«Al Provolo sono entrata che avevo solo quattro anni, mi chiamavano Marcellino pane e vino per la mia vitalità, ero la più piccola. All’inizio è stato il freddo dell’inverno a mettermi nei guai: non c’era riscaldamento e noi portavamo delle calze di lana spesse, che pungevano la pelle, e io mi grattavo sempre le gambe per il fastidio. “Che fai?” mi ha detto un giorno la suora, “non lo sai che è peccato?”. Mi ha dettato un biglietto e mi ha spedita dal prete per la confessione. “Mi sono toccata”, c’era scritto. Il prete l’ha letto e mi ha toccata lui, sotto quelle dannate calze. Da quel giorno io e le mie compagne siamo state palpeggiate regolarmente una volta alla settimana, era la nostra personale versione del sacramento. A 21 anni, quando sono finalmente potuta uscire dall’Istituto, il segretario dell’ente internazionale sordomuti di Verona, proprio quello che avrebbe dovuto darmi una mano per inserirmi nella società, mi ha violentata. Sono rimasta incinta e i miei mi hanno buttata fuori di casa; dicevano che non ero in grado di occuparmi di un bambino. Invece ho tirato su lui e anche i due figli del mio convivente, morto alcolizzato. Degli abusi non ho mai parlato. Ma mio figlio era tossicodipendente, entrava e usciva dalle comunità, non sapevo più come aiutarlo e allora poco tempo fa gli ho raccontato tutto. Lui ascoltava e mi stringeva forte il ginocchio. Ora sta bene. E io mi sono resa conto di quanto sono riuscita a dare agli altri senza pensare a me».
http://www.marieclaire.it/Attualita/news-appuntamenti/Fuori-dall-ombra2#1
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