Luca Fazzo
Confermare la condanna a sei anni e quattro mesi per un comportamento che i giudici di primo grado non esitarono a definire “abominevole”: questa è la richiesta che la Procura generale di Milano ha presentato ieri nei confronti di don Mauro Galli, il sacerdote che nel 2011 quando era coadiutore della parrocchia di Rozzano si rese responsabile di una aggressione notturna a sfondo sessuale ai danni di un ragazzo di quindici anni. Oggi, come racconta ieri sua madre, a margine dell’udienza, quel ragazzo è diventato un uomo che cerca di dimenticare quella notte nel letto di don Galli. Ma non è facile.
Ieri, davanti alla prima sezione della Corte d’appello, la Procura generale ha chiesto la conferma integrale della condanna pronunciata nell’aprile 2018 dal tribunale presieduto dal giudice Ambrogio Moccia. Fu la conclusione di un processo attraversato da dubbi e polemiche: a partire da quelle sul ruolo della Curia milanese, compreso l’attuale arcivescovo Mario Delpini, e alle coperture assicurate a don Galli: al sacerdote venne concesso, quando i sospetti su di lui erano già a conoscenza dei vertici, di continuare a lavorare in un’altra parrocchia a contatto con dei minorenni, nella pastorale giovanile di Legnano, e i familiari vennero convinti a ritirare la denuncia contro di lui. Secondo una intercettazione, d’altronde, fu proprio Delpini a mettere sull’avviso il sacerdote dell’inchiesta in corso contro di lui.
E le coperture, si scopre ieri, non sono cessate. Secondo la versione ufficiale, don Galli – che non è mia stato arrestato – in questi anni si è di fatto ritirato dal sacerdozio attivo, mantenendo l’abito talare ma dedicandosi solo a una vita di studi. Invece i familiari della sua vittima ieri, a margine dell’udienza, affermano che “in realtà don Galli ci risulta che abbia continuato ad officiare”. Una accusa assai grave che fa il paio con le voci, mai ufficialmente confermate, secondo cui il processo canonico a carico del giovane prete si sarebbe concluso in primo grado con un nulla di fatto.
Lo stesso difensore dell’imputato, il professor Mario Zanchetti, ha dato atto di considerare ingiustificabile la scelta del prete di fare accomodare il ragazzo – che aveva accettato l’invito a trascorrere la notte in casa sua – nel proprio letto, anziché nella stanza degli ospiti. Per il resto la difesa ha cercato di convincere i giudici della inattendibilità delle parole della vittima quando ha sostenuto di essere stato circondato dal sacerdote con le braccia (“l’ho fatto per impedirgli di cadere dal letto”, è la versione di don Galli) e poi violentato. La Corte d’appello ha preso due settimane di tempo per valutare in profondità la vicenda, fissando al 5 luglio la nuova udienza per pronunciare la sentenza. Il processo si è tenuto a porte chiuse su richiesta della pubblica accusa, più preoccupata di tenere lontano il Covid a colpi di spray che di garantire il diritto di cronaca sull’incresciosa vicenda.
(trascrizione da Il Giornale del 23 giugno 2021)