Era già stato segnalato dalla Rete L’ABUSO alla Procura di Genova lo scorso ottobre, ma l’informativa era poco più di un’illazione, nata a seguito di una lettera anonima.
Oggi però, espletate le indagini che Francesco Zanardi, presidente della Rete, ha comunque voluto portare avanti, la situazione è notevolmente cambiata.
Ci sono prove, ammissioni, vittime e soprattutto l’ipotesi di omissioni gravi a danno della collettività, da parte della chiesa di Genova, che avrebbe permesso a don Francesco Castagneto, di continuare a commettere reati, dopo le denunce del 1998.
Nel corposo fascicolo prodotto dalla Rete, registrazioni ambientali di testimoni chiave che sembrerebbero ben al corrente dei fatti.
E’ lo stesso mons. Alberto Tanasini, oggi vescovo di Chiavari ma all’epoca incaricato dalla chiesa in questa indagine, quando a metà degli anni 90 rivestiva il ruolo di vicario della diocesi di Genova, il quale, di fronte ai dati da noi raccolti, non può che ammettere integralmente. Leggi il servizio di Ferruccio Sansa su IL FATTO QUOTIDIANO
Il fatto che la chiesa di Genova sapesse, e nulla abbia messo in atto per impedire che Francesco Castagneto continuasse a molestare dei giovani, tant’è che lo spostò da Sori a Genova, configura i reati di cui al secondo comma dell’articolo 40 del codice penale che recita “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di evitare, equivale a cagionarlo”.
Comportamento criminale ben diffuso nella chiesa cattolica, che a Savona, nel 2012 portò alla sbarra il vescovo di Savona, Dante Lafranconi, si salvò grazie alla prescrizione, che però in questo caso non sarebbe ancora intervenuta.
Riteniamo quindi che la diocesi genovese, retta oggi dall’ex presidente della CEI Angelo Bagnasco, che non è nuovo a insabbiare crimini, come nel caso di Carlos Buela, scoperto dalla Rete L’ABUSO a Di Negro (GE) nel 2017, possa essere responsabile di favoreggiamento personale (a seguito dell’attuale omissione di querela) oltre che di reato di omissione ai danni della collettività e delle potenziali vittime.
Zanardi
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