A Francesco Zanardi, fondatore della rete nazionale Rete L’ABUSO, per il suo coraggioso e instancabile impegno nel denunciare gli abusi sessuali commessi all’interno della Chiesa e nel dare voce alle vittime di una delle più gravi ferite morali e civili del nostro tempo. Sopravvissuto a quegli stessi abusi, Zanardi ha trasformato il dolore in battaglia, l’esperienza personale in missione collettiva, costruendo un movimento che ha rotto il silenzio e imposto il tema della responsabilità ecclesiastica e istituzionale nel dibattito pubblico italiano e internazionale. Con determinazione e coraggio, ha documentato casi, raccolto testimonianze, avviato azioni legali e informato l’opinione pubblica, sempre nel nome della verità, della giustizia e della dignità delle vittime.
Per la forza morale con cui ha affrontato poteri forti e resistenze secolari, per l’impegno civile e umano che da anni porta avanti senza arretrare, Francesco Zanardi riceve la Menzione Speciale del Premio Nazionale Lea Garofalo, come simbolo di resilienza, verità e giustizia contro l’omertà e l’abuso del potere.
È con queste parole che questa mattina presso il Salone dei Quadri del Palazzo Comunale di Cremona, è stata consegnata al fondatore della Rete L’ABUSO Francesco Zanardi, la Menzione Speciale del Premio Nazionale Lea Garofalo.
Sono commosso e appagato perché questo premio riconosce anni di impegno non solo personale in questa battaglia, ma perché per la prima volta in Italia, la stessa battaglia entra con questo premio in un contesto sociale e collettivo. Un problema che tocca tutti noi ma che risulta repellente alla società. Spesso per paura, quando parliamo di abuso sui bambini, entriamo in una dimensione che la mente adulta fatica a tollerare e così siamo portati a distogliere il pensiero da questa tematica, finendo però per fare il primo passo nel lasciare i più piccoli soli.
È proprio da qui che spesso senza fare caso lasciamo germogliare il seme del menefreghismo che, come definiva Piero Calamandrei quando spiegava agli studenti la Costituzione della Repubblica, è “il cancro della Costituzione”. Lo spiegava con la parabola dei due migranti italiani che una notte, durante la traversata, la nave sulla quale viaggiavano venne sorpresa da una tempesta. Uno di loro si svegliò nel trambusto, va sul ponte per capire cosa stesse succedendo. I marinai spiegano che la nave sta imbarcando acqua, servono braccia per buttarla fuoribordo altrimenti la nave rischia di affondare. Il migrante preoccupato corre in cabina, sveglia l’amico e lo informa del rischio che la nave affondi. Questo lo guarda e risponde; che mi frega, la nave non è mica la mia! Poi torna a dormire.
Forse banale ma va ricordato. Questo è il menefreghismo che porta allo sfascio la stessa società civile colpendo il punto cardine del principio di società. Una società sono persone che vivono in comunità proprio per potersi tutelare a vicenda, nel benessere, nella sicurezza e nell’assistenza. Se invece il valore collettivo lo trasformiamo pensando che siccome un problema oggi non ci tocca in menefreghismo, danneggiamo soprattutto noi stessi. Come il migrante che continuò a dormire, tanto la nave non era sua, ignorando che lui era su quella stessa nave e che se affondava, lui l’avrebbe suo malgrado seguita.”
Nel corso della presentazione sono stati elencati anche i nomi dei “Testimoni del nostro tempo“, familiari vittime di mafie, appartenenti alle forze dell’ordine, magistrati e procuratori della Repubblica, Testimoni di Giustizia, giornalisti di organi di stampa nazionali, rappresentanti sindacali e rappresentanti di associazioni:
- Michelangela Barba
- Marco Rizzollo
- Giancarlo Costabile
- Corrada Pomilio
- Giorgio Mogola
- Maurizio Landini
- Mauro Esposito
- Pellegrino Passariello
- Silvia e Claudia Pinelli
- Pasquale Chirichella
- Elia Milani
- Francesco Zanardi
- Vincenzo Infantino
- Mario Coppetti










