di Clemente Pistilli – Formatasi attorno alle comunità giovanili, alle scuole e in particolare alle parrocchie e alle case famiglia, una sinistra rete di pedofili è stata stesa.
Si è rafforzata sfruttando rapporti instauratisi all’interno di una importante associazione cattolica, gode di protezioni o quantomeno di una significativa tolleranza.
Molti preferiscono voltarsi dall’altra parte e alcuni sono pronti addirittura a correre in soccorso a chi inaspettatamente finisce in altre maglie, quelle della giustizia. Lo fa chi è legato ai sospettati in maniera affettiva, ma anche chi ha ruoli importanti nella società, che dovrebbe collaborare con chi indaga e che invece si scopre entrare di soppiatto nel campo avverso.
Appare un’ipotesi suggestiva quella che sta prendendo forma attorno alle inchieste a Latina e Tivoli su due uomini, un diacono e un ex dirigente di Azione cattolica. Quasi azzardata. Ma alla luce di una serie di elementi, che man mano che procede il lavoro degli inquirenti si stanno sommando l’uno all’altro, è quella che sta facendo perdere il sonno a magistrati e carabinieri.
La Procura pontina ha messo ai domiciliari il diacono e prof di religione Alessandro Frateschi. A gennaio il primo allarme, lanciato dagli studenti del liceo scientifico “Majorana” di Latina, la denuncia della garante per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Monica Sansoni, e la pesante ipotesi di violenza sessuale, a danno degli studenti e di altri minori con cui il 50enne era entrato in contatto nel corso del tempo.
Poi i domiciliari e il lavoro incessante degli investigatori, che temono vi siano anche altre vittime rispetto a quelle che sinora hanno riferito di aver subito abusi. Ma Frateschi non era solo un prof di religione. Era impegnato in una casa famiglia di Terracina e nelle parrocchie. E in contemporanea a Tivoli è stata aperta un’altra inchiesta, già sfociata in una richiesta di rinvio a giudizio.
Sempre per violenza sessuale e sempre a carico di un altro prof di religione, anche lui impegnato nel mondo cattolico, nella stessa associazione frequentata da Frateschi, e soprattutto attivo nelle case famiglia, dove al pari del terracinese avrebbe abusato dei più fragili. Si tratta in questo caso di Mirko Campoli, ugualmente arrestato e ugualmente trovato in possesso di una mole notevole di materiale pedopornografico, scovato sui dispositivi informatici dell’indagato.
Scoperta analoga a quella fatta dopo aver perquisito il diacono di Terracina. Un materiale raccapricciante che ha però convinto gli inquirenti che i due si conoscessero e che fossero in contatto. La Procura di Latina, che ha raccolto anche informazioni su pressioni fatte alle vittime del diacono per convincerle a ritrattare, e quella di Tivoli si stanno muovendo nella stessa direzione.
A uno dei minori che ha riferito di aver subito violenze sessuali ignoti hanno bruciato il citofono di casa. E alla garante per l’infanzia, che segue anche il caso di Tivoli, è stata danneggiata per due volte l’auto. Il procuratore del centro tiburtino, Francesco Menditto, ha utilizzato parole dure: «Il clima di omertà ambientale è molto simile a quello mafioso. I genitori non vogliono accettare la violenza che può avere patito il loro figlio e spesso si rivolgono all’autorità religiosa che tende a tenere la vicenda al suo interno».
La diocesi di Tivoli ha negato di aver coperto il prof, sostenendo di aver invece subito denunciato. Stessa collaborazione con le autorità assicurata da quella di Latina. Ma mentre le inchieste delle Procure proseguono quelle ecclesiastiche non avrebbero ancora avuto sviluppi. Casi a cui è interessata anche la Procura di Roma. Troppo ipotizzare una rete? Gli inquirenti sembrano essere convinti del contrario.
Considerando anche un particolare: Frateschi avrebbe camuffato il volto dei minori coinvolti in atti sessuali nei video che gli sono stati sequestrati, al fine di renderli irriconoscibili. Solitamente quel materiale viene girato in Paesi noti come mete di turismo sessuale e dove i bambini subiscono atti indicibili. Minorenni che è difficile, pressoché impossibile, identificare.
Sono stati nascosti i volti perché forse quei video non sono stati girati in altri continenti ma in luoghi ben più vicini? Al momento è solo un sospetto, terribile di chi indaga. Ma l’appello fatto dagli investigatori sia di Latina che di Tivoli è lo stesso: chi sa parli, chi ha subito violenze denunci.
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