In Canada una donna ha avuto un risarcimento milionario dalla diocesi di London, chiamata a pagare dopo la morte del prete.
In Italia purtroppo, diversamente dagli USA, Canada, Regno Unito, ecc, le diocesi non rispondono mai economicamente delle malefatte dei preti, anche se essi agiscono nel loro ministero e grazie al loro ruolo ecclesiastico.
E i preti in Italia sono quasi sempre nullatenenti (almeno ufficialmente) e il loro stipendio è impignorabile, cosicché le vittime non potranno mai concretamente farsi pagare i risarcimenti ottenuti in sede processuale.
Al danno la beffa, mentre i preti criminali, scontati qualche mese di domiciliari, quando capita, se ne tornano in qualche remota parrocchia, con lo stipendio da prete e tutti i privilegi e le protezioni di cui godono.
E le vittime a piangere tutta la vita il torto subito.
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«È stata fatta piena giustizia». Così Robert Talach, l’avvocato di Lou Ann Soontiens, per anni vittima degli abusi di padre Charles Sylvestre e costretta a un aborto in giovane età, commenta l’accordo da 1,75 milioni di dollari raggiunto ieri con la Diocesi di London.
Ma Lou Ann Soontiens, di Chatham, non è l’unica vittima di padre Sylvestre, che si era dichiarato colpevole nel 2006 di quarant’anni di abusi per morire tre mesi dopo il suo ingresso in carcere.
Sono almeno 47 i giovani molestati a suo tempo dal parroco che aveva servito in diverse parrocchie dell’Ontario, da London a Sarnia, da Chatham a Windsor e Palin Court. «I casi di sedici di queste sono ancora aperti – spiega Talach – Quanto deciso ieri non potrà rappresentare un precedente dal punto di vista legale perché si tratta di un accordo, ma certamente quanto è stato deciso ieri rappresenterà un precedente psicologico per le cause future».
«Si tratta del più grande risarcimento di questo genere mai assegnato in Canada – continua l’avvocato – Non ci aspettavamo una cifra del genere».
Sicuramente i soldi non serviranno a cancellare tutto il dolore che Lou Ann Soontiens si è portata dietro per anni, dopo aver subito abusi per anni ed essere stata addirittura costretta ad abortire, ancora giovanissima, a causa delle molestie subite. «Certamente preferirebbe poter tornare indietro con una macchina del tempo e cancellare tutto quello che ha sofferto – dice Talach – Ma adesso, dopo aver trovato i coraggio di farsi avanti e aver sopportato tre anni di processo, si sente in qualche modo sollevata».
Vuole tornare alla normalità spiega Talach: «Le ho chiesto cosa voleva fare con i soldi, mi ha detto che pensava di comprarsi delle tende nuove. Io le ho suggerito che avrebbe potuto comprarsi un casa nuova, ma probabilmente deve ancora rendersi conto che la sua vita è cambiata». Ma non ha dimenticato quello che è successo a lei e ad altre persone come lei: «So che vuole darsi da fare per aiutare altre vittime», dice l’avvocato.
Talach spiega poi che questa sentenza potrebbe essere importante per molte di queste, per dare loro il coraggio di farsi avanti. «Possiamo essere a un punto di svolta – dice – perché, ancora oggi, molte persone che subiscono questo tipo di abusi rimangono in silenzio».
Una cultura del silenzio, specie all’interno della gerarchia cattolica in Canada, che arriva da lontano. «Negli anni Sessanta e Settanta nessuno osava farsi avanti per paura dello scandalo. Per venire a sapere di questi casi abbiamo dovuto aspettare che i bambini che avevano subito abusi diventassero grandi e potessero parlare in prima persona». E secondo lui non c’è ragione di pensare che certe cose non avvengano più: «Continuano ancora oggi, a scuola, in chiesa o in un parco». La differenza per lui è che ora le cose potrebbero cambiare, ribadisce l’avvocato, ricordando che oggi come in passato ad essere più colpite sono le comunità cattoliche, come quella italiana ma anche quella portoghese o quella polacca a cui lui stesso appartiene.
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