Secondo un’intervista a firma di Bruno Volpe pubblicata da La fede quotidiana monsignor Domenico Sigalini alla domanda “Cosa ne pensa della pedofilia nel clero” avrebbe risposto;
Nessuno buonismo e chi sbaglia paghi, ma anche per il sacerdote pedofilo non è pensabile una condanna a vita e per sempre. Non diciamo che l’ ergastolo è inumano? Io non sono affatto un protettore di preti pedofili, ma un vescovo prima di tutto è padre per il sacerdote e in caso di abusi io non devo denunciare. Ci deve pensare in prima battuta il genitore e solo dopo tocca al vescovo”.
Certo, contraddizioni a parte il pensiero di Sigalini è chiarissimo e sembra essere ben cosciente del fatto che il prete pedofilo anche se viene ridotto allo stato laicale continuerà ad abusare e noi siamo pienamente d’accordo con lui, lo è anche la comunità scientifica che paragona il profilo del pedofilo a quello del serial killer.
Tuttavia va anche detto che generalmente il maestro di ginnastica o l’allenatore di pallone vengono denunciati mentre i preti no, quelli vengono coperti dalla chiesa proprio come ha fatto un suo collega che evidentemente la pensava come lei, il cardinale Luis Ladaria Ferrer, promosso poche settimane fa da papa Francesco nuovo prefetto della Congregazione della dottrina della Fede. Ladaria è accusato di aver coperto il prete pedofilo don Gianni Trotta, ridotto in tutto silenzio dalla chiesa allo stato laicale e effettivamente, come dice lei, denunciato nei panni dell’allenatore di calcio.
Mi sfugge però quale sia la morale, forse che per denunciare i preti pedofili dobbiamo prima trasformarli in allenatori di calcio?
Sono pienamente d’accordo anche sul fatto che i preti pedofili non vadano ridotti allo stato laicale, d’altra parte la chiesa li copre ed è troppo comodo scaricarli solo quando su loro si posa l’attenzione della magistratura, è giusto che la chiesa continui ad assumersene anche l’onere, d’altra parte perché spretarli, stupravano i bambini, mica dicevano male la messa.
Siamo anche d’accordo sul fatto che non vadano condannati all’ergastolo, vanno curati e tenuti sotto controllo, magari evitando di reintegrarli nuovamente a contatto con minori come accade per esempio a don Paolo Turturro o a don Bruno Puleo e molti altri.
Siamo anche d’accordissimo sul fatto che la famiglia debba denunciare: sì ma la famiglia deve anche essere informata. Solitamente la famiglia affida i figli alle cure del clero ed è “tranquilla” sul fatto che “ci penseranno loro” ad affrontare tutto bene.
Come la mettiamo quando capita che un vescovo zitto zitto invece sposta il prete ma non avvisa la famiglia in modo che possano denunciarlo?
In questo caso anche il vescovo che insabbia deve pagare?
Lei stesso dice che dopo la denuncia della famiglia segue quella del vescovo, quanti di voi hanno denunciato in questi anni?
L’ultimo dubbio, quando dice che “un vescovo prima di tutto è padre per il sacerdote” se poi abbandona così le vittime però, che cosa è per loro?
Una di quelle madri… poco raccomandabili?
Francesco Zanardi
Portavoce della Rete L’ABUSO
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