo Sostenibile, il Comitato raccomanda all’Italia di:
(a) Adottare, con il coinvolgimento attivo dei bambini, un nuovo piano nazionale per prevenire e combattere l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei bambini e assicurarne l’uniforme implementazione su tutto il suo territorio e a tutti i livelli di governo;
(b) Istituire una commissione d’inchiesta indipendente e imparziale per esaminare tutti i casi di abuso sessuale di bambini da parte di personale religioso della Chiesa Cattolica;
(c) Garantire l’indagine trasparente ed efficace di tutti i casi di violenza sessuale presumibilmente commessi da personale religioso della Chiesa Cattolica, il perseguimento dei presunti autori, l’adeguata punizione penale di coloro che sono stati giudicati colpevoli, e il risarcimento e la riabilitazione delle vittime minorenni, comprese coloro che sono diventate adulte;
(d) Stabilire canali sensibili ai bambini, per i bambini e altri, per riferire sulle violenze subite;
(e) Proteggere i bambini da ulteriori abusi, tra l’altro assicurando che alle persone condannate per abuso di minori sia impedito e dissuaso il contatto con i bambini, in particolare a livello professionale;
(f) Intraprendere tutti gli sforzi nei confronti della Santa Sede per rimuovere gli ostacoli all’efficacia dei procedimenti penali contro il personale religioso della Chiesa Cattolica sospettato di violenza su minori, in particolare nei Patti Lateranensi rivisti nel 1985, per combattere l’impunità di tali atti;
(g) Rendere obbligatorio per tutti, anche per il personale religioso della Chiesa Cattolica, la segnalazione di qualsiasi caso di presunta violenza su minori alle autorità competenti dello Stato Membro;
(h) Modificare la legislazione che attua la Convenzione di Lanzarote in modo da garantire che non escluda il volontariato, compreso il personale religioso della Chiesa Cattolica, dai suoi strumenti di prevenzione e protezione.
Dal 2019 ad oggi l’Italia non ha ancora risposto e neppure ha istituito un tavolo per discutere il documento del Comitato, almeno per valutarne un’eventuale intervento in proposito.
La PREOCCUPAZIONE dell’Associazione per le CIFRE
Tra gli studi più accreditati oltre che specifici nell’ambito della pedofilia commessa da membri del clero, quello di Richard Sipe (già citato nel film Spotlight), che nelle conclusioni afferma, nel particolare ambito del clero, per le peculiarità omissive che lo caratterizzano, che un sacerdote possa produrre fino a 200 vittime nell’arco della propria vita.
Un numero decisamente imparagonabile al numero di vittime che può produrre nello stesso periodo un laico, che non gode di coperture.
Se prendiamo il dato della commissione francese CIASE, togliendo l’indotto laico e tenendo solo conto delle 216.000 vittime prodotte da 3.000 preti risultati pedofili e lo dividiamo, la media dei minori abusati è di 72 bambini per ogni sacerdote. Se poi in assenza di un dato governativo, per mera curiosità paragoniamo l’Italia alla popolazione del clero francese, ebbene, la Francia ha poco più di 1/3 della popolazione ecclesiastica dell’Italia. Il dato è facilmente deducibile.
La stessa Conferenza Episcopale italiana fornisce con il suo report del 17 novembre scorso, numeri notevoli, davvero preoccupanti che vale la pena di rivedere rapidamente:
Ad una prima lettura il dato della CEI appare ampio, si parla su un totale di 226 diocesi, 166 avrebbero attivato i c.d. sportelli diocesani (73,4%), i quali tuttavia si evince, tranne un’assistenza psicologica presente solo nel 12,3%, alcun programma o indennizzo ripartivo verso le vittime, cosa che invece dovrebbe essere al primo posto(*).
Troviamo invece 23 strutture di “ricovero” per i sacerdoti accusati o condannati, presso le quali la chiesa sostiene tra le contestazioni della comunità scentifica, di “curarli” prima di reinserirli nelle parrocchie. Come spiega Marco Ermes Luparia – Psicologo, Psicoterapeuta, Antropologo Prenatale e Diacono Permanente – “Noi siamo un’officina, non siamo uno sfasciacarrozze”.
Quella che chiamano prevenzione(*) invece, è ridotta a corsi, che se pur importanti ed autorevoli nulla prevengono. Soprattutto se quando i casi emergono, vengono insabbiati o comprato il silenzio con accordi col vincolo della riservatezza, e i sacerdoti trasferiti sistematicamente in un’altra parrocchia.
Il biennio analizzato dalla CEI è particolarmente illuminante nel contesto specifico del dato italiano. Il COVID proprio in quel biennio ha limitato moltissimo l’accesso agli uffici, tuttavia la CEI parla di 89 presunte vittime e 68 presunti autori. Non è noto sapere il riferimento geografico di appartenenza.
Se dividiamo per esempio i 3.000 sacerdoti francesi per i 70 anni della base dell’indagine CIASE, ogni anno in Francia ci sarebbero stati mediamente 43 sacerdoti oggetto di accuse. In Italia 34.
Il dato molto indicativo su cui vorrei soffermarmi, è che questi casi non provengono da 166 diocesi come potrebbe apparire ad una prima lettura del report, ma da soli 30 centri di ascolto, come chiaramente afferma il documento a pagina 2 (sintesi). Sono esclusi i dati provenienti dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, quelli della magistratura e i nostri.
Alla pagina successiva un altro dato importante che possiamo ricollegare alle raccomandazioni del Comitato.
Secondo il report della Cei, dei 68 presunti autori 30 sarebbero chierici che insieme ai 15 consacrati fa 45. Si legge che i laici (educatori, insegnanti di religione ecc.) sarebbero 23 dei 68, il 33,8%.
(21- G) Il Comitato raccomanda (prima già il Deputato Matteo Mantero) di estendere anche ai membri del clero l’anomala applicazione del certificato anti pedofilia (ratificato nel 2014 a seguito della Convenzione di Lanzarote) che in Italia lascia scoperto dall’esibirlo tutto il mondo del volontariato(*), al quale il clero fa parte, ignorando che anche il volontariato minorile laico è da sempre l’ambiente preferito dai pedofili.
Questo vuoto che vieta a chi pregiudicato a non poter lavorare con i minori (in quanto privo di certificato), con questa grave lacuna, lascia ai pedofili come unica alternativa il volontariato. Quasi a indicare dove poter predare.
Spesso i più scaltri cercano inserimento presso la chiesa e il suo indotto, la paura dell’istituzione per lo “scandalo” e la mancanza di trasparenza, in questo caso garantiscono l’omissione di denunce anche ai laici, tanto che sono citati dalla stessa Cei nel report, ma non risulta neppure per loro notizia di denuncia alle autorità civili.
A preoccupare più dei numeri esposti è la situazione italiana, 32 anni dopo la ratifica della Convenzione per i diritti dell’infanzia, le lacune in materia di prevenzione sono enormi, il sistema è tale da poterlo paragonare al un “cane che si morde la coda”;
- il certificato anti pedofilia è inutilizzabile in quanto vieta ai pregiudicati alcuni accessi, convogliandoli tuttavia in altri come il volontariato al quale il clero e il suo indotto appartengono;
- l’assenza dell’obbligo della denuncia rende il certificato inattendibile perché non si censisce il caso;
- la stessa prescrizione è ostativa sotto l’aspetto preventivo, in quanto in questa condizione vengono meno tutti gli accertamenti del caso, compresa la pericolosità del soggetto.
Il limitato accesso alla giustizia per le vittime, che in questo caso è giusto ricordare siano divenute tali spesso, per le lacune preventive dette sopra;
- la prescrizione non è in linea con il tempo di maturazione del trauma (la letteratura accreditata parla di 25 – 30 anni) che in questo caso ha una maturazione c.d. “spontanea” in quanto a differenza dei casi che vengono denunciati alle autorità, dove dietro la denuncia c’è una presa in carico della vittima, che viene aiutata nella maturazione dell’evento traumatico, nel caso di omissione invece, viene meno anche la presa in carico della vittima, che con gli anni maturerà l’origine delle sue problematiche riconducendole a quell’evento, che però oramai non potrà denunciare in quanto estinto per prescrizione.
- Anche quando non prescritti, i canali di accesso alla giustizia per le vittime sono poco accessibili.
- Tempi processuali biblici, spesso si arriva alla cassazione prescritti e qualora la vittima avesse avuto le risorse per gli accertamenti tecnici di cui sopra, non è detto riesca a recuperarle.
Se analizziamo le cifre (in difetto), senza utilizzare lo studio di Richard Sipe (200 minori in media a sacerdote), limitandoci ai dati reali della Francia (72 minori in media a sacerdote) il potenziale che producono i casi parziali del nostro report, è enorme oltre che incontrastato, 418 sacerdoti.
Parliamo di 29.960 vittime potenzialmente, se prendiamo la proiezione (agli atti del Comitato ONU già nel report del 2019) prodotta da Mark Vincent Healey, che sulla base delle commissioni di inchiesta prodotte dai Governi degli altri paesi (con dati in linea tra loro) stima il dato italiano, si parla di 750.000 vittime. Lo stesso Hans Zollner (membro della Pontificia commissione per la tutela dei minori) si domanda perché mai i dati dell’Italia non debbano essere in linea con quelli del resto degli paesi e, onestamente ce lo chiediamo anche noi.
Tuttavia basterebbe una commissione Governativa per scoprirlo.
Zanardi – Report finale
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