Abbiamo tutti appreso dalle cronache che tra il 1945 e gli inizi degli anni ‘90 sono almeno 547 i bambini abusati nel coro del Duomo di Ratisbona, il più antico coro di voci bianche del mondo, diretto per trent’anni dal fratello del papa emerito Benedetto XVI, Georg Ratzinger.
A fornire il dato sconcertante è stato l’avvocato Ulrich Weber, incaricato dalla Chiesa di far luce sull’ennesimo scandalo che pone seri dubbi sull’attendibilità morale delle autorità religiose. In un documento, egli afferma che, in quel lungo periodo, bambini e ragazzi subirono numerose violenze corporali e ben 67 violenze sessuali. L’indagine ha permesso di identificare 49 responsabili, che, tuttavia, non saranno passibili di processo, essendo, i reati, prescritti. Weber aveva già riferito, in un precedente rapporto del 2016, di 231 casi di abusi e maltrattamenti, con stupri, percosse e privazione del cibo.
Nel rapporto del legale si attribuisce all’ex direttore del coro, Georg Ratzinger, delle corresponsabilità. In pratica, gli viene rinfacciato di aver fatto finta di non vedere, e di non essere intervenuto nonostante fosse al corrente di tutto quanto succedeva. Per decenni, secondo il rapporto, vigeva un “sistema della paura” e una “atmosfera infernale” che proibiva ai bambini del coro tedesco di ribellarsi alle violenze.
“Le vittime – si legge nel rapporto sulla vicenda – hanno descritto i loro anni di scuola come una prigione, come l’inferno e come un campo di concentramento. Molti si ricordano di quegli anni come il periodo peggiore della loro vita, caratterizzato da paura e violenza”.
Al di là di ogni atteggiamento di rabbia e ripugnanza, ci si potrebbe domandare come mai la Chiesa non abbia mai chiarito perché fare il prete non impedisca, o perlomeno non attenui queste sciolte e raccapriccianti tendenze che, sia ben chiaro, sono da considerarsi veri e propri crimini e non peccatucci di ordine veniale. Coloro che celebrano la verità divina e si proclamano difensori di inconsapevoli embrioni e di vite ridotte all’insopportabile stato di sofferenza, sempre pronti a moralizzare su tutto e tutti, dovrebbero adottare un comportamento esemplare, dare esempio di rettitudine e dimostrare quantomeno un minimo di coerenza con quello che vanno predicando. A quanto pare, così non è.
Dunque, perché tanti preti diventano pedofili? La risposta, che deve provenire necessariamente da specialisti del settore, attrezzati per indagare un processo psichico, si fa attendere da ormai, troppo tempo. Tra i motivi, si tenderebbe a escludere il celibato forzato, giacché se una tale condizione diventasse insopportabile per il religioso, potrebbe sempre rifugiarsi nella sessualità adulta, più o meno clandestina, naturalmente. Una cosa è certa: il prete pedofilo ha dei grossi conflitti da risolvere con la propria identità e la propria sessualità, e dovrebbe, pertanto, essere valutato come un qualsiasi individuo psichicamente problematico e finanche socialmente pericoloso, laddove esistano i presupposti scientifici per decretarne la dannosità.
La pedofilia è, comunque, un fenomeno estremamente complesso, oltre che diffuso. Pertanto, da indagare e debellare quanto più è possibile. Resta sintomatico come in molti episodi riportati dalle cronache, si nota che i preti pedofili, in generale, non si curino di nascondere particolarmente i propri perversi comportamenti, come se nel loro delirio di onnipotenza prediligessero contare sulla paura e l’omertà delle proprie vittime.
Vi è una cosa che, più di tutte, non comprendo, però. Perché mai i preti pedofili, una volta scoperti, non vengono mai espulsi dalla Chiesa e non si vieta loro il sacerdozio, a differenza dei preti colti in flagranza nella relazione con una donna? Quale meccanismo di giudizio si scatena in questi casi? Se il prete va con una donna, lo si condanna perché va col diavolo, se, invece, abusa di un bambino esprime un significato cattolico che ai laici e agli atei non è dato riconoscere?
http://www.lettera43.it/it/blog/larco-di-ulisse/2017/07/20/perche-tanti-preti-sono-pedofili/4834/
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