Occhi lucidi e sorrisi di speranza, nonostante tutto, ancora possibile. I genitori delle vittime degli abusi clericali si raccontano sgranando un “rosario” ideale fatto di parole, dolore e domande martellanti “perché siamo rimasti soli?” “Dov’è la Chiesa, la giustizia?”.
Ieri mattina, si sono presentati, durante una conferenza stampa online, per la prima volta in Italia, come coordinamento con il sostegno di “Rete l’abuso” unica associazione che sostiene i sopravvissuti alle violenze clericali. Un fronte comune, quello del coordinamento per le famiglie dei sopravvissuti che conta già una trentina di adesioni, anche dalla Sicilia con alcune delle famiglie presenti alla conferenza stampa, e che lavora, garantendo riservatezza, ascolto e scambio di esperienze, per raccogliere ed accogliere quel dolore vicario di chi ha visto il corso della propria vita uscire dai binari della sicurezza quotidiana dopo avere ascoltato il racconto di quanto patito dal proprio figlio ancora bambino o adolescente.
Alcuni di loro vivono nel buio senza fine dopo il suicidio del proprio figlio. Grano dopo grano, quel “perché a mio figlio?”, “perché a me?” si leva come una preghiera laica per una Chiesa pulita, che segua e realizzi quella che è la sua essenza chiudendo per sempre a questa parte oscura. Il coordinamento gestito da Cristina Balestrini, affiancata da due collaboratori esterni non è un semplice gruppo di auto aiuto “ Da una parte c’è una chiesa cattolica italiana che non ha agito attivamente per fermare gli abusi, mentre in altre parti del mondo questa richiesta avviene anche scendendo in piazza.
Tra i dimenticati in Italia ci sono anche le famiglie delle vittime”. Il coordinamento è dedicato alla famiglia di Chiara Giacoletto abusata da bambina e che da adulta si toglierà la vita, seguita due anni dopo dai genitori che non hanno mai superato la sua scomparsa. Balestrini aggiunge “essere genitori non e facile ed esserlo di vittima di abusi lo è ancora meno. Senti un dolore che non puoi spiegare e che non è facile da spiegare agli altri, che non trova dove essere depositato”.
I componenti del coordinamento si dicono “cattolici delusi dalla Chiesa”, molti di loro sono passati dall’aver “vissuto la parrocchia come una seconda casa” all’ essere “sgraditi ed allontanati per avere denunciato”. Si descrivono “delusi e feriti due volte”, davanti al “copione delle denunce ecclesiastiche che si ripete uguale nel suo chiudersi con il silenzio”.
Con loro c’è Francesco Zanardi, presidente e fondatore di “rete l’Abuso”che durante la presentazione del coordinamento chiede senza mezzi termini “ come è possibile che tra comunità, Stato, Vaticano nessuno abbia un senso di vergogna per quello che accade ?”
Mentre le famiglie si raccontano, con loro ci sono anche Dante Ghezzi, psicologo psicoterapeuta, Anna, sopravvissuta agli abusi del clero e Daniele, cittadino con un vissuto assimilabile che ha deciso di mettersi a loro disposizione. Un contenitore per il dolore è nato per farsi culla di speranza.
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