Non che si voglia essere critici su quanto il Papa stia cercando di fare a livello canonico in materia di pedofilia, ma è sufficiente ?
Va intanto detto che la massima pena che un tribunale canonico può infliggere è la riduzione allo stato laicale, la scomunica. Come vediamo però viene usata solo in casi che sono balzati all’onore delle cronache, come ad esempio il caso di don Mauro Inzoli.
Il più delle volte viene invece applicata la sospensione a divinis, che altro non è che una sospensione temporanea dal sacerdozio, giusto il tempo di redimersi dai peccati per poi ritornare a fare il sacerdote, magari in un posto lontano dal precedente.
Manca però sempre un passaggio di fondamentale importanza, la denuncia e la collaborazione con la giustizia civile. Nel caso di don Inzoli che accennavamo prima per esempio, malgrado la riduzione allo stato laicale, il Vaticano ha negato alla magistratura la rogatoria per ottenere i documenti che avrebbero potuto costringere don Inzoli, non solo ad un processo civile, ma anche a risarcire le vittime, le quali avrebbero magari potuto affrontare un percorso terapeutico.
Stessa cosa è accaduta con Jòsef Wesolowski, anche lui sottratto dal paese che lo avrebbe dovuto giudicare e rifugiato in Vaticano. Per lui è stata chiesta l’estradizione, ma il Vaticano l’ha negata.
Come vediamo i casi trattati dal Vaticano producono sempre una sorta di impunità per i pedofili e per i loro protettori, mentre quando i casi vengono trattati dalla giustizia civile, si arriva spesso ad una condanna e a un risarcimento del danno alla vittima. Questa disparità nel risultato è spesso dovuta anche al fatto che per la chiesa la pedofilia è un peccato morale e quindi non si va a vedere il danno subito dalla vittima, ma si guarda la vergogna per l’istituzione. Per la magistratura invece è un reato penale, un reato contro la persona e non solo va punito ma va anche risarcito.
Per questo che le associazioni delle vittime in tutto il mondo, non danno particolare rilevanza alle varie commissioni e ai vari tribunali istituiti dal Vaticano, non per mancanza di rispetto, ma perché insufficienti ad affrontare civilmente il problema.
Una forma efficace e funzionale al fine di fare giustizia, sarebbe anziché il tribunale Vaticano per i vescovi, l’obbligo di denuncia per i vescovi all’autorità civili e anche a quella religiosa. Il solo procedimento canonico non tutela le vittime e le potenziali nuove vittime dal pedofilo, perché senza denuncia all’autorità civile il pedofilo resta libero. L’unica differenza è che non è più un pedofilo che di mestiere fa il sacerdote.
L’unica strada accettabile quindi resta sempre quella della denuncia all’autorità giudiziaria del paese dove è stato commesso il crimine.
Il Portavoce
Francesco Zanardi
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