Nessun elogio a papa Francesco, a mio avviso, ha fatto l’azione di trasparenza che avrebbe dovuto fare ai tempi Wojtyla, di questo gliene diamo certamente il merito.
Il Punto di Francesco Zanardi
Molti lamentano il fatto che il papa abbia si, aperto gli archivi, ma non inserito, l’obbligo della denuncia per i vescovi.
Ma spetta al papa farlo ? Soprattutto, sarebbe stato applicabile nel nostro ordinamento?
A nostro avviso no, proprio partendo dal principio di sovranità dello Stato, spetta allo Stato stesso intervenire per stabilire regole sul proprio territorio e per i propri cittadini. Come hanno fatto gli altri paesi industrializzati, Francia, Svizzera e via dicendo.
Mettiamo pure che il papa avesse anche inserito per i vescovi l’obbligo della denuncia, con le leggi attuali dello Stato italiano, troveremmo impossibile l’applicazione.
Per esempio; la legge prevede fino ai 14 anni la facoltà di avvio di procedimenti autonomi da parte dell’Autorità Giudiziaria, la quale però, nel caso di segnalazione di terzi (per esempio un vescovo, la stessa Rete L’ABUSO o altra associazione), a meno che questi non siano dei Pubblici Ufficiali, non ha l’obbligo, ma facoltà di intervenire d’ufficio e per esperienza personale, posso dirvi che raramente accade.
Dopo i 14 anni invece, necessita anche la querela di parte.
Ed è qui che si materializza il macroscopico vuoto italiano, che oggi, dopo la rimozione del segreto pontificio da parte di Bergoglio, emerge ancora più evidente come il maggior impedimento, che troppo spesso non permette alla vittima di accedere alla giustizia, perchè si trova sola, perchè non si tiene conto dell’età e della capacità di un bambino, di comprendere prima, che ha subito un reato, poi, di denunciarlo. Per questo motivo i minori vanno maggiormente assistiti.
A 15 anni dall’inizio dello scandalo italiano, malgrado le molteplici istanze fatte dall’Associazione, nelle quali si denunciano le gravi lacune del sistema e le inadempienze dello Strato italiano ( Interrogazione parlamentare – Diffida al Governo – Denuncia al Governo), l’ultima arrivata lo scorso febbraio dal Comitato per i diritti dell’infanzia delle Nazioni Unite, che espressamente chiede all’Italia di mettere mano al problema (par. 21), ad oggi, il Governo non ha ancora proferito parola in merito.
Ancor meno ha suscitato l’interesse di alcuna forza politica in Italia, tranne quello dell’allora Deputato, oggi Senatore Matteo Mantero, che nel 2017 depositò l’interrogazione parlamentare di cui sopra, che giace tutt’ora inevasa sul sito della Camera dei Deputati, vittima dell’assordante silenzio degli Onorevoli colleghi.
Ma perché l’apertura del Vaticano, ne esce penalizzata dallo Stato italiano e non concretizza giustizia per le vittime ?
Per comprendere, è il caso di spiegare perché noi tecnici distinguiamo nettamente la pedofilia, dalla pedofilia clericale, dettagli che chi non è dentro spesso ignora, ma nei fatti, oltre a confondere le idee al pubblico, portano la vittima a non potere o a non riuscire ad accedere alla giustizia civile, spesso ritrovandosi prescritta.
È importante capire che quando gli abusi sono commessi da un uomo di chiesa, si innesta una situazione che io definisco “eccezionale”.
Questo accade perché nei casi di religiosi pedofili – a differenza dei normali pedofili – abbiamo due tribunali giudicanti, con due diverse finalità.
Quello della chiesa, che si occupa del solo aspetto morale-religioso, che sana l’offesa a Dio, sulla base del sesto comandamento del decalogo, “non commettere atti impuri”.
Spesso si pensa erroneamente che tutto si possa risolvere con il solo rito del tribunale canonico, ignorando che invece, serve anche quello parallelo dello Stato per rendere giustizia, questa volta alla vittima, ed infliggere una pena al colpevole.
Per questo spesso si resta delusi dai soli processi canonici e dalle lievi pene inflitte dalla chiesa, perché ignoriamo la loro finalità, che non è quella di rendere giustizia alla vittima per il crimine subito, ma è quella di riparare il solo l’affronto a Dio. Per questo la pena per il sacerdote non va mai oltre la sospensione a divinis, nel peggiore dei casi la dimissione dallo stato clericale.
Viene da se che i due tribunali, convivendo parallelamente, debbano essere entrambi informati, in modo da poter procedere nel raggiungimento dei rispettivi obbiettivi.
La rimozione del segreto pontificio è un passo importante per la trasparenza della chiesa, che oggi si adegua agli altri stati, condividendo dati con la vittima e all’autorità giudiziaria, che finalmente potranno accedere agli atti.
Passo importante ma non risolutivo.
Ci sono infatti passi che vanno fatti anche da parte dell’Italia se non si vuole vanificare lo “strumento” offerto dal Vaticano.
Inserire l’obbligo della denuncia che citavo prima, è fondamentale e, già da se, permetterebbe un grosso salto di qualità nel garantire concreta giustizia alla vittima, oltre a un maggiore contrasto alla pedofilia clericale.
Per un fatto che definirei quasi “biologico”, la vittima di un reato, tendenzialmente denuncia nell’ambiente in cui lo subisce. In questi casi, indicativo il fatto che spesso si scopre che sacerdoti oggi chiamati a rispondere alla giustizia civile, in precedenza erano già stati giudicati per i medesimi reati dalla chiesa.
La chiesa, per il fatto “biologico” di cui parlavo prima e, aggiungerei in questo caso, anche per deformazione cattolica, resterà sempre il primo luogo dove la vittima andrà a denunciare, oggi ancor di più, anche grazie agli sportelli per le vittime che si stanno attivando in tutte le diocesi.
Ma manca il modo perché ne venga informata anche l’Autorità Giudiziaria, mancano i più basilari strumenti di prevenzione, come il certificato anti pedofilia, dalla cui esibizione il legislatore ha pensato bene di sollevare non solo i sacerdoti, ma l’intera categoria del volontariato, quella da sempre statisticamente più a rischio.
Ad oggi, in barba a tutti i trattati ratificati, il nostro paese resta l’unico tra quelli più industrializzati, a non avere ancora attuato una politica concreta ed efficace per la protezione dei suoi piccoli cittadini.
Un paese così arretrato che nel 2020 vive ancora episodi grotteschi, come quello avvenuto pochi mesi fa a Trentola Ducenta, dove una bimba di 11 anni, per essere creduta, si è trovata costretta a registrare col telefonino, le molestie del parroco.
Zanardi
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