La Danimarca, che guida il Consiglio Ue fino a fine anno, ha comunicato alle capitali un cambio di rotta: nel regolamento CSA (Child Sexual Abuse) sparisce il pilastro più controverso, gli ordini di rilevamento obbligatori che avrebbero imposto alle piattaforme di scansionare i contenuti privati degli utenti (anche prima della cifratura). La mossa arriva dopo mesi di impasse in Consiglio e prese di posizione molto critiche – in particolare dalla Germania, che ha bollato l’impianto come “monitoraggio ingiustificato delle chat”.
Oggi è in vigore una deroga temporanea all’ePrivacy che consente alle piattaforme di rilevare e segnalare volontariamente contenuti di abuso. Ue e Stati membri l’hanno prorogata fino al 3 aprile 2026 proprio per guadagnare tempo su una cornice definitiva. Se non si troverà un accordo entro quella data, Bruxelles teme un vuoto regolatorio.
Le prossime tappe
Se gli Stati membri convergeranno sul nuovo impianto “soft”, il dossier passerà alla trattativa con l’Europarlamento. Il calendario politico è stretto: entro aprile 2026 va trovata una soluzione stabile o prorogata (di nuovo) la deroga. In gioco non c’è solo l’efficacia del contrasto agli abusi, ma l’equilibrio tra sicurezza pubblica e diritti digitali nell’Unione
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