L’INTERVISTA
“C’è una volontà pervicace di colpire Ratzinger”.
Ci sono i peccati gravissimi di alcuni preti, ma la lettera ai cattolici d’Irlanda testimonia il suo impegno anti-abusi di ORAZIO LA ROCCA
CITTÀ DEL VATICANO – Cardinale Ruini, il quinto anniversario del pontificato di Benedetto XVI cade in un momento difficilissimo per la Chiesa cattolica. Se lo aspettava? O forse non eravate preparati a fronteggiare momenti così drammatici?
“È indubbiamente un periodo di sofferenza e di prova per la Chiesa, che al momento ruota intorno alla questione della pedofilia. Ma la Chiesa non è la prima volta che soffre. In passato ci sono state altre prove, altre sofferenze sempre superate con l’aiuto della Provvidenza”.
Ex presidente Cei e – oggi – guida del Progetto Culturale, organismo formativo dei vescovi, il cardinale Camillo Ruini (79 anni), al conclave del 2005 tra grandi elettori di papa Ratzinger, è sempre uno dei porporati più autorevoli del collegio cardinalizio pronto a far quadrato intorno a Benedetto XVI, pur senza negare le difficoltà del momento emerse, in particolare, per gli scandali sulla pedofilia tra il clero. “Ci sono i peccati, oggettivamente gravissimi, di alcuni sacerdoti e c’è una volontà pervicace – nota infatti il cardinale – di mettere sul banco degli accusati la Chiesa intera e specialmente il Papa: una cosa profondamente ingiusta e infondata, perché Benedetto XVI è esattamente il contrario di quello che si vuol fare apparire. La sua lettera pastorale ai cattolici d’Irlanda è solo l’ultimo attestato del suo impegno e della sua fermezza contro la sporcizia nella Chiesa. Riguardo a situazioni di questo genere il cardinale Newman disse, nel 1879, una parola di grande saggezza cristiana: la Chiesa non deve far altro che continuare a fare ciò che deve fare, nella fiducia e nella pace”.
Alla Via Crucis del 2005 l’allora cardinale Ratzinger denunciò la presenza di “sporcizia” nella Chiesa e tra il clero. Un presagio sui successivi scandali sugli abusi sessuali nella Chiesa?
“Per la verità gli scandali della pedofilia erano già emersi alcuni anni prima, particolarmente negli Usa. Le parole del cardinale Ratzinger richiamavano facilmente quei problemi, ma sarebbe sbagliato, oggi come allora, restringere alle questioni della sessualità, la necessità della pulizia nella Chiesa. In realtà questa è una sfida che riguarda tutta la nostra vita di cristiani, oltre che di sacerdoti, ed è una sfida che, come ci ha insegnato Gesù, si può sperare di vincere solo puntando anzitutto su di lui, quindi sull’umiltà e sulla preghiera”.
Cosa provò ascoltando quelle accuse?
“Rimasi colpito. Il cardinale Ratzinger, per il compito che svolgeva da più di 20 anni come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, conosceva come forse nessun altro questo genere di problemi. Le sue parole mi sono rimaste scolpite dentro e su di esse ho spesso riflettuto e anche pregato.
Eminenza, fu sorpreso dall’elezione papale di Ratzinger?
“Non fui sorpreso, ma felice. La sorpresa semmai fu la grande serenità con cui si svolse il Conclave. Penso che i cardinali presero molto sul serio le parole che dovevano pronunciare prima di votare: “Giuro davanti a Cristo che mi giudicherà di dare il mio voto a colui che ritengo essere il più degno””.
Ratzinger dopo i 27 anni di Wojtyla. Può fare un bilancio?
“È presto per i bilanci, una cosa però è chiara: c’è una profonda continuità tra i 2 pontificati e già con Paolo VI, che pubblicò nel 1975 l’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi dove individuava nell’evangelizzazione il compito fondamentale della Chiesa nel nostro tempo. Per il Papa la priorità è rendere Dio presente in questo mondo e aprire agli uomini l’accesso a Dio, mettendo così in luce il nodo decisivo dell’evangelizzazione oggi, nel contesto culturale dell’Occidente, ma sempre più a livello mondiale. Quindi, la prima caratteristica del suo pontificato è questa priorità data a Dio. Ma non si tratta solo di annunciare e testimoniare Dio come nostro creatore e salvatore. Si tratta, ancor prima, di fidarci di lui e di metterci nelle sue mani, perciò di pregare e di fare spazio a lui, alla sua presenza e alla sua grazia, in tutta la nostra vita. La grande insistenza di Benedetto XVI sulla liturgia ha qui la sua origine”.
Ma per qualcuno Benedetto XVI è un papa “scomodo”.
“È una “scomodità” che ogni Papa, e anche ogni discepolo di Cristo che voglia essere fedele, deve affrontare, oggi come nel passato. Di fronte a questa scomodità la tentazione più pericolosa è quella di assumere un atteggiamento rinunciatario: ma a una simile tentazione Benedetto XVI non lascia spazio”.
C’è chi accusa il Papa di aver minato il dialogo interreligioso dopo il discorso di Ratisbona sull’islam e la proclamazione delle virtù eroiche di Pio XII. Cosa risponde?
“In realtà l’attuale Papa sta dando un forte contributo al dialogo tra le religioni, evitando di incagliarsi sulle loro ineliminabili differenze e spingendo invece l’attenzione su quei grandi compiti che possiamo condividere nel servizio del genere umano. Così proprio il discorso di Ratisbona è stato il punto di partenza di un più fecondo dialogo con l’islam. Le virtù eroiche di Pio XII non sono una sfida ad alcuno, ma sono solo il riconoscimento di qualcosa che, quando Pio XII era vivo, un po’ tutti avvertivano – anzi, avvertivamo – come un punto luminoso che aveva aiutato ad attraversare anni tenebrosi”.
Sulla cancellazione delle scomuniche ai vescovi lefebvriani, compreso il negazionista Williamson, forse poteva attendere.
“Lo stesso Benedetto XVI, il 10 marzo 2009, ha qualificato il caso Williamson come “una disavventura per me imprevedibile” che si è sovrapposta alla remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani. Ha anche riconosciuto che la Santa Sede dovrà prestare più attenzione alle notizie in circolazione, comprese quelle su Internet. E soprattutto ha precisato che la remissione della scomunica non significa la riammissione nella Chiesa, per la quale rimane necessaria la piena accettazione del Concilio. Non vedo cosa di più si dovrebbe aggiungere”.
Benedetto XVI papa teologo e scrittore, ma forse poco attento al governo della Chiesa. Non è così?
“Benedetto XVI è chiaramente un Papa teologo, un grandissimo teologo che è anche uno straordinario omileta e catecheta, e personalmente aspetto con un po’ di impazienza il secondo volume del suo Gesù di Nazaret. È sbagliato però pensare che egli si curi poco del governo della Chiesa”.
Quest’anno Il Papa le ha fatto scrivere le meditazioni della Via Crucis e l’ha chiamata a presiedere la Commissione su Medjugorje. C’è sempre, quindi, bisogno del cardinale Ruini?
“Non penso proprio che ci sia “bisogno” di me. Sono lieto, piuttosto, di poter dare un mio contributo. Scrivere le meditazioni della Via Crucis mi era sembrato all’inizio un compito troppo difficile e non adatto a me. Poi le cose si sono rivelate più semplici, dopo una rilettura meditata dei racconti della passione di Gesù contenuti nei quattro Vangeli. Sulla Commissione di inchiesta su Medjugorje tutti noi membri dobbiamo mantenere il più rigoroso riserbo. Al di là dei singoli incarichi, la mia attenzione principale è rivolta a come presentare Dio agli uomini di oggi e su questo spero di riuscire a scrivere qualcosa”.
(15 aprile 2010)
http://www.repubblica.it/esteri/2010/04/15/news/intervista_ruini-3358986/
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