Sante Sguotti
Prete pedofilo si diventa
(Pedofilia e celibato nella Chiesa di papa Francesco)
Lazisa, Palermo, 2015, pagine 221, euro 16,00
L’autore afferma che la morale cattolica obbliga il prete, per necessità, all’ipocrisia e alla doppia vita: quella di facciata e quella intima e privata. Il sacerdote è educato, fin dai seminari minori, a dimostrare ciò che è insostenibile, specie in materia di sessualità. Quasi nessuno protesta ma, poi, preti e laici fanno quel che pare loro, inventandosi le più curiose giustificazioni, perfino teologiche.
Il sistema formativo del prete nei seminari è criticato in quanto pieno di storture: “Ragionevolmente si può solo supporre che è proprio quel sistema a generare preti pedofili”.
Le diocesi boicottano tutti i processi contro i preti pedofili: i vescovi mentono nei tribunali, gli archivi diocesani negano i documenti a giudici e giornalisti, oscure pressioni dietro le quinte condizionano la magistratura. L’autore ipotizza l’esistenza di un’associazione a delinquere volta all’occultamento dei reati sessuali clericali. La verità è che la Chiesa propone condanne solo di facciata ma nella sostanza mantiene tutto immutato: inoltre, grazie al concordato clerico-fascista del 1929 ed a quello craxiano del 1984, “l’eventuale richiesta di risarcimento non può essere accollata alla curia. È quindi sufficiente che il prete si dichiari nullatenente e la vittima si dovrà far carico di tutte le spese anche in caso di vittoria legale”.
Il testo ha anche qualche ottimo spunto di satira anticlericale: i vescovi che dovrebbero sorvegliare i preti pedofili pentiti sono paragonati a “delle volpi messe a guardia di altre volpi perché non vadano nottetempo a rubare i polli nei vicini pollai”. I guasti psicologici dell’educazione religiosa bigotta e integralista sono statisticamente confermati nel paragrafo intitolato “I dati americani”.
Infine il testo presenta vari riferimenti a suicidi o tentati suicidi indotti dai preti pedofili alle loro vittime: “alcuni si sono suicidati”, a Ratisbona in un istituto religioso “il compagno di classe Jo provò a togliersi la vita tra il 1965 e il 1966”, una delle vittime del pluripregiudicato prete genovese don Seppia fu intercettato dai carabinieri mentre diceva al telefono “se non la smette mi uccido”.
Pierino Marazzani, settembre 2015