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GENOVA, QUEL PRETE DEVE SPARIRE

Redazione Web by Redazione Web
1 Dicembre 2019
in Liguria
Reading Time: 10 mins read
Home Liguria

di Ferruccio Sansa

Storia di don X. Uno scandalo celato che oggi riemerge. Un sacerdote accusato di molestie su ragazzi, mai denunciato. Il silenzio della Curia del cardinal Bagnasco. E un vescovo che dopo vent’anni ammette…

“Sono addolorato… per non aver dato credito alle parole di quei ragazzi che denunciavano di aver subito attenzioni da un sacerdote. Erano gli anni Novanta e non c’era la cultura, non ci si rendeva conto. Soltanto dopo abbiamo capito e… sono arrivate le direttive di papa Francesco. Oggi non succederebbe più, tutto è cambiato”. Parla il vescovo di Chiavari Alberto Tanasini, uno degli uomini più stimati della chiesa ligure. Quando questa storia comincia, a metà degli anni Novanta, era monsignore e vicario della diocesi di Genova. Sulla sua scrivania arrivò il fascicolo che conteneva la denuncia di un gruppo di educatori e ragazzi di un borgo della Riviera del Levante genovese. Raccontavano di comportamenti “non appropriati” da parte del parroco. Fu aperto un fascicolo. “Lo seguii io, con Nicolò Anselmi (oggi vescovo ausiliario del cardinale Angelo Bagnasco)”. A Sherlock risulta che in Curia furono convocati gli educatori e i ragazzi. Audizioni piene di dolore. Ad ascoltare anche monsignor Guido Marini, oggi maestro delle celebrazioni liturgiche pontifice. E cosa fu deciso? “Il parroco fu trasferito nella chiesa di Albaro, a Genova. Ma non per quello, fu un normale avvicendamento”.

Ora lo scandalo dimenticato si è riaperto, più di vent’anni dopo. Ci furono anche altri episodi segnalati? “Non lo so. So che i ragazzi di allora ci hanno ripensato. Hanno chiesto che la questione fosse affrontata di nuovo, hanno portato prove. E il cardinal Bagnasco ha deciso di allontanare subito il prete”. Parliamo anche di minori? “Eh… temo di sì. Ho avuto questa sensazione dal racconto della platea dei ragazzi coinvolti”. Il vescovo Tanasini parla a bassa voce, ma senza reticenze: “Stiamo facendo i passi necessari. È cambiato tutto in questi anni. Ma… ammetto… ci sono stati degli errori. Sono addolorato per non aver dato credito alle parole di quei ragazzi”.

Nessuno a Genova seppe dello scandalo. Il tempo sembrava aver cancellato ogni cosa, ma nei ragazzi di allora la ferita è ancora viva. Lacerante. Alcuni di loro ormai sono mariti, padri di famiglia, sono riusciti a ricostruirsi una vita. Altri no: “Abbiamo avuto l’esistenza segnata”. Così, come racconta Tanasini, qualcuno ha deciso di tornare in Curia per portare nuovi elementi, chiedere giustizia. Una storia che comincia dall’ultimo capitolo, nel luglio scorso. Quando il pentolone rimasto chiuso per decenni si scoperchia.

“Il parroco è sparito, all’improvviso. Nessuno sa dove sia andato”. È accaduto un giorno di mezza estate, quando Genova era schiacciata dal caldo, semivuota; figurarsi se ci si accorgeva di un prete che lascia la sua parrocchia. Però stavolta c’era qualcosa di strano, un addio precipitoso che ricordava altre fughe. Altre storie. Scandali di cui si sente sussurrare quella parola: “Sesso”. Poi la fessura viene rapidamente richiusa, invocando il “rispetto”. Si cerca di dimenticare. Non stavolta, però. Perché qualcuno ha cominciato a riferire di “rapporti non appropriati”. A raccontare di ragazzi – “almeno una decina”, sostiene chi c’era – che hanno visto la loro vita cambiare per sempre.

“È passata una macchina, e il don è salito con una valigia”, racconta Teresa, mentre sorseggia un caffè al bar, davanti alla chiesa di Albaro. Il prete lo chiameremo “don X” (ogni dettaglio è noto a Sherlock, ma abbiamo deciso di ometter anche i nomi delle parrocchie interessate per proteggere le vittime). E poi? “Niente, sparito nel nulla. Dopo vent’anni che era con noi… da fedele, ci sono rimasta male”. “Forse era per via del diabete”, azzarda Giorgia, che vende i suoi fiori nel chiosco accanto alla chiesa di Albaro, i Parioli di Genova. “Perché il nostro parroco non era vecchio… sessantasei anni… ma non stava tanto bene”. Walter, il portinaio del palazzo signorile che si affaccia su questa chiesa moderna e anonima, allarga le braccia: “Dicono che sia a Roma, che avesse bisogno di un periodo di riposo”. Una malattia, un esaurimento, chissà.

Dopo qualche giorno, ecco comparire il nuovo parroco. Ha preso a celebrare messa, a ricevere i fedeli: coe se nulla fosse accaduto.

Certi segreti alla fine emergono. Inesorabilmente. A settembre, all’associazione Rete L’Abuso – guidata da Francesco Zanardi, sempre in prima fila contro gli abusi sessuali dei sacerdoti – arriva una lettera anonima.

Vi comunichiamo che in questi giorni, nel caldo dell’estate, il prete don… è stato sollevato dall’incarico di parroco della chiesa di Albaro – dove era stato cappellano Bagnasco – per sospetti abusi sui giovani. Tanti giovani e tanto famiglie sono state distrutte nella loro crescita. Ora il prete è sotto processo ecclesiastico, ma la Chiesa lo nasconde.

Così Sherlock ha cominciato la ricerca di don X. Vana. Perfino quando ha chiesto di parlare con l’attuale parroco di Albaro per un’importante questione privata: “Il don è stato male”. Possiamo contattarlo? “No”. Restava una strada. Zanardi si è recato ad Albaro, si è presentato come “vittima di molestie” (vittima lo è davvero, seppure non in questo caso), e ha chiesto di parlare con il parroco. Sempre la stessa risposta: “Non c’è”. Ma alla fine Zanardi riesce a parlare con un sacrestano. Un colloquio a bassa voce, gli occhi che cercano intorno se qualcuno può sentire: “Ah… è una vittima anche lei… io non voglio sapere di queste faccende.. ma lei è di questa parrocchia, o di quella di Levante?”.

Poche parole, ma bastano per sollevare il coperchio, indicare una pista da seguire: c’è Albaro, ma c’è anche un’altra chiesa, in un borgo di pescatori a est di Genova. Albaro non è un quartiere qualunque. Qui vive la borghesia ricca genovese, professionisti, industriali e armatori. Tutti racchiusi in una manciata di strade e incroci, tra palazzi signorili e ville settecentesche nascoste oltre alti cancelli e siepi impenetrabili. Albaro conservatrice e cattolica anche quanto Genova era rossa. E la chiesa di don X ne è un simbolo: qui la domenica incontri molti nomi della Genova che conta. Qui per anni ha vissuto don Angelo Bagnasco. Era cappellano, anche se già occupava posti di rilievo nella Curia genovese. Finché nel 1998 fu nominato vescovo di Pesaro, poi arcivescovo militare, infine cardinale di Genova e presidente della Cei. Ma, proprio in questa chiesa di Albaro che gli è tanto cara, il percorso dell’attuale cardinale ha incrociato quello di don X: quando nel 1998 Bagnasco lasciava la parrocchia per assumere l’incarico di vescovo, don X diventava parroco.

Tra i vicoli del paese della Riviera, appena pronunci quel nome, la coperta del passato si solleva. E i ragazzi di allora cominciano a raccontare. “Se me lo ricordo? Quell’uomo, quegli anni, mi hanno scavato nella carne”, racconta Luigi, nome di fantasia. Oggi è un professionista affermato, ha una famiglia, ma quella pagina della sua vita non è riuscito a chiuderla: “Il don insegnava in una scuola superiore. Era un trascinatore, un uomo dai modi… avvolgenti… sapeva fare gruppo”, racconta Luigi e, senza che se ne accorga, la mani iniziano a tremargli. “Intorno alla parrocchia giravano oltre 150 ragazzi, in un paese di 4mila anime”. Eccola, una di quelle chiese liguri con la facciata color ocra, le barche di pescatori sul sagrato. “Chiese di Liguria come navi disposte a essere varate”, diceva il poeta Vincenzo Cardarelli. Ma in quella chiesa, accanto all’altare della Madonna della Guardia, succedeva anche altro.

“All’inizio abbiamo vissuto momenti belli, ma con gli anni l’atmosfera è diventata pesante. Quando ti trovavi da solo col don, lui di veniva vicino… Ti accarezzava”. Luigi si ferma un attimo, poi si lascia andare: “Una volta ricordo che mi ha detto: “Mi fai vedere in mezzo alle gambe…” M non mi faccia dire altro, non me la sento”. Luigi chiude gli occhi. Era riuscito a dire “no”. “C’è gente che ne è uscita devastata. Il don si era creato un gruppo di fedelissimi, gli oblati. Stava sempre con loro”. È Arturo a riferire altri dettagli: “Mi ricordo la confessione. Spesso ci portava in campagna, voleva che ci confessassimo così, da soli con lui nei prati. E dopo… ci chiedeva di abbandonarci, di lasciarci andare”. Arturo improvvisamente si chiude: “Nessuno deve sapere. Non ce la farei”. È la stessa risposta che arriva da altri ragazzi di allora. “Non si può capire… Non avevo detto niente ai miei genitori. Poi sono riuscito a sposarmi, ma ho il terrore che mia moglie e i miei figli lo sappiano”.

Raggiungiamo don X al telefono.

  • No, non c’è mai stata nessuna inchiesta sul mio conto.
  • Ce lo ha confermato un vescovo.
  • Io non ne son niente.
  • E i ragazzi che affermano di aver subito da lei approcci sessuali?
  • Non… non credo che possano dire una cosa simile.
  • Scusi padre, “sì” o “no”?
  • Giuro che non ho mai desiderato una cosa simile.
  • E i minori?
  • Questo assolutamente no, il solo pensiero mi fa orrore. Vi prego, abbiate cura per le persone: per me, ma anche per quei ragazzi che mi accusano… provo dolore per loro.

Eppure la bugna, come dicono qui, è scoppiata diverse volte. Siamo all’inizio degli anni ’90. In paese se ne parla, frasi smozzicate, allusioni. Don X, non si sa il motivo, viene trasferito in una parrocchia vicina, un paese sui primi crinali. Una manciata di case, nemmeno duecento abitanti, quasi tutti contadini. Ma il patto di affetto, di fedeltà tra don X e i suoi ragazzi non cede. Finché, intorno al 1996, nel gruppo arrivano due nuovi educatori che presentano una denuncia alle gerarchie ecclesiastiche. E la Curia si muove. Vengono sentiti i ragazzi che frequentano la parrocchia: “Fui convocato anch’io – racconta Luigi – ci fu un’indagine condotta da Tanasini. Io fui ascoltato da Guido Marini”.

È qui che si incrociano tre figure di primo piano della Curia, non soltanto genovese. Tanasini, che proprio in quel periodo viene nominato vescovo, è da sempre molto apprezzato a San Lorenzo, il duomo di Genova. Gli furono affiancati due giovani sacerdoti dal brillante avvenire. C’era Nicolò Anselmi, un sacerdote noto tra i ragazzi genovesi: prima l’impegno con gli scout, poi l’insegnamento di religione nei licei più in vista della città, quindi la Pastorale Giovanile. Anselmi, a 54 anni, nel 2015, diventa vescovo ausiliario di Bagnasco. Con lui c’era anche Guido Marini – nato nel 1965 e ordinato nel 1989 – che, già dagli esordi, come segretario del cardinale Giovanni Canestri, era parso destinato a fare strada. “Un uomo alto, sottile. Sempre gentile, umano. Certo un conservatore, molto attento alla liturgia”, senti dire tra le navate di San Lorenzo, la cattedrale che Marini frequenta da molti anni come cerimoniere dei cardinali Dionigi Tettamanzi e Tarcisio Bertone. È all’epoca di Benedetto XVI che Marini approda in Vaticano. Oggi è il cerimoniere di Bergoglio, accanto al quale spesso lo vedete mentre celebrano messa. “Non è un uomo di Francesco, ma il papa se lo è trovato lì”, raccontano in Vaticano.

Ti sei mai chiesto che significa leggere un giornale che non dipende da alcun partito o gruppo industriale? Che non deve cambiare una copertina o un titolo perché sgraditi all’editore o alla forza politica di riferimento? Che ha come unico padrone i propri lettori, ossia chi ogni settimana ci rinnova la fiducia in edicola oppure decidendo di abbonarsi? Significa poter conoscere e approfondire i fatti, senza aspetti tenuti all’oscuro oppure forzature. Significa discutere i grandi temi della sinistra dei nostri tempi, non quelli che interessano ad aziende e gruppi di potere. Significa avere la possibilità di sfogliare una rivista indipendente, prodotta da un editore puro, e non da asset finanziari con interessi prevalenti in altri settori rispetto a quello dell’informazione.  Per noi poter lavorare con le mani libere e la schiena dritta vuol dire molto. Left non riceve neppure finanziamenti pubblici: sei tu a decidere se la nostra esperienza deve proseguire, oppure no. Ma prima mettici alla prova. Sperimenta qual è la sensazione di leggere un giornale libero. Ti sei mai chiesto che significa leggere un giornale che non dipende da alcun partito o gruppo industriale? Che non deve cambiare una copertina o un titolo perché sgraditi all’editore o alla forza politica di riferimento? Che ha come unico padrone i propri lettori, ossia chi ogni settimana ci rinnova la fiducia in edicola oppure decidendo di abbonarsi? Significa poter conoscere e approfondire i fatti, senza aspetti tenuti all’oscuro oppure forzature. Significa discutere i grandi temi della sinistra dei nostri tempi, non quelli che interessano ad aziende e gruppi di potere. Significa avere la possibilità di sfogliare una rivista indipendente, prodotta da un editore puro, e non da asset finanziari con interessi prevalenti in altri settori rispetto a quello dell’informazione.  Per noi poter lavorare con le mani libere e la schiena dritta vuol dire molto. Left non riceve neppure finanziamenti pubblici: sei tu a decidere se la nostra esperienza deve proseguire, oppure no. Ma prima mettici alla prova. Sperimenta qual è la sensazione di leggere un giornale libero. Ti sei mai chiesto che significa leggere un giornale che non dipende da alcun partito o gruppo industriale? Che non deve cambiare una copertina o un titolo perché sgraditi all’editore o alla forza politica di riferimento? Che ha come unico padrone i propri lettori, ossia chi ogni settimana ci rinnova la fiducia in edicola oppure decidendo di abbonarsi? Significa poter conoscere e approfondire i fatti, senza aspetti tenuti all’oscuro oppure forzature. Significa discutere i grandi temi della sinistra dei nostri tempi, non quelli che interessano ad aziende e gruppi di potere. Significa avere la possibilità di sfogliare una rivista indipendente, prodotta da un editore puro, e non da asset finanziari con interessi prevalenti in altri settori rispetto a quello dell’informazione.  Per noi poter lavorare con le mani libere e la schiena dritta vuol dire molto. Left non riceve neppure finanziamenti pubblici: sei tu a decidere se la nostra esperienza deve proseguire, oppure no. Ma prima mettici alla prova. Sperimenta qual è la sensazione di leggere un giornale libero.
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Tanasini, Anselmi e Marini condussero l’inchiesta. E furono incontri dolorosi. Frasi smozzicate. Alla fine don X con molta discrezione venne trasferito in una parrocchia più importante, proprio quella di Albaro dove si ritrovano gruppi di giovani e scout. Don X divenne il sacerdote della Genova che conta. Interpellato dalle tv, quando in città arriva in visita il Papa.

Sulle cronache finisce soltanto nel luglio 2008, quando Repubblica titola: “Genova, senzatetto in parrocchia. Il prete lo vuole cacciare”. Già, perché sotto i portici davanti alla chiesa in quegli anni capitava di trovare un clochard con quattro cani. E la line di don X e dei suoi fedeli divide la città e la diocesi. “Nessuno di noi è mai riuscito a convincerlo a vivere in una casa, perché diceva che non voleva lasciare in cani”. Ma subito era arrivata la stilettata della Comunità di San Benedetto, allora guidata da don Andrea Gallo: “Evidentemente ad Albaro è più importante il decoro”.

Una storia piccola, forse, che però dipinge le due anime della chiesa di Genova. Da sempre divisa tra le gerarchie e i preti di strada, chiesa bianca e rossa. Qui sono stati cardinali Giuseppe Siri, più volte entrato in Conclave come papa, uscito sempre cardinale. Poi, in tempi più recenti, Tarcisio Bertone, che diventò segretario di Stato, e infine Angelo Bagnasco, per anni presidente della Cei. Ma sotto la Lanterna sono nate anche figure di preti contestatori come Gallo e, oggi, Paolo Farinella.

Ad Albaro nessuno era a conoscenza delle vicende che avevano accompagnato il trasferimento burrascoso di don X. “Molestie? Di che cosa sta parlando?”, sgrana gli occhi Matilde che sta portando il figlio adolescente all’incontro con gli amici. “Non ne so niente”, ammette uno dei responsabili degli scout di Genova Levante. Nessuna voce, almeno pubblica, sul comportamento di don X con i ragazzi della parrocchia. Qualcosa, però, è successo negli ultimi mesi. Così sarebbe stata avviata una nuova commissione d’inchiesta. Lo confermano alcuni dei ragazzi che già negli anni ’90 erano sfilati dolorosamente in Curia: “Ci hanno chiamato di nuovo cin sentiamo presi in giro”, sussurra un ex ragazzo di don X. Stavolta presenterete una denuncia alla autorità giudiziaria? “No, perché la questione è stata affrontata nelle sedi appropriate”. E quali? “La Chiesa. Hanno subito trasferito il sacerdote in un’altra regione”.

Nessuna denuncia è stata presentata alle autorità di polizia o alla Procura. Don X non è mai stato condannato, né indagato. Per la giustizia italiana non esiste.

Per la Chiesa ligure sarebbe stato un altro duro colpo dopo tanti scandali. A cominciare dalla storia di don Riccardo Seppia, il sacerdote di Sestri Ponente finito sui giornali perché condannato per tentativi di atti sessuali e offerta di stupefacenti a minorenni. E poi gli scandali di pedofilia che hanno toccato la Curia savonese. C’è Albenga, refugium peccatorum di sacerdoti coinvolti in scandali sessuali, dove papa Francesco anni fa commissariò il vescovo e decimò il seminario (su 11 studenti, ben 7 furono convinti ad abbandonare).

La chiesa ligure ha tremato più volte. Eppure c’era chi aveva cercato di metter in guardia la Curia.

“Il guaio è che ci sono sacerdoti che hanno avuto la vita affettiva di un bambino. Anche per questo si sentono vicini ai più piccoli, trovano quasi naturale comunicare con loro”, sospira don Farinella. E racconta di quando, “negli anni ’70, avevamo organizzato un corso di formazione mirata per i sacerdoti, insieme con don Luciano Cian, un salesiano psicologo di formazione a Genova noto e apprezzato. Parteciparono decine di sacerdoti, c’era l’ansia di capire, di parlarne. Non potete immaginare cosa venisse fuori da quegli incontri… Ma il cardinale Siri stroncò la nostra iniziativa”.

Sesso, ma anche polemiche  legate a una Chiesa che, da queste parti, ha avuto un ruolo di potere. Dalle operazioni immobiliari che si volevano compiere con beni della Chiesa a progetti di imprenditori vicini ad ambienti ecclesiastici, alle porte del monte di Portofino. Passando per il ruolo che la Chiesa ha avuto nella banca Carige, soprattutto ai tempi di Bertone (ma anche sotto Bagnasco suscitò polemiche quando la Regione Liguria – allora guidata dal centrosinistra – offrì alla Curia la poltrona che era riservata all’ente locale nella fondazione della banca).

Intanto mancano le vocazioni. Due anni fa nessun nuovo allievo si è presentato per entrare in seminario. In una città di seicentomila persone. E adesso arriva la storia di don X. Rimasta chiusa nei corridoi della Curia. Restano i ricordi dei ragazzi questo paese di Riviera. Le loro parole: “Impotenza”, “terrore per le donne”, “disperazione”. Non c’entra niente, giurano gli interessati, se tra i giovani di qui tempi c’era chi, entrato nel gruppo con la fidanzata, ne è uscito “scoprendo di essere omosessuale”. E non ha nessun legame con questa vicenda la triste storia di un giovane tossicodipendente che in quegli anni era stato ospite di don X, che lo aveva accolto per aiutarlo, e che finì per impiccarsi in un vicolo.

Tutto dimenticato. Sepolto. Come ancora chiede qualcuno degli interessati. “Vi prego, non tirate fuori questa storia. Ci sono troppi ragazzi che sono riusciti a rimuovere. Se fossero chiamati a parlarne, sarebbe un dolore troppo grande. Lasciateli in pace. La verità, qualunque essa sia, non è sempre un bene”. Restano le parole del vescovo Tanasini: “Oggi non succederebbe più. Da Ratzinger e ora, ancora più con Bergoglio, ci sono commissioni diocesane formate da laici che indagano. Ma rimane in noi il profondo rammarico. All’epoca ci sembrava assurdo che fosse successa una cosa tanto orribile…”

  • Continua … prossime puntate: I prescritti, Chi sapeva?, Spotlight, Grazie a Dio, L’omoeresia, Un giro per il mondo

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/12/01/genova-quel-prete-deve-sparire/5588314/

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