“La Diocesi di Adria-Rovigo accoglie positivamente la conclusione di una dolorosa vicenda, che ha riguardato un sacerdote diocesano. In data 22 maggio la Corte di Appello di Venezia ha riformato la sentenza di condanna da parte del Tribunale di Rovigo, emessa nei confronti di don Peter Onyenso. Questi era stato accusato di violenza sessuale da parte di una donna maggiorenne e nel giudizio di primo grado gli era stata inflitta la pena di tre anni di reclusione. La Corte di Appello ha accolto il ricorso del sacerdote, assolvendolo e revocando il risarcimento dei danni stabilito a favore della parte civile”.
E’ con questo comunicato che la diocesi di Adria Rovigo accoglie la notizia della sentenza di secondo grado che ha del tutto ribaltato la pronuncia del 29 gennaio 2024 del Tribunale di Rovigo, a carico del sacerdote polesano, del quale, all’epoca, La Voce di Rovigo aveva scelto di non divulgare le generalità. A difendere l’imputato, l’avvocato Cecilia Tessarin del foro di Rovigo.
La vicenda verteva su fatti che si sarebbero verificati nel luglio del 2022, in un Comune del Medio Polesine. A subire i presunti abusi – secondo una ricostruzione accusatoria sconfessata dalla sentenza di secondo grado – sarebbe stata una ragazza di 28 anni. Già nel corso della discussione a Rovigo, comunque, la vicenda aveva mostrato tutta la propria complessità.
A quanto contestato dalla Procura, durante un incontro nell’abitazione del sacerdote, pare per sistemare il suo computer, l’uomo avrebbe fatto sedere la ragazza sulle sue ginocchia, quindi le avrebbe infilato una mano nelle mutande, poi una nel reggiseno, obbligandola quindi a subire atti sessuali. Un episodio che la giovane avrebbe anche immortalato col proprio cellulare, col quale avrebbe poi lanciato l’allarme alla madre.
La discussione, a Rovigo, era stata piuttosto lunga, proprio alla luce degli elementi di complessità che il caso presentava. In primo luogo per le condizioni psichiche e cognitive della vittima: per l’accusa afflitta da un ritardo, per quanto non grave, per la difesa in realtà sofferente di dislessia, ma per il resto senza altre limitazioni, tanto da essere stata in grado di diplomarsi e di andare all’Università.
Molto si era discusso anche della veridicità delle sue affermazioni, alla luce di precedenti invenzioni e bugie, non relative a questa vicenda: per l’accusa questi episodi non avrebbero in alcun modo inficiato la verosimiglianza del racconto della violenza, mentre la difesa aveva dato una lettura del tutto differente della questione.
Ora, in Appello, una pronuncia di segno completamente opposto a quella di primo grado. Resta ora da vedere se la vicenda si sposterà anche in Cassazione.
https://www.polesine24.it/cronaca/2025/05/23/news/abusata-dal-prete-ma-in-appello-e-assolto-349143/
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