Varazze, luglio 1907. Mentre sui quotidiani italiani divampa lo scandalo degli abusi sulle piccole ospiti dell’Asilo della Consolata di Milano, di cui furono accusati due sacerdoti, il Collegio dei Salesiani della cittadina ligure è investito dalle clamorose rivelazioni del diario di Alessandro Besson, uno studente quattordicenne che descrive messe nere e riti orgiastici tra monache, preti e giovani convittori.
In due giorni il caso Besson passa dalle gazzette locali ai quotidiani nazionali e fa scoppiare in tutto il Regno d’Italia manifestazioni di piazza, disordini, violenti scontri che a La Spezia provocano l’incendio di alcune chiese, un morto e un centinaio di arresti. E crisi fra il governo Giolitti e la Santa Sede, la Massoneria viene accusata di aver architettato lo scandalo.
Il fronte democratico dei blocchi popolari cavalca lo sdegno collettivo per affermare la necessità di una scuola pubblica e laica, mentre quello cattolico si compatta e trova sostegno tra i moderati interessati a contenere l’avanzata socialista.
Attraverso questa vicenda, scatenata dal diario Besson, ritrovato e qui reso pubblico, emerge un quadro avvincente e torbido dell’Italia giolittiana. Una storia che vede coinvolti in primo piano il poeta Gian Pietro Lucini, figura chiave della cultura letteraria italiana tra Otto e Novecento, e famosi psichiatri e criminologi come Cesare Lombroso e Enrico Morselli, ricostruita e raccontata questo saggio con minuzia di particolari. Prefazione di Edoardo Sanguineti.
Un pretesto? Anche se Pier Luigi Ferro avesse raccontato lo scandalo Besson soprattutto per proporre una riconsiderazione delle vicende della storia d’Italia, avrebbe fatto una buona cosa. C’è molto bisogno di conoscere, e riflettere: per esempio, sul rapporto tra stato e chiesa qual era allora e qual è oggi, con equivoci sulla laicità non così sfumati e certo non eliminati.
L’opinione pubblica, e non solo le istituzioni come polizia e magistratura, si mostrarono in quella occasione ambigue o almeno volubili. La popolazione di Varazze che accoglie alla stazione come trionfatori i salesiani “vittime” dell’inchiesta è la stessa che in altri momenti si dimostra indignata e quasi pronta alla rivolta. Qualcuno la ha manipolata, ma essa stessa si è lasciata manipolare e si è confusa.
Stato e chiesa, giudici e sacerdoti, vittime e carnefici, non sono tanto chiari nella mentalità popolare della cittadina rivierasca. Siamo cambiati, o il grido alla “persecuzione giudiziaria” si è solo spostato a sedi più alte e la manipolazione si serve di mezzi tecnologici nuovi e potentissimi? In realtà Ferro rende un buon servizio al lettore perché fa entrambe le cose, cioè ricostruisce con straordinaria precisione storica e documentaria la scabrosa vicenda e nello stesso tempo usa tutte le occasioni per estendere l’argomento al contesto generale del paese.
È un’operazione che richiede cultura e polso, ma Ferro vi riesce assai bene. Mi trovo personalmente ad avere una condizione di osservazione privilegiata, quindi un po’ insidiosa, ma assai vicina agli ambienti ricostruiti nel volume. Ho vissuto a Varazze gli anni dell’infanzia e della prima adolescenza. Sono stato alunno esterno, cioè non convittore, del Collegio Don Bosco. Vi si trovava più di un sacerdote a disagio con il problema della castità, in una località frequentata d’estate da una umanità colorata, abbronzata e non di rado in anticipo discinta. Ho sentito a tratti un’aura di ossessione sulla materia della sessualità e sulla figura della donna. Ho avuto conoscenza di atti ambigui nel confessionale o di qualche vischiosa tenerezza verso miei compagni di scuola. Ricordo però anche esortazioni a nobili valori, pratiche sportive, gagliarde uscite degli scout. E begli esempi di fede e carità. Questa digressione per dire che non ho prevenzioni di sorta, ma non sono disposto, proprio per questo, a rifiutare di credere ciò che ha una dignità di prova a proprio sostegno. Non c’è “attacco alla chiesa” se si accusano di pedofilia alcuni sacerdoti.
Ciò che è accaduto in tante parti del mondo in questa materia quasi invoca un lavoro come quello di Ferro, gli dà ragione e necessità e al tempo stesso ne riceve un supporto di rigore e ragionevolezza. Dunque: nel primo Novecento, nell’Italia di Giolitti, a Varazze scoppia uno scandalo che ha al centro l’accusa di pedofilia contro i padri salesiani.
Un giovane in particolare assume il ruolo di accusatore, sostenuto da una madre che diviene figura da romanzo. E anche sotto il profilo narrativo Ferro sa il fatto suo. Giornali cattolici e liberali pubblicano dettagli scabrosi che anche oggigiorno susciterebbero imbarazzo. Alcuni di loro, con clamoroso voltafaccia, passano dall’indignazione contro i pedofili alla sdegnata accusa verso la cospirazione massonica e anticlericale.
Si scopre già allora che l’insabbiamento dei processi è una tecnica fruttuosa, cui giova il trascorrere del tempo con la compagnia dell’oblio nel quale gli italiani sono spesso maestri. Il libro si apre con un prefazione di Edoardo Sanguineti proposta in forma di intervista, che ora colpisce anche per il suono della voce che si è da poco spenta nella morte. Proprio tra le carte di un poeta caro a Sanguineti, Gian Pietro Lucini, è emerso il diario che accusava.
Lucini raccolse ampio materiale con il proposito di dedicare un libro alla vicenda. Non lo concluse mai, e tuttavia Ferro non si lascia scappare l’occasione per approfondire accuratamente anche la sua opera e la sua poesia. La notizia giornalistica è di “turpitudini” nel collegio salesiano. Intervengono fulmineamente ed energicamente i carabinieri, interrogano, arrestano, mentre filtrano immagini da lupanare con preti e suore.
A Savona e La Spezia si manifesta contro chiese e oratori, ne parlano addirittura i giornali americani. Un giovane muore per lo sparo di un carabiniere preso dal panico durante i disordini. Sta di fatto che nel processo gran parte dei genitori ritirano le querele che erano allora necessarie per perseguire quei reati sessuali. Besson aveva parlato di abusi ma anche di messe nere in un memoriale fantasioso, forse morboso, difficile da valutare. Nonostante la constatazione da parte dei medici legali di lesioni di origine inequivocabile sulle vittime, lo scandalo si dissolse. Tra improcedibilità per remissione di querela, assoluzioni, condanne limitate a un sacerdote frattanto datosi alla fuga e l’allontanamento dello stesso Besson e di sua madre.
Ma altri dettagli importanti e singolarmente significativi non stanno in una recensione, che non deve d’altronde anticipare quegli aspetti più “romanzeschi” cui si è accennato. Né si può qui far apprezzare quella ampiezza dell’affresco storico-culturale che la lettura del libro di Ferro fa invece pienamente e utilmente godere. Impossibile nascondere però, proprio per la qualità del testo, il disagio e l’amarezza per certe debolezze della cultura civile e del costume, certe ipocrisie e sopraffazioni che ancora improntano il nostro paese e lo avviliscono e davvero sembrano non passare mai.
Adriano Sansa