Nel nostro Paese oltre quattromila persone hanno dichiarato o denunciato abusi sessuali commessi da sacerdoti o religiosi. Eppure, in vent’anni, solo due hanno ottenuto giustizia canonica e una sola è stata risarcita. È quanto emerge dal report consegnato ai Garanti per l’infanzia e l’adolescenza dalla “Rete L’Abuso”, l’associazione fondata da Francesco Zanardi, lui stesso sopravvissuto agli abusi di un prete a Savona e oggi tra i principali attivisti italiani sul tema.
Il documento denuncia la totale inadempienza dello Stato e della Chiesa sul fronte della prevenzione e della tutela delle vittime, nonostante la ratifica della Convenzione di Lanzarote, l’approvazione del Codice Rosso e le leggi italiane 172/2012 e 69/2019.
La Chiesa stessa, attraverso una commissione vaticana istituita per affrontare la crisi degli abusi sessuali da parte del clero, ha denunciato di recente la troppa “lentezza interna” nella gestione dei singoli casi. “Su 2414 vittime censite – spiega Zanardi – solo due hanno avuto un processo canonico, una è stata risarcita, e con l’obbligo di non parlarne. È la prova che la giustizia, in Italia, si ferma davanti alle porte delle curie”.
Secondo quanto emerso dal report sono 1.250 i casi complessivi di violenze sessuali nella Chiesa italiana, di cui 1.106 compiuti da sacerdoti. “Rete L’Abuso” segnala 4.625 vittime note, 4.395 delle quali abusate da preti, 9 da suore, 91 da catechisti, 76 da personale laico dell’indotto ecclesiale e 54 da scout. L’associazione evidenzia che 2.414 vittime sono seguite direttamente, mentre 2.211 risultano irreperibili.
L’incidenza dei preti coinvolti, pari al 3,57% dei 31mila sacerdoti italiani, viene definita “molto alta” in relazione alla natura non ufficiale del censimento. Sui circa 31mila preti, 1.106 sarebbero quelli segnalati, un numero in linea con quanto denunciato da fonti cattoliche che nello stesso periodo di tempo hanno riconosciuto 1.049 casi.
Dando un’occhiata alle realtà a noi vicine, in particolare alle regioni Campania e Basilicata, con un riguardo alle province di Salerno e Potenza, i dati non sembrano essere incoraggianti anche a fronte di numeri che potrebbero sembrare “piccoli”.
La Campania registra un totale di 75 casi di cui 7 nella provincia di Avellino, 9 in quella di Benevento, 32 in quella di Caserta, 26 in quella di Napoli e 10 per quella di Salerno. Le vittime sopravvissute prevalentemente minorenni sono un totale di 184 di cui 41 donne, 143 uomini. Di queste 16 sono adulti vulnerabili, 3 persone con disabilità, 56 sono minorenni. Le categorie di casi: 73 sono sacerdoti; 1 è suora, 1 scout. Per quanto riguarda la situazione penale, su 75 casi: 39 è il sommerso; 5 attualmente denunciati; 5 indagati dall’Autorità Giudiziaria italiana; 3 condannati in 1° grado; 2 condannati in 2° grado; 12 condannati in via definitiva; 2 prescritti; 0 reo confessi; 1 pregiudicato; 2 condannati in sede civile; 1 ha patteggiato; 0 condannati in entrambe le sedi (civile e penale); 2 sono stati archiviati. Per quanto riguarda il processo parallelo in sede canonica risultano 10 avviati, 2 mai avviati, dei restanti 63 non si hanno dati e 2 risultano condannati in sede canonica.
La Basilicata registra un totale di 15 casi di cui 8 nella provincia di Matera e 7 in quella di Potenza. Le vittime sopravvissute prevalentemente minorenni sono un totale di 120 di cui 16 donne, 104 uomini. Di queste 6 sono adulti vulnerabili, 1 persona con disabilità, 112 sono minorenni. Le categorie di casi: 13 sono sacerdoti; 1 è laico, 1 scout. Per quanto riguarda la situazione penale su 15 casi: 13 è il sommerso; 0 attualmente denunciati; 0 indagati dall’Autorità Giudiziaria italiana; 0 condannati in 1° grado; 0 condannati in 2° grado; 1 condannato in via definitiva; 0 prescritti; 0 reo confessi; 0 pregiudicati; 0 condannati in sede civile; 0 hanno patteggiato; 0 condannati in entrambe le sedi (civile e penale); 0 sono stati archiviati. Per quanto riguarda il processo parallelo in sede canonica risultano 3 avviati, 0 mai avviati, dei restanti 12 non si hanno dati e 1 risulta condannato in sede canonica.
“Dal 2022 la Conferenza Episcopale Italiana ha istituito sportelli diocesani per raccogliere le segnalazioni di abusi, presentandoli come strumenti di trasparenza e accoglienza – spiega Zanardi – ma sono invece una trappola perfetta, oltre che l’unica cosa realizzata che non funziona, almeno per quello che dovrebbe essere l’obiettivo ufficiale. Le vittime vengono convinte a recarsi negli sportelli pensando di parlare con professionisti, ma spesso si trovano davanti laici in pensione o volontari senza competenze giuridiche o psicologiche. Raccontano la propria storia, firmano un verbale che non possono conservare e, nel momento stesso in cui lo firmano, fanno partire la prescrizione. Quando anni dopo, il tempo necessario a riuscire a parlare di un abuso sessuale e a denunciarlo, provano a rivolgersi alla magistratura, la Chiesa mostra quella firma per dire che la vittima era già consapevole. Ovviamente parliamo dell’ambito civile. Così il reato è prescritto. È un sistema che usa le parole delle vittime contro di loro“.
Abusi sessuali nella Chiesa. Oltre 4mila vittime, i dati delle province di Salerno e Potenza









