Una mamma fa scattare le indagini: si esibivano nell’area lavandini dei bagni. Hanno tra i 20 e i 74 anni. Tra loro dipendenti pubblici e un sacerdote
di Piero Rauber
TRIESTE La verità sfuggente dentro il Giardino pubblico, tanto insospettabile quanto agghiacciante, come in un film di Dario Argento, era sotto gli occhi di tutti. Delle forze dell’ordine, che hanno un presidio al piano di sopra, e soprattutto delle mamme e dei bambini che frequentano abitualmente il vicino parco giochi, specie d’estate che le scuole sono chiuse. Ed è stata proprio una mamma, un mese e mezzo fa, a vederci bene per prima. «Facevano cose disgustose lì dentro», ha raccontato ai vigili urbani del Terzo distretto cittadino che ha sede giusto al piano di sopra. Al che è scattata una serie di indagini, a cura del Nucleo di polizia giudiziaria della stessa municipale, che ha scoperchiato un vaso di pandora, facendo venire a galla un fenomeno che, per lo meno nelle dimensioni, non poteva essere neanche minimamente immaginato.
La verità ora non più sfuggente, in effetti, è che cinquantuno uomini dai 20 a 74 anni tra cui alcuni dipendenti pubblici e un sacerdote – ieri pomeriggio se n’è aggiunto l’ultimo che è stato beccato prima che la notizia diventasse di dominio pubblico – sono stati denunciati per atti osceni aggravati in luogo pubblico dopo essere stati sorpresi, e inchiodati con prove inequivocabili per immagini, a fare sesso a coppie o a esibirsi individualmente nei bagni al piano terra della palazzina di servizio del Giardino pubblico “De Tommasini” di via Giulia.
Non chiusi a chiave dietro le porte dei wc, bensì nei paraggi dei lavandini esterni, in una zona aperta a tutti, dove l’accesso e il transito sono assolutamente liberi. Là dove un qualsiasi cittadino – e il pensiero va innanzitutto ai tanti bimbi, ragazzini e adolescenti che frequentano il giardino e il parco giochi al suo interno – può passare e deve avere il diritto di poterlo fare senza imbattersi suo malgrado in scene a sfondo esplicitamente sessuale.
Una mezza estate insomma di “approfondimenti” mirati, delegati dalla Procura della Repubblica di Trieste diretta da Carlo Mastelloni al Nucleo “speciale” di investigatori degli stessi vigili urbani, ha detto purtroppo che i bagni del Giardino pubblico di via Giulia non erano teatro di fugaci e isolate performance di qualche vecchietto “bavoso”, come volevano le leggende della zona (e se qualcuno, per inciso, da ieri ironizza sui social che tanto era una cosa che si sapeva e che solo la Polizia locale non se n’era accorta, meglio allora avrebbe fatto a denunciarlo prima anziché sentenziare ora).
I bagni, stando alle indagini, erano diventati una vera centrale d’incontri “per” e “tra” soli uomini a caccia a tutti i costi di un mix di trasgressioni tali da poterne scatenare l’eccitazione. Dall’idea che la si combinava in barba a chi lavorava tre metri sopra, al piano superiore, ovvero agli agenti della stessa Polizia locale, fino a quella di esibirsi evidentemente alla faccia di mamme e bambini. Emozioni forti. E soprattutto deviate, figlie «della stessa passione malata», come recitava ieri il comunicato stampa diffuso dal Comune (quello della municipale è d’altronde il corpo di polizia del Comune), un comunicato stampa fattosi pubblico soltanto dopo il nulla osta del procuratore capo Mastelloni e senza poi molti particolari, tutti per ora coperti dal massimo riserbo investigativo, comprese ovviamente le identità dei denunciati nonché quella del sostituto procuratore titolare del fascicolo d’indagine, ad oggi ignoto. Si sa solo che non si tratta del pm Matteo Tripani, il magistrato di turno in questi giorni, poiché l’indagine parte più da lontano, più o meno dai primi di luglio.
Tra i dettagli resi noti per intanto è che, come si diceva, i denunciati sono tutti ed esclusivamente uomini, di ogni generazione fra quelle giuridicamente maggiorenni e per questo pienamente “comparibili” davanti alla legge, tra i 20 e i 74 anni, per un’età media attorno ai 52.
Lo spettro generazionale è ampio, meno lo è quello etnico: i 51 esibizionisti sono infatti per lo più triestini o come minimo residenti qui da molti anni e pertanto considerabili di buon grado triestini acquisiti. Due di loro hanno precedenti per lo stesso reato, uno è una “vecchia conoscenza” delle nostre cronache cittadine (quel Fabio Buosi unico condannato per il misterioso omicidio del tassista Bruno Giraldi del 2003).
Gran parte sono pensionati. Vi compare pure qualche dipendente pubblico. Alcuni poi sono sposati. Tra loro, infine, c’è anche un religioso.
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2015/08/14/news/trieste-sesso-gay-davanti-ai-bambini-51-denunciati-1.11933685
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