Dopo aver scontato la pena in carcere doveva essere sospeso ma la città di Palermo è divisa sul caso del sacerdote e si aspetta una posizione chiarificatrice dell’arcivescovo che sta esaminando la questione sulla quale dovrà rispondere al Papa
Don Turturro è un caso difficile da risolvere per la curia di Palermo, o almeno delicato, non tanto perché questo sacerdote,noto per le sue lotte antimafia è finito in carcere per abusi sessuali nei confronti di almeno due minori, quanto piuttosto perché il suo caso continua a dividere la città tra innocentisti e colpevolisti. E perché dopo l’anno e mezzo trascorso all’Ucciardone, uscito di galera don Turturro ha ripreso a dire messa facendo pensare che nessun provvedimento canonico sia stato preso nei suoi confronti. Ciò ha scandalizzato quanti pensano incredibile la lentezza di intervento dell’autorità ecclesiastica nell’applicare le nuove norme di Papa Francesco che nei confronti dei preti pedofili e dei vescovi che li coprono chiede di applicare la tolleranza zero.
In realtà dicono gli avversari di don Turturro il prete doveva , come minimo, già da tempo essere stato sospeso a divinis mentre, invece, ha continuato indisturbato a celebrare anche dopo la sentenza della Cassazione che confermava la sua colpevolezza. Oppure per don Turturro le norme ordinarie non contano e nel suo caso si può prevedere un’eccezione? I suoi sostenitori pensano proprio questo: la condanna è ingiusta perché colpisce un innocente con l’accusa di un crimine odioso. Si tratterebbeinsomma di un bel capolavoro mafioso per screditare la credibilità del prete che ha tuonato sempre dal pulpito contro la malavita dalla sua parrocchia proprio di rimpetto al carcere Ucciardone. I mafiosi non potevano sopportare più a lungo il lavoro di redenzione sociale portato avanti da don Turturro e farlo accusare di pedofilia da qualche ragazzino non è stata impresa difficile.
Al di là di questi sentimenti polarizzati dei palermitani, Tiscali.it ha cercato di saperne di più soprattutto dall’autorità che può fare chiarezza su un sacerdote riconosciuto colpevole di pedofilia. Ma dalla curia palermitana, guidata da poco meno di due anni dall’arcivescovo Corrado Lorefice, ritenuto da tutti un pastore sulla linea di Papa Francesco, si sono chiusi nel massimo riserbo e l’unica cosa certa è stata la conferma che l’arcivescovo sta studiando il caso prima di dire la sua. Nessun altro particolare ufficiale o ufficioso.
Tante le domande che l’opinione pubblica si pone: don Turturro viene considerato dalla Chiesa colpevole o innocente? Può l’istituzione ecclesiastica ignorare una sentenza di Cassazione senza prenderne atto e comportarsi di conseguenza? C’è stato un procedimento canonico nei confronti del prete e con quale esito? Lasciare che don Turturro possa celebrare indisturbato dopo aver scontato il carcere non è ignorare le disposizioni del papa in materia di pedofilia del clero? La curia durante il precedente governo del cardinale Romeo, predecessore di Lorefice aveva fondati motivi di ritenere innocente don Turturro, contro ogni evidenza giudiziaria e, quindi, obbligata a difendere un innocente accusato ingiustamente?
Anche alla luce di scandali di pedofilia che vengono continuamente alla luce questi giorni come la storia dei Piccoli cantori del Coro di Ratisbona dove almeno 57 sono stati i ragazzi abusati da ecclesiastici senza che chi sapeva reagisse, o come la delicata questione del cardinale australiano Pell che Francesco ha rinviato in patria a difendersi nel processo che sta per iniziare, l’attesa della pubblica opinione su quanto l’arcivescovo di Palermo potrà decidere circa la posizione canonica di don Turturro, diventa febbrile. Tanto più che ora si punta ad applicare sollecitamente la normativa che controlla l’azione dei vescovi nei confronti del clero accusato di pedofilia.
Dal mese di giugno dello scorso anno è in vigore una norma secondo la quale i vescovi che coprono i preti pedofili saranno rimossi. Con un documento intitolato “Come una madre amorevole”, Bergoglio ha stabilito che da quella data in poi i casi di negligenza saranno esaminati dalle 4 congregazioni competenti (Vescovi, Evangelizzazione dei popoli, Chiese Orientali e Istituti di vita consacrata) e poi la decisione finale sulla rimozione del vescovo sarà presa dal Papa che sarà assistito da un apposito Collegio di giuristi costituito da cardinali e vescovi. Esisteva già il canone 193, dal 1983, ovvero da quando san Giovanni Paolo II riformò e approvò la legge della Chiesa cattolica tuttora in vigore. Ma evidentemente la norma non veniva applicata.
In un primo tempo Francesco, insieme al Consiglio di cardinali che lo assiste nel governo della Chiesa e nella riforma della Curia romana, il cosiddetto “C9”, aveva ipotizzato di istituire una nuova sezione giudiziaria, all’interno della Congregazione per la dottrina della fede, per processare i presuli che vengono denunciati per abuso d’ufficio episcopale per casi di violenza sessuale dei loro preti su minori. Ma alla fine la scelta è stata quella di fare in modo che la legge già in vigore fosse applicata con rigore. A questo punto il futuro di don Turturro dipende dall’arcivescovo.
http://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/prete-anmafia-condannato-pedofilia-rivolta-fedeli/
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